Hate speech: come costruire una narrazione alternativa
di Elisabetta Bianchetti
Lo studioso di pace Johan Galtung ha coniato il termine “violenza culturale” per spiegare come qualsiasi aspetto di una cultura o di un’idea, come storie, canzoni o linguaggio, possa essere utilizzato per legittimare la violenza diretta.
Messaggi di incitamento all’odio: la punta di un iceberg
Le narrazioni sociali e politiche influenzano l’opinione pubblica. Slogan o discorsi sono parte di una narrazione, gli aspetti visibili o “pezzi” di essa. Frasi come «Ci rubano il lavoro» incitano all’odio e contribuiscono ad aumentare la polarizzazione. Le narrazioni alternative, invece, concorrono alla promozione dei diritti umani e dei processi di emancipazione rompendo le dinamiche divisive del “noi-loro”. Possono proporre diverse opzioni per risolvere un problema e, in questo modo, aiutano a cambiare gli stereotipi negativi, fanno appello ai valori democratici e invitano alla cooperazione e al dialogo come un modo per affrontare i problemi. L’emancipazione è un processo continuo e non un risultato che può essere raggiunto o acquisito.
(Fonte: immagine pag.66, We Can! Taking Action against Hate Speech through Counter and Alternative Narratives, © Consiglio d’Europa, 2017)
L’incitamento all’odio, come definito dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, copre tutte le forme di espressione che diffondono, incitano, promuovono o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o altre forme di odio basate sull’intolleranza, inclusa quella espressa dal nazionalismo aggressivo e dall’etnocentrismo, nonché dalla discriminazione e dall’ostilità nei confronti delle minoranze, dei migranti e delle persone di origine straniera. Ma esistono altre forme di discriminazione e pregiudizio, come l’antiziganismo, la cristianofobia, l’islamofobia, la misoginia, il sessismo e la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.
Impegnarsi in azioni contro l’incitamento all’odio può essere frustrante, emotivamente gravoso e persino rischioso per la propria privacy e sicurezza. L’hate speech, che appare nel discorso pubblico con toni intimidatori, spesso è connesso ad aggressioni verbali e fisiche da parte di individui e gruppi. Ci sono troppi esempi di continuum tra incitamento all’odio e crimini ispirati dall’odio, tra violenza verbale e violenza fisica. L’incitamento all’odio è tutt’altro che gratuito.
Chiunque può intraprendere azioni contro l’incitamento all’odio e sviluppare un’azione o una campagna contro-narrativa. Ci vuole solo motivazione e una piano d’azione. Il manuale We Can!, presentato dal Consiglio d’Europa all’interno della campagna No hate speech movement è una guida dettagliata che, attraverso suggerimenti e materiali utili, aiuta a preparare una campagna di contronnarazione. Ma come si costruisce una narrazione alternativa o una contronarrazione? Il sito www.retecontrolodio.org propone una sintesi del manuale.
La strategia suggerita si articola in quattro passi: analisi, progettazione, implementazione e valutazione:
- L’analisi della narrativa discriminatoria che si vuole contrastare
Esattamente come un qualsiasi altro racconto, anche le narrative d’odio hanno dei temi e dei messaggi principali, una struttura delineata (un contesto iniziale, un elemento di conflitto e scenari di conclusione) e dei target specifici, si rivolgono cioè a singoli o gruppi specifici della società. Molto importante è capirne il contesto: gli intenti della narrativa (se ha lo scopo specifico di incoraggiare l’odio, istigare all’azione violenta o ferire singoli o gruppi), il contesto sociale delle vittime che ne sono colpite (e che sono spesso persone già emarginate dalla società in quanto membri di minoranze), i fatti e le fonti su cui si basa questo racconto (molte narrative d’odio hanno origini da miti e pregiudizi contro le vittime) e, molto importante, il ruolo dei media nel presentare e/o diffondere questa narrazione. - Progettare la contronarrazione
Tutte queste informazioni serviranno poi a delineare la strategia dper una narrativa alternativa. Come primo passo, occorre individuare la visione e gli obiettivi della contronarrazione. Il primo passo consiste nel stabilire qual’è il cambiamento che si vorrebbe attuare. Poi circoscrivere il target, cioè il pubblico di riferimento al quale rivolgersi: un elemento importante perché determinerà il tono della narrazione (ad ogni pubblico corrisponde un linguaggio diverso) e il media scelto per diffonderla. Inoltre, altro aspetto importante è quello di assicurarsi che la narrativa adottata da contrapporre a quella discriminatoria abbia le sue radici nei valori dei diritti umani. Quindi che sia: una narrativa inclusiva, che contrasti la de-umanizzazione del singolo o del gruppo target della narrativa discriminatoria; che promuova la partecipazione, l’uguaglianza, il dialogo interculturale ecc. Da questi presupposti si può elaborare un piano d’azione. - Implementare la contronarrazione
Una volta preparata una strategia di contronarrazione, si può passare alla sua implementazione. È in questa fase che la narrativa alternativa è presentata al pubblico ed è possibile testarne l’efficacia. È necessario coinvolgere tutti quegli attori che possono contribuire a diffonderla ad un pubblico più ampio: media (tenendo quindi in considerazione la rilevanza locale/nazionale della campagna, l’età media dell’audience e i suoi interessi); persone influenti (che possono essere del mondo della politica, dell’istruzione, della ricerca, giornalisti, social media influencer ecc.) e, soprattutto, persone coinvolte dalla narrativa discriminatoria, che siano vittime o perpetratori. - Monitorare e valutare la contronarrazione
Una fase importante è quella di valutare se la strategia ha raggiunto gli obiettivi che ci si era prefissati in partenza. Quindi occorre analizzare: come è stata percepita dal pubblico; quante persone sono state raggiunte e se è riuscita a cambiare la percezione e i comportamenti del pubblico verso la narrativa discriminatoria.
Nell’immagine che segue il riepilogo delle quattro fasi: 1.analisi, 2. progettazione, 3.implementazione e 4.monitoraggio. Ogni fase è ulteriormente suddivisa in passaggi declinati in suggerimenti e strumenti per guidare a realizzare un’iterazione di successo.
(Fonte: immagine pag.118, We Can! Taking Action against Hate Speech through Counter and Alternative Narratives,© Consiglio d’Europa, 2017)
Per maggiori informazioni sui discorsi d’odio, contronarrazioni e narrazioni alternative e per il materiale di supporto alla costruzione di una campagna di contronarrazione, scarica il manuale “We Can!” (in lingua inglese).
(Fonti: No Hate Speech Youth Campaign, Rete Nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio)