Nuovo obiettivo di Asvis. Lo sviluppo sostenibile entri nella Costituzione
Cambiare la Costituzione per inserirvi lo sviluppo sostenibile. È la sfida lanciata da Asvis, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile nata nel 2016 e che riunisce oltre 200 tra le più importanti istituzioni e reti della società civile del nostro Paese, fra cui l’associazione CSVnet.
Puntando alla mobilitazione e alla realizzazione dei 17 Obiettivi previsti dall’Onu per il 2030 (dalla sconfitta della povertà alla lotta contro il cambiamento climatico), Andrea Mazziotti di Celso, ex parlamentare e oggi nel consiglio direttivo di “+Europa”, ha raccolto la sollecitazione di Asvis e ha promosso con il suo partito una raccolta firme (ne occorrono 50 mila) per sostenere la proposta di legge di iniziativa popolare. Il traguardo finale è la modifica degli articoli 2 e 9 della Carta costituzionale per garantire maggiore giustizia intergenerazionale e rispetto per l’ambiente vincolando i governi ai temi della sostenibilità. In dettaglio, per Mazziotti di Celso, la proposta di legge vorrebbe aggiungere al testo dell’articolo 2, tra i destinatari dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, anche le generazioni future. Nello stesso articolo, tra i compiti della Repubblica, andrebbe anche esplicitamente inserita la promozione di condizioni di sviluppo sostenibile.
L’articolo 2 così riformato sarebbe accompagnato anche da una nuova versione dell’articolo 9, che riconoscerebbe finalmente la valenza costituzionale della tutela dell’ambiente quale diritto fondamentale della persona. «È ora di dotarsi di una governance che orienti le politiche allo sviluppo sostenibile, si è perso già troppo tempo – osserva Enrico Giovannini, economista e portavoce di Asvis -. Oltre all’immediata adozione di interventi specifici per recuperare il tempo perduto, Asvis chiede al presidente del Consiglio di attivare subito la Commissione nazionale per l’attuazione della strategia per lo sviluppo sostenibile, di trasformare il Cipe in Comitato interministeriale per lo sviluppo sostenibile e di avviare il dibattito parlamentare sulla proposta di legge per introdurre il principio dello sviluppo sostenibile in Costituzione, al fine di garantire un futuro a questa e alle prossime generazioni».
Italia ancora in ritardo sull’Agenda 2030
Non meno importante è accelerare il cammino verso il raggiungimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, considerato che il nostro Paese, stando ad Asvis, ha conseguito risultati peggiori nel 2017 rispetto alla media europea in oltre la metà dei casi presi in esame alla luce dei 16 indici e 77 indicatori statistici contenuti nel database di Eurostat. Sono cinque le aree dove la situazione peggiora sensibilmente: povertà, condizione economica e occupazionale, disuguaglianze, condizioni delle città ed ecosistema terrestre; mentre per quattro (acqua e strutture igienico-sanitarie, sistema energetico, condizione dei mari e qualità della governance, pace, giustizia e istituzioni solide) la condizione è invariata. Mentre sono otto le aree con indici di miglioramento: alimentazione e agricoltura sostenibile, salute, educazione, uguaglianza di genere, innovazione, modelli sostenibili di produzione e di consumo, lotta al cambiamento climatico, cooperazione internazionale. Il report denuncia che i ritardi della politica sono particolarmente pronunciati, pur in presenza di una significativa mobilitazione del mondo delle imprese, delle istituzioni culturali ed educative, e della società civile. Gli indicatori elaborati sia a livello nazionale sia (per la prima volta) per le diverse regioni, confermano la condizione di non sostenibilità del nostro Paese da tutti i punti di vista, economico, sociale, ambientale e istituzionale.
Anche laddove si riscontrano evidenti miglioramenti, siamo molto lontani dagli Obiettivi, mentre in altri casi le tendenze osservate vanno nella direzione sbagliata, senza parlare delle fortissime disuguaglianze tra generi, gruppi sociali e territori.
Povertà ed esclusione sociale in aumento
Tornando all’Italia, tra i casi al di sotto degli standard europei, c’è la povertà e l’esclusione sociale. Il Rapporto Asvis 2018, infatti, sottolinea una situazione in peggioramento per quanto riguarda l’Obiettivo numero 1. Anche se lungo la Penisola «diminuiscono le persone che vivono in abitazioni con problemi, quelle che non hanno accesso a cure mediche e le famiglie che non possono permettersi un riscaldamento adeguato, peggiora la povertà assoluta e relativa, così come il numero di persone in famiglie a bassa intensità lavorativa. A livello regionale, la situazione è particolarmente negativa per Sicilia e Campania, mentre si riscontra un miglioramento in Basilicata e in Veneto grazie alla diminuzione dell’indice di difficoltà economica delle famiglie».
Il Rapporto indica che in Italia la popolazione a rischio di povertà e di esclusione sociale è pari al 30%, percentuale in aumento rispetto all’anno precedente e che ci pone molto lontano dall’obiettivo fissato da Europa 2020. Nel 2017 sono un milione e 778mila (6,9%) le famiglie in condizioni di povertà assoluta, per un totale di 5 milioni e 58mila persone (8,4% dell’intera popolazione), il livello più alto dal 2005. Il 20,6% della popolazione si trova in condizione di povertà di reddito (in aumento rispetto al 19,9% del 2015) e il 12,1% si trova in condizione di grave deprivazione materiale. Le famiglie giovani, in particolare, sono le più penalizzate (con un’incidenza pari al 9,6%) e la condizione dei minori si conferma la più preoccupante: il 44 12,1% dei minori è in povertà assoluta, per un totale di un milione e 208mila. Quasi la metà (46,9%) di chi è a rischio di povertà o esclusione sociale si trova nel Mezzogiorno, dove si registra l’incidenza più elevata di soggetti in povertà assoluta (10,3% delle famiglie e 11,4% degli individui). Questi numeri documentano che sconfiggere la povertà rimane uno degli Obiettivi «più sfidanti e prioritari per l’Italia che negli ultimi dieci anni ha visto aumentare la povertà assoluta e le disuguaglianze». Anche perché «all’aumento della povertà assoluta, che incide maggiormente sui giovani e i minori, si affianca quello del rischio di esclusione sociale. E ancora: «Particolare attenzione – secondo Asvis – va posta nei confronti dei minori, per i quali va anche data continuità alle misure adottate per combattere la povertà educativa e realizzare percorsi di inclusione che vedano un coinvolgimento attivo dei minori stessi».
Obiettivi 2030 sconosciuti a un giovane su due
Se l’analisi in cifre di Asvis fa risuonare l’allarme povertà, c’è un’altra ricerca che mette a fuoco l’arretratezza culturale del nostro Paese. Infatti un giovane su due (il 55%) in Italia non sa cosa siano gli Obiettivi di sviluppo sostenibile Onu del 2030. Appena il 17% degli under 27 conosce cosa siano e il 18% lo sa a grandi linee e superficialmente.
Mentre per 6 giovani su 10 a raggiungerli ci dovranno pensare le generazioni future. Più familiare per le nuove generazioni è il concetto di “sostenibilità”, noto al 40%. Ma pochi la collegano alla produzione di cibo: solo uno su 3, tra chi la conosce, pensa che il benessere del Pianeta dipenda anche da cosa mettiamo nel piatto, quando proprio la produzione agricola è responsabile del 24% delle emissioni di gas serra. Questa la fotografia che risulta da un’indagine di Ipsos per Fondazione Barilla, su un campione di 800 giovani tra i 14 e i 27 anni nel nostro Paese, per capire cosa sanno degli Obiettivi 2030 e del ruolo che gioca il cibo nel loro raggiungimento. «C’è un diffuso interesse al tema trainato dalle preoccupazioni ambientali – spiega Andrea Alemanno, responsabile delle ricerche sulla sostenibilità di Ipsos -, se però non si tramuta in un’autentica consapevolezza rischia di rimanere una paura senza che determini un cambiamento concreto nei comportamenti».
(articolo tratta da Vdossier numero 1 2019)