Innesti Inattesi/13. Mantova, quando la comunità abita il territorio
Con Porto in Rete una disponibilità attenta di cittadini che si prendono cura di cittadini
“…Siamo stati travolti dalla situazione e allo stesso tempo abbiamo avuto la fortuna di essere stimolati da un gruppo di ragazzi che ha alzato la mano dicendo: noi siamo disponibili, cosa possiamo fare per la comunità in questo momento di emergenza e in questa situazione che ha trovato tutti spiazzati?” Questa la testimonianza di Porto in Rete, a raccontarci com’è andata Massimo Avigni, presidente e Andrea Gandellini, membro del direttivo.
Porto in Rete è nata nel 2014 a Porto Mantovano, un comune in provincia di Mantova, come un’associazione di secondo livello, cioè composta a sua volta da realtà del territorio (ad oggi 16); da sempre ha promosso attività con l’obiettivo di favorire azioni di comunità, di partecipazione e di coesione sociale.
Lo stimolo è partito da un gruppo di ragazzi, al primo e al secondo anno di università, senza alcun legame con le associazioni del territorio ma mossi dal desiderio di non restare con le mani in mano e di attivarsi per la propria comunità in un momento delicato e difficile allo stesso tempo.
Porto in Rete ha accolto positivamente, e fin da subito, la giovane disponibilità; e dopo accordi specifici con il Comune di Porto Mantovano, ha iniziato ad organizzare il gruppo, identificando un referente dell’associazione nella figura di coordinatore con il compito di seguire e accompagnare i ragazzi nel far confluire la loro forza di volontà e la grande voglia di fare, in attività fruibili dalla cittadinanza.
Hanno preso il via la spesa a domicilio, per le persone over 65 senza rete familiare o con particolari fragilità e la SpesaSOSpesa a supporto delle attività della Caritas locale. Quest’ultima azione è restata attiva per diverso tempo, in alcuni supermercati del territorio, dove davanti all’ingresso era posizionata la lista dei generi necessari e chi andava a fare la spesa poteva lasciare i prodotti seguendo le indicazioni. La Spesa SOSpesa ha rappresentato per la comunità, la possibilità di ricoprire un ruolo attivo e non soltanto una forma passiva di donazione; Andrea ci riporta che “in un mese abbiamo raccolto enormi frutti grazie all’apporto della popolazione, che è stata attenta ad inserire nel carrello prodotti che servivano e non cose superflue”. Tra i servizi anche la distribuzione delle mascherine, che ha visto accanto ai giovani volontari, la presenza della Protezione Civile e di altri cittadini che per la prima volta si mettevano a disposizione della comunità.
Tutto avveniva e avviene, con una constante analisi del territorio e spinti dal chiedersi: Cosa si può fare per la comunità? Così, associazione, ragazzi e Comune hanno identificato anche la difficoltà legata allo stato di solitudine delle persone che si trovavano a vivere da sole questo pesante momento. Il sentore porta alla creazione di Incontriamoci al telefono, un servizio di telefonate dedicato alle persone anziane, segnalate dai Servizi Sociali, che vengono contattate una/due volte a settimana per passare qualche minuto in compagnia e intercettare particolari necessità.
“In questo periodo tutti ci siamo dovuti reinventare”, ci spiega Massimo, “Il distanziamento sociale ha portato a una minor vicinanza fisica e a un maggiore contatto virtuale tramite video conferenze ed altre modalità online; questo ci ha consentito di restare sempre sul pezzo grazie alla costante connessione con il direttivo e i vari momenti di condivisione con le associazioni della rete. Permettendoci di tener vive le relazioni e il filo conduttore delle attività messe in campo sul territorio”.
Il lockdown insieme all’emergenza sanitaria, economica e sociale ha ribaltato ciò che accadeva prima e ha permesso al volontariato di ‘entrare in casa della gente’ e non essere la gente a prendere parte alle attività classicamente proposte dalle associazioni. Andrea ci conferma che è stato molto importante “ ’poter entrare in casa’, vedere e far percepire alle persone che il volontariato è vivo in un momento dove tutto era assente tranne la forte idea di distanza” e prosegue spiegandoci che “Tante volte, per tanti, eravamo le sole persone che incontravano in una settimana. In quel periodo abbiamo vissuto un forte senso di responsabilità che spesso è stato il motore che ha permesso, a noi e ai ragazzi, di continuare ad interrogarci su quali fossero i bisogni della comunità”.
La situazione di emergenzialità ha fatto scaturire nei cittadini un’attenta disponibilità attraverso la quale hanno saputo vedere e ascoltare difficoltà e fragilità espresse da chi gli stava accanto, spronandoli ad agire e a prendersi cura della propria comunità. “Questo rappresenta una grande risorsa, un seme molto prezioso” – afferma Massimo – “ora è necessario seminare bene e incentivare questo approccio attivo e propositivo per il prossimo futuro”.
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