A Hebe de Bonafini e a tutte “Las Madres de Plaza de Mayo”
All’alba del 24 marzo del 1976, l’Argentina fu svegliata da un colpo di Stato militare che diede inizio ad una dittatura feroce destinata a lasciare ferite insanabili nel Paese. La dittatura mise da subito in atto una repressione violenta di qualsiasi opposizione politica e sociale, violando sistematicamente i diritti umani e privando illegittimamente della libertà milioni di persone, soprattutto giovani, che iniziarono a sparire e ad essere imprigionati in campi di concentramento segreti e poi uccisi, andando ad ingrossare sempre di più le fila dell’esercito dei “desaparecidos”. Si stima che siano almeno 30.000 i desaparecidos argentini vittime della dittatura di quegli anni.
Spinte da un impulso viscerale e da un dolore lancinante per la scomparsa dei propri figli e delle proprie figlie, un gruppo di donne iniziò ad unirsi per cercare nei commissariati, negli ospedali, e in tutte le istituzioni che potessero aiutarle a ritrovare i loro figli. Nessuna risposta gli fu data. O meglio, le risposte che ricevettero avevano l’eco dello scherno: “una volta mi suggerirono di far finta che mia figlia fosse in vacanza”, racconta Vera Vigevani Jarach in un’intervista del 2021 al quotidiano Domani.
Così, un giovedì del 1977, si ritrovarono a Plaza de Mayo, nel centro di Buenos Aires, davanti ai palazzi del potere, per manifestare il loro dolore e il loro sdegno pubblicamente, e per chiedere verità e giustizia. Erano poche all’inizio, poi sempre di più, e marciavano in cerchio, a due a due, per evitare di essere allontanate o arrestate, dato il divieto di riunione di più di due persone emanato dalla giunta militare. Portavano e portano sulla testa un fazzoletto bianco, un pañuelo, a rappresentare i pannolini che mettevano ai loro figli appena nati.
Dal 1977, non hanno saltato neanche un giovedì e l’associazione che le riunisce, la “Asociaciòn Madres de Plaza de Mayo”, è diventata un punto di riferimento per gli argentini, tanto da plasmare il detto “Quando non sai cosa fare, guarda dove vanno le Madri”.
“Le Madri di Plaza de Mayo sono state importantissime: all’inizio erano un gruppo sparuto, qualcuno di noi andava a vedere il giovedì se c’erano ancora, senza potersi avvicinare perché altrimenti una volta che ti allontanavi ti avrebbero portato via.
Sono state una fonte di informazione importantissima, hanno rappresentato l’unica forma vera, autentica di resistenza durante la dittatura”, racconta in un’intervista a Pressenza Alfredo Somoza, giornalista di origini argentine, scappato in Italia proprio durante la dittatura militare degli anni ’70 per sfuggire alla sorte dei desaparecidos.
Anche fuori di confini argentini, le Madri sono ormai un simbolo internazionalmente di lotta, perseveranza e coraggio. Una dimostrazione della potenza trasformativa dell’azione collettiva e dell’impegno civico che vogliamo onorare oggi in particolare, alla notizia della morte di Hebe de Bonafini, presidente dell’associazione dal 1978.
Un pensiero commosso e rispettoso quindi a tutte le Madri, esempio di un associazionismo appassionato e ostinato che ha contribuito a plasmare la storia recente dell’Argentina e che ha ispirato molte altre donne e uomini in tutto il mondo.