Futuro, volontariato e giovani: l’incontro con Laffi
Il 9 novembre nel foyer dell’Auditorium della Banca Popolare di Lodi, nell’ambito del Festival dei Diritti 2019, si è tenuto l’incontro Futuro come opportunità di volontariato per i giovani, un appuntamento immaginato come cantiere narrativo dove far incontrare e confrontare giovani e adulti alla presenza di un moderatore esperto come Stefano Laffi, ricercatore e formatore nel campo dell’intervento educativo e sociale nel mondo giovanile e co-fondatore di Codici – Agenzia di Ricerca Sociale.
L’incontro è stato caratterizzato da un clima di fiducia reciproca e di ascolto, che ha permesso ai giovani presenti di raccontarsi con coraggio e generosità diventando fonte di ispirazione per gli altri studenti presenti, testimoniando agli adulti come il volontariato possa essere un luogo e uno spazio in cui sentirsi cittadini abitanti della stessa casa. Il volontariato coinvolge la sfera personale e quella pubblica, compiendosi anche quando viene rielaborato attraverso il racconto all’altro, come emerge anche dalle parole di Stefano Laffi, che qui di seguito vi proponiamo per punti sintetici in versione integrale:
- Contatto. I racconti dell’inizio sono i più vari, non c’è una strada maestra. C’è chi è figlio d’arte e ha quasi il problema di farne un’esperienza propria e non ereditata, chi aspetta i 16 anni da tempo per poterlo finalmente fare e chi invece quasi ci inciampa, incontrando per caso chi lo fa, chi accoglie l’invito sentito un giorno a scuola e chi si fa convincere da un’amica, chi ha i pomeriggi vuoti da riempire e chi invece li ha pienissimi e ci infila anche il volontariato… E quasi sempre, quando lo si fa non è come ci si immaginava. Sempre esserci una sola regola per promuovere il volontariato, aumentare la superficie di contatto: promuovere il passaparola fra chi l’ha fatto, chiedere ai giovani volontari di far da testimoni, disseminare la scuola di messaggi e occasioni, diventare un’opportunità per l’estate di ragazzi e ragazze, diversificare le modalità di aggancio o presenza per consentire a tutti di provarci, sapendo che chi prova tende a tornare.
- Viaggio. Quasi sempre, nei racconti raccolti, fare il volontario è affrontare un viaggio, andare da un’altra parte. Non è una vacanza, una gita, una visita, è proprio un viaggio: quindi avventura, spaesamento, scoperta, minaccia, incanto, incontri, “non avrei mai detto che…”, “ho visto e fatto cose che non avevo mai…”. Il tasso di distanza dal quotidiano, dal conosciuto e dal riconoscibile misura l’impatto, la memorabilità. Cosa vuol dire vedere il volontariato come esperienza di viaggio? Significa promuoverne proprio la dimensione avventurosa, promettere che nulla sarà più come prima, documentare e tracciare le tappe, avere buoni narratori. Significa capire come entrare nel sistema delle gite scolastiche per essere un’alternativa alla visita alle città d’arte. Significa ritualizzare anche il ritorno e non solo l’andata, perché sia un momento di racconto, di evidenza del cambiamento personale, di ricontatto coi propri compagni di viaggio.
- Cambiamento. Il volontariato è l’occasione dell’azione pubblica, l’agire per altri, avendone un riconoscimento. Per molti è la prima volta che si vive questa opportunità, che corrisponde ad un sentimento molto forte nei ragazzi e nelle ragazze di oggi: il “desiderio di poter far qualcosa”. È un potenziale di cambiamento della realtà che spesso non regalano lo studio, il lavoro, le attività del tempo libero: per questo va evidenziato lo scarto fra il prima e il dopo, anche visivamente con immagini e testimonianze dei beneficiari, può essere giocata in termine di sfida – vediamo chi riesce a… – va posta sempre molta attenzione alle “restituzioni” (il ringraziamento diretto, i saluti a fine esperienza, l’evidenza del beneficio, la testimonianza di come sarebbe stato senza quell’aiuto). Ma quest’azione per il bene altrui cambia chi la fa, il cambiamento è personale almeno quando del mondo: tutti raccontano la propria crescita, l’acquisizione di abilità, lo sblocco di timidezze, la scoperta della realtà toccata con mano, l’accesso ad una dimensione relativa della propria condizione che prima non si aveva, il sentirsi fortunati, privilegiati. Lascerete il segno, tornerete diversi, saprete fare un sacco di cose, vi sentirete più forti e sicuri, sono tutte promesse che il volontariato può fare quando si promuove fra ragazzi e ragazze. E la testimonianza diretta di chi ha vissuto e agito questi cambiamenti è un messaggio molto forte.
- Amicizia. L’amicizia è da anni al primo posto nella graduatoria dei valori più riconosciuti in adolescenza e nell’età giovanile. Quando si comincia l’attività di volontariato lo si fa quasi sempre con amici, in coppia o in gruppo, e quando invece si è da soli un po’ spaventa, forse risulta disincentivante. Ma il viaggio e l’azione condivisa creano un’enorme complicità anche fra sconosciuti, trovarsi a fianco nella fatica e nella scoperta salda i legami. E insieme l’ascolto delle relative storie apre mondi, scalda i cuori. Il volontariato è sempre un incontro, quando si torna si hanno sempre nuovi amici e amiche, si è preso contatto con vite che non si immaginavano. E qualcuno/a probabilmente si è innamorato/a. Cosa vuol dire coltivare il volontariato come amicizia? Significa prevedere sempre di fare insieme e non da soli, diversificare le squadre per moltiplicare le relazioni, coltivare la convivialità e i momenti comunitari, programmare pause e occasioni di reciproca conoscenza perché le relazioni abbiano la stessa importanza delle azioni, promuovere i racconti personali in momenti rituali, non solo dei testimoni tradizionali (ad es. le vittime di…) ma anche dei volontari e delle volontarie, cambiare i registri espressivi dei diversi momenti, usare anche la dimensione ludica per sdrammatizzare e favorire le conoscenze, fare una festa o chiedere chi compie gli anni in quei giorni.