Plant revolution e La Nazione delle Piante: la nostra recensione
Titolo: Plant revolution
Autori/curatori: Stefano Mancuso
Editore: Giunti
Edizione: 2017
Titolo: La Nazione delle Piante
Autori/curatori: Stefano Mancuso
Editore: Giunti
Edizione: 2019
Oggi vi proponiamo la recensione di due testi del botanico Stefano Mancuso: Plant revolution e La Nazione delle Piante.
L’autore, che dirige il Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale dell’Università di Firenze, esplora il mondo delle piante per immaginare il futuro dell’umanità e correda le sue affermazioni con un ampio apparato iconografico.
Il nostro pianeta, anche per il dissennato comportamento degli uomini che pretendono di crescere indefinitamente in un ambiente dalle risorse limitate, è vicino al collasso ecologico. Gli uomini si sentono i signori della Terra e vogliono disporne in funzione delle proprie necessità. Soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale hanno aumentato la produzione nell’atmosfera di anidride carbonica provocando quell’effetto serra che innalza la temperatura del pianeta con effetti catastrofici a cascata come il declino della produttività, la sperequazione della distribuzione della ricchezza, disordini sociali, guerre.
In natura non domina la legge del più forte (come erroneamente si interpreta il pensiero di Darwin): la teoria dell’evoluzione sostiene la sopravvivenza del più adatto. Le piante, spesso considerate in posizione inferiore nell’organizzazione gerarchica degli esseri viventi (la base di un triangolo al cui vertice è collocato l’uomo), hanno colonizzato la terra molto prima dell’uomo e costituiscono l’85%della massa vivente. Gli esseri umani sono dipendenti dalle piante per il cibo fornito e l’ossigeno prodotto attraverso la fotosintesi. Per questo sarebbe opportuno bloccare la deforestazione, sviluppare la presenza delle piante (coprendo anche le nostre città), prendere a modello il loro sistema di vita , la loro capacità di sopravvivenza.
Mentre animali e uomini reagiscono alle trasformazioni dell’ambiente (es. siccità, scioglimento dei ghiacci) spostandosi, le piante, legate all’ambiente, rispondono con l’adattamento sviluppando la capacità di percepire e produrre soluzioni corrette come ad esempio modulare lo sviluppo (ridurre le taglie, strisciare, salire in altezza). Inoltre le piante, benchè stiano ferme, presentano altri vantaggi rispetto agli animali nei quali le varie funzioni sono affidate a un organo centrale (cervello) che governa altri organi specializzati secondo un modello gerarchico; nelle piante invece le varie funzioni sono diffuse sull’intero corpo.
Il modello gerarchico è quello che si è imposto nella vita umana: stati, archivi, organizzazioni politiche, aziende sono strutturati secondo gruppi, classi, gerarchie e questo impedisce la flessibilità necessaria ad affrontare un ambiente in continuo cambiamento. Al contrario il mutuo appoggio, la cooperazione (cioè la simbiosi) sono frequenti fra le relazioni vegetali; tutto nelle piante è realizzato in forma di rete. Di conseguenza ci sono molti buoni motivi per imitare il mondo vegetale: le piante consumano poca energia, sono costruite a moduli, hanno un’intelligenza distribuita senza nessun centro di comando.
Questo modello di struttura decentralizzata e di intelligenza collettiva fra gli uomini farebbe aumentare la creatività, la resistenza di tante persone libere di pensare e di innovare Già qualcosa si è fatto, come in strutture architettoniche ispirate dalle piante sia per bellezza (v. colonne e capitelli) che per funzionalità (v. la raccolta e la condensazione dell’acqua in zone desertiche; v. Wikipedia, un’enciclopedia senza organizzazione gerarchica e senza alcun incentivo finanziario). Purtroppo al mercato interessa un sistema che aumenti il profitto non che riduca il consumo delle risorse del pianeta. Invece dobbiamo considerare il pianeta come un bene comune, non antropocentrico né di proprietà degli uomini.
(a cura di Giuseppina Calzolari, Redazione CSV Brescia)