Giovanna Cosenza. Le parole per dirlo
Contro gli stereotipi: elogio della normalità. Ognuno è diverso. Io come volontaria e i volontari che ho conosciuto non si sentono eroi. Se fare volontariato è una scelta determinata dal volere e non dal dovere, lo faccio quando mi sento in grado di farlo, quando posso e voglio impegnarmi.
Tratto da VDossier
La narrazione pubblica del volontariato – penso alla comunicazione di molte ONG e associazioni – è permeata da un’atmosfera che allude al fatto che chi fa interventi di questo tipo sia un eroe o un’eroina. È come se per fare volontariato ci volessero delle qualità speciali, perché evidentemente le difficoltà sono molte. Si racconta una storia con tanti ostacoli e tanti nemici da affrontare, quali fatica stress durezza e tanto altro ancora. Per affrontarli bisogna essere speciali. Credo sia questo il messaggio che arriva a chi non ha mai fatto volontariato.
Non è che questi ingredienti narrativi non debbano esserci in assoluto. Le difficoltà esistono, sono reali, specialmente quando si fa un certo tipo di volontariato in cui si va incontro a delle durezze e ci si fa carico di particolari difficoltà. Però manca il pezzo importantissimo di cosa accade al soggetto che aiuta. Lui o lei supera difficoltà e ostacoli grazie al fatto che è felice di farlo. E non occorrono qualità così speciali. Lo può fare chiunque. I volontari sono persone normali che colgono questo aspetto che non viene comunicato. E lo schema descritto non ricorre nelle storie individuali, perché se una persona vicina ti racconta la propria esperienza, lì vengono fuori gli aspetti di appagamento, gioia e soddisfazione che restituisce l’agire volontario.[…] Volontario include la parola volere: ma è come se ci fosse un’accentuazione degli aspetti di dovere. C’è un’etica secondo cui ti senti in dovere di fare questa cosa. E sembra che solo pochi soggetti possano essere così altruisti, così eticamente di un livello superiore da poter scegliere di fare volontariato. Questo è il messaggio che passa e probabilmente arriva all’immaginario comune. E non fa capire che basta essere una persona comune a cui scatta quel click. È il momento di gioia vera che sfugge.
[…] Nel tempo si è generata una visione dualistica sia tra chi è volontario e chi non lo è, sia tra il volontario e il soggetto che riceve l’azione volontaria. Tutto questo crea distanza, toglie energia creativa alla comunicazione del volontariato, toglie passione positiva al discorso.
[…] A furia di ripetere negli anni e nei decenni questo tipo di immagine ora è difficile svuotarla. Come si fa? Semplificandola e mostrando ciò che ho detto prima, l’altra faccia del volontariato: il vantaggio in termini di appagamento emotivo personale. Tanto è vero che ognuno avrà un ambito di volontariato più congegnale. C’è una marea di possibili bisogni di cui occuparsi. Se non ti senti di fare una cosa, ne farai un’altra. Il volontariato dovrebbe essere a misura di chi lo fa. Per comunicare il volontariato farei brillare davvero la piacevolezza che ti permette di aiutare le persone che ne hanno bisogno. Ridare valore a questi aspetti aiuterebbe anche l’aspetto relazionale che, ricordiamolo, è bidirezionale. Nel fare volontariato non è che i bisogni del singolo si annullano, ma si incontrano con quelli dell’altro. Questo a volte sembra essere negato, proprio per quell’ipocrisia di cui parlavo prima. Come se uno esprimendo i propri bisogni individuali diventasse egoista. E poiché l’egoismo è in contrasto con l’altruismo, il volontariato è tutto altruista. Non esiste più lui o lei, ma esiste solo l’altro. […] Mi domando sempre come mai ci siano tante persone che si sentono vuote, scontente, in depressione, sole, a cui purtroppo non scatta il desiderio di intrecciare una delle tante storie del “si potrebbe fare qualcosa per aiutare”. Troverebbero tutto un mondo… rinascendo magari, senza essere superman e superwoman.
GIOVANNA COSENZA: docente universitaria di Semiotica, allieva di Umberto Eco, è ricercatrice nel campo della comunicazione politica, dei nuovi media e della
semiotica dei consumi. Nel 2007 ha aperto il blog di divulgazione scientifica Dis.amb.iguando dedicato ai temi della comunicazione. Collabora con il Fatto Quotidiano.
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