Fare Non Profit raccoglie la sfida degli schemi di bilancio
Uniformità dei modelli di bilancio per gli Enti di terzo settore. A partire dal 2021 c’è l’obbligo di redigere il rendiconto economico-finanziario secondo uno schema uguale per tutti, ma con due importanti differenze sulla base del volume delle entrate. Per comprendere la portata del decreto e quali cambiamenti porterà nella vita delle associazioni abbiamo chiesto aiuto a Francesco Aurisicchio, responsabile di Fare Non Profit, il servizio di consulenza e supporto agli enti non profit di CSV Milano.
L’articolo 13 del Codice del Terzo settore richiede omogeneità nelle modalità di rendicontazione economica degli enti che risulteranno iscritti al Registro unico del terzo settore, così come peraltro è previsto per le società e altri enti. Gli schemi proposti dal decreto corrispondono al vissuto associativo soprattutto degli enti di piccole e medie dimensioni?
I modelli individuati nel decreto nascono da una lunga gestazione e da un lavoro che si pone, per certi aspetti, in continuità con quanto iniziato dall’Agenzia per il Terzo settore con l’atto di indirizzo del 2008 a cui peraltro abbiamo lavorato anche noi dei Centri di servizio insieme al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti. L’dea di individuare schemi di bilancio conformi circolava infatti già allora per rendere anche il non profit un settore chiaro e trasparente così come previsto dal codice civile per le società. Purtroppo siamo ancora in una fase transitoria della piena attuazione della riforma del Terzo settore. Questo comporta una interpretazione delle linee guida rispetto ai regimi fiscali vigenti. Un passaggio delicato che vede i Centri di servizio in prima linea nel supportare le associazioni sulla gestione contabile e sulla redazione dei bilanci per accompagnale nell’interpretare e nel contestualizzare a seconda delle proprie dimensioni organizzative i nuovi dettami richiesti dal Codice del Terzo settore.
Quali son i nodi da sciogliere?
Stiamo ancora aspettando una serie di chiarimenti come il decreto sulle “attività diverse”, le linee guida sulle raccolte fondi, ma soprattutto l’autorizzazione della Commissione europea sulla normativa fiscale e del conseguente posizionamento su questo dell’Agenzia delle Entrate. Il 2021 sarà, da questo punto di vista, un anno “complesso” che chiede di coniugare i nuovi aspetti civilistici e di bilancio con una nuova disciplina fiscale che non c’è e che quindi è ancora “ancorata” alle regole fiscali previgenti.
Può farci qualche esempio?
Pensiamo alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale che passano dalle normative precedenti (legge 266/91 e legge 383/2000) al Codice del terzo settore, ma i cui vincoli derivanti dalle rispettive norme fiscali rimangono in vigore. E ancora di più al caso delle Onlus che devono rispettare i vincoli del decreto legislativo 460 del ‘97. Infine, con l’avvio del Registro unico nazionale del terzo settore, previsto nel 2021, l’applicazione dei nuovi modelli di bilancio sarà esteso agli enti che vi si iscriveranno acquisendo la condizione di Ente di Terzo settore. Anche questi risulteranno regolati dall’attuale normativa fiscale del Tuir, il Testo unico delle imposte sui redditi. Condizioni che permarranno almeno fino all’esercizio successivo all’acquisizione del parere favorevole della Commissione europea.
Come pensate di operare all’interno di questa situazione così complessa?
È una sfida che come Fare non profit abbiamo raccolto e abbiamo definito delle linee operative da applicare alle diverse tipologie di enti che si rivolgeranno a noi per poter adempiere agli obblighi previsti dalla legge per l’esercizio sociale 2021. Abbiamo individuato dei principi di redazione per il piano dei conti partendo dal concetto di provenienza del ricavo in funzione dell’attività esercitata. Quindi il punto di partenza è la natura giuridica del provento e non la sua destinazione. La nostra proposta è di redigere un piano dei conti che assolva la sua funzione di raccolta delle informazioni per la determinazione del risultato economico dell’esercizio nel rispetto del dettato normativo del Codice secondo i principi della trasparenza e della chiarezza. I nodi aperti son ancora tanti. Resta irrisolto per esempio il problema dell’esatta definizione di “costi effettivi” e dell’imputazione degli stessi alle diverse attività esercitate. In questo senso speriamo che il parere della Commissione Europea aiuti ad innescare un percorso che ci porti maggiore chiarezza una volta per tutte. Siamo solo all’inizio. È evidente che non basta un atto normativo per disciplinare e risolvere un tema di così ampia portata in termini di accountability. Gli schemi di bilancio dovranno superare importanti banchi di prova. Saranno necessari ulteriori interventi soprattutto in termini di definizione di specifici principi contabili che permetteranno una migliore applicazione e interpretazione dei contenuti degli schemi di bilancio.
Nuovi schemi di bilancio: servizi di informazioni e supporto
CSV Milano ha predisposto un pacchetto di servizi per supportare e accompagnare gli enti in questa fase di passaggio.
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