Aids, la vera lotta la fa la prevenzione Le diagnosi in calo
1 dicembre. La Giornata mondiale di sensibilizzazione coincide con la settimana di test gratuiti anche a Como
Lila Como da circa 30 anni è in prima linea per diffondere l’importanza della prevenzione, ma soprattutto per aiutare e assistere le persone con Hiv o Aids e le loro famiglie. In occasione della Giornata Mondiale di domani, 1 dicembre, la sezione comasca della Lega Italiana per la lotta contro l’Aids, così come fa dal 2017, ha aderito alla European Testing week, ampliando l’offerta del test. Il 3 dicembre in programma anche una cena sociale per raccogliere
fondi. «Anche quest’anno abbiamo deciso di proporre il test per sensibilizzare la popolazione – spiega Giusi Giupponi, presidente Lila Como – Si tratta di un’estensione dell’offerta, visto che da noi questa opportunità è possibile tutto l’anno».
Buona risposta «In occasione della testing week c’è stata una buona risposta – spiega – le persone hanno scritto per chiedere informazioni, hanno prenotato il test. Si è trattato in particolare di giovani, tra i 20 e i 30 anni, in ugual
misura tra maschi e femmine, provenienti non da Como città, ma da comuni limitrofi». Nell’ultimo anno sono stati 80 i test eseguiti e a partire dal mese di dicembre Lila Como, oltre all’offerta mensile, ha deciso di proporre i test salivari Hiv tutti i martedì (su appuntamento) dalle 16 alle 19. I dati nazionali segnano un calo nelle diagnosi, ma secondo Giupponi questo rivela che nel periodo pandemico è aumentato il sommerso legato anche alla difficoltà di accesso ai test. «Non nascondo che i dati mi preoccupano un po’ – precisa – è importante ricordare che prima arriva la diagnosi, prima si iniziano le terapie, prima si abbatte la carica virale. Anche la nostra sede
ha dovuto chiudere per un periodo, ma non appena è stato possibile ci siamo riorganizzati e abbiamo ripreso l’attività». L’associazione in questi anni di attività ha avviato una serie di
iniziative e tra queste un centralino telefonico “Help Line” (351 5931829). La Lila Como nell’ultimo anno ha ricevuto 600 chiamate. Questi contatti
possono poi svilupparsi in colloqui personali o altre opportunità offerte dall’associazione. A Como, ad esempio, è attivo anche il gruppo di aiuto-aiuto, che consente di confrontarsi e offrirsi sostegno a vicenda, su vari temi come uscire dall’isolamento e liberarsi dalla sensazione di impotenza. Al momento sono venti le persone che ne fanno parte. Avvicinarsi all’associazione, in particolare al momento della diagnosi, per il presidente Lila Como è un aspetto molto importante: «C’è spesso un blocco emotivo dovuto alla società, purtroppo c’è ancora lo stigma. Se tu hai fatto un percorso tuo di accettazione, di comprensione di quello che hai e di quello che questo comporta – spiega – riesci a gestire quello che ti succede intorno, soprattutto quando si tratta di situazioni complesse. Fare il test è un altro messaggio che deve passare perché è un investimento sulla propria salute e su quella degli altri».
di Francesca Guido
Per gentile concessione della redazione de La Provincia
L’allarme dell’Istituto della Sanità:I giovani non percepiscono i rischi
I dati
Dimezzate le diagnosi Hiv per via del lockdown «Purtroppo 6 casi su 10 sono scoperti troppo tardi»
«Rispetto al 2019 il numero di nuove diagnosi Hiv nel 2020 è quasi dimezzato e questo è molto probabilmente da ricondurre alla pandemia da Covid-19 e alle conseguenti restrizioni di circolazione e di aggregazione». Così Barbara
Suligoi, responsabile del Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità. Nel 2020 nel nostro Paese, sono state segnalate 1.303 nuove diagnosi di infezione da Hiv, un numero ancora più ridotto rispetto ai casi già in progressiva diminuzione osservati negli ultimi dieci anni. L’incidenza osservata in Italia è stata inferiore rispetto all’incidenza media osservata tra le nazioni dell’Unione Europea (2,2 rispetto a 3,3 nuovi casi per 100.000 residenti). La quasi totalità dei casi (88%) è da attribuire a rapporti sessuali: maschi che fanno sesso con maschi (MSM) per il 46% e rapporti eterosessuali (maschi e femmine) per il 42%. Tra i maschi, più della metà delle nuove diagnosi Hiv è in MSM. La fascia d’età 25-29 anni è quella con la maggiore incidenza, più che doppia rispetto all’incidenza totale (5,5 contro 2,2 nuovi casi per 100.000 residenti). «Purtroppo – continua – 6 su 10 nuove diagnosi di Hiv
vengono identificate in ritardo, cioè in persone con una situazione immunitaria gravemente deficitaria o addirittura già con sintomi di Aids. Questo ritardo pregiudica l’efficacia delle terapie antivirali. Infatti, mentre una terapia
antivirale iniziata in fase precoce di infezione e in una persona giovane consente una qualità ed un’aspettativa di vita analoghe a quelle di una
persona senza Hiv, una diagnosi tardiva e quindi un inizio tardivo di terapia riduce le probabilità di successo della
stessa». Inoltre, come sottolineano dall’Istituto Superiore di Sanità, le persone con diagnosi tardiva possono aver involontariamente trasmesso l’Hiv ad altre persone, contribuendo così ad alimentare un sommerso di casi non ancora diagnosticati che in Italia si aggira intorno alle 13-15 mila persone. La percezione del rischio è bassa nella popolazione generale e in particolare tra i giovani. «È fondamentale invitare le persone che si fossero esposte ad un contatto a rischio, in particolare nell’ultimo anno e mezzo, ad effettuare un test Hiv -concludono dall’ISS – questo periodo di restrizioni da Covid può aver impedito o scoraggiato molte persone a recarsi presso le strutture sanitarie dedicate». In questo senso, come sottolinea Barbara Suligoi, risultano estremamente utili le iniziative per effettuare il test Hiv in sedi extraospedaliere ed informali, quali check-point, laboratori mobili, test in piazza, test rapidi, che eliminano le remore o la vergogna di rivolgersi ad una struttura sanitaria.
di Francesca Guido
Per gentile concessione della redazione de La Provincia
Sono 800 i sieropositivi comaschi : L’obiettivo è il loro benessere
Le cure. Al Sant’Anna lo scorso anno registrati 53 nuovi casi di infezione: 37 uomini e 16 donne Il primario di malattie infettive: «Diagnosi, terapie per tutti e riduzione della carica virale»
La diagnosi precoce è fondamentale per ridurre la trasmissione del virus Hiv. Tra il 2020 e il 2021 nel comasco per 53 persone il test è risultato positivo e per questo sono state prese in carico dai
sanitari di Asst Lariana. I dati dell’ultimo anno, a livello nazionale, mostrano alcuni numeri in calo, questo in particolare per effetto della pandemia. Così come per altre malattie, in termini di diagnosi, non è ancora chiaro quanto
il Covid abbia influito in questo senso. L’accesso ai test, in alcuni periodi, è stato difficoltoso, ma nell’analisi generale si deve anche tenere conto del fatto che il lockdown e le restrizioni hanno senza dubbio toccato la sfera delle relazioni personali, riducendo anche le possibilità di incontro. Numeri e obiettivi Quello che resta confermato è il fatto che oggi la trasmissione dell’Hiv nell’85% dei casi avviene per via sessuale, ecco
perché, nonostante la disponibilità di test di ultima generazione e terapie sempre più efficaci che hanno migliorato l’aspettativa di vita, non bisogna abbassare la guardia.
«In questi anni l’obiettivo era quello di raggiungere il cosiddetto 90-90-90 – spiega Luigi Pusterla, primario delle Malattie infettive dell’Asst Lariana – e cioè diagnosticare il 90 per cento delle persone affette dal virus Hiv, fare in modo che il 90 per cento delle persone consapevoli del proprio stato sierologico abbia accesso al trattamento farmacologico e raggiungere la soppressione della carica virale nel 90 per cento delle persone in trattamento». Negli ultimi anni l’andamento dell’aderenza alle terapie, come conferma anche lo specialista, è positivo nel comasco, anche grazie al fatto che i farmaci oggi a disposizione sono più gestibili nella quotidianità delle persone in trattamento.
«Ora il prossimo obiettivo – aggiunge Pusterla – è un altro 90 ed è legato al benessere psico-fisico delle persone in trattamento». Sono circa 800 i pazienti con infezione da Hiv che sono seguite dagli esperti di Asst Lariana. Tra il 2020 e il 2021 sono stati registrati 53 nuovi casi di infezione, 37 uomini e 16 donne. Sono state otto le persone poste in profilassi post esposizione (Pep), una misura per ridurre la trasmissione del virus in casi di forte rischio di contagio. Sieropositivi nell’era Covid «Le restrizioni legate alla pandemia hanno bloccato le visite per due mesi – spiega ancora il primario – questo però non vuol dire che si siano interrotti i rapporti con i pazienti. La distribuzione delle terapie c’è sempre stata, così come sono stati eseguiti gli esami di controllo e quando non era possibile la visita in presenza abbiamo comunque organizzato degli appuntamenti telefonici». La diagnosi precoce si conferma fondamentale. Sebbene l’incidenza di casi di Aids conclamato sia in diminuzione a livello nazionale, ci sono ancora persone che scoprono di avere la malattia quando gli effetti della stessa sono progrediti. Di Aids, nonostante le terapie innovative, si può ancora morire. Tra gli obiettivi degli esperti oltre al 90-90-90-90, anche un ambulatorio (PrEP) profilassi pre-esposizione che consentirebbe un’ulteriore riducono sempre più frequenti anche sifilide, clamidia e gonorrea, ma anche il papilloma virus. Il centro Ist di Asst Lariana, di cui è responsabile il primario della Dermatologia, Amelia Locatelli, collabora con il reparto di Malattie infettive. Circa 40 i casi di sifilide diagnosticati da gennaio a ottobre 2021.
di Francesca Guido
Per gentile concessione della redazione de La Provincia