Milano e il territorio, la città che non si ferma: cresce l’impegno intergenerazionale
Con una rete di organizzazioni non profit in crescita e un forte impegno intergenerazionale, la città metropolitana guarda avanti. L’impegno sociale si intreccia con le diverse classi e sensibilità, raccontando una comunità che guarda al futuro senza dimenticare le sue radici
di Elisabetta Bianchetti
Nella città metropolitana di Milano, oltre 300mila volontari dedicano il proprio tempo e le proprie energie al bene comune, rendendo il territorio un punto di riferimento per il volontariato in Italia. Con più di 19mila organizzazioni non profit attive, Milano si conferma un cuore pulsante di solidarietà e impegno sociale. Nonostante le difficoltà degli ultimi anni, il settore non solo ha resistito, ma è cresciuto: rispetto al 2015, le organizzazioni sono aumentate dell’8%, dimostrando capacità di adattamento e resilienza di fronte a sfide globali come la pandemia e la transizione digitale.
A sostenere questa crescita sono diversi fattori: da un lato, le organizzazioni non profit hanno saputo rispondere alle nuove esigenze sociali con soluzioni innovative e flessibili; dall’altro, si è assistito a un processo di professionalizzazione che ha reso queste realtà più strutturate ed efficienti, avvicinandole a modelli internazionali di successo.
Chi sono i volontari milanesi?
Secondo i dati più recenti del decimo Rapporto dell’IREF (Istituto di Ricerche Educative e Formative delle Acli) sull’Associazionismo Sociale, intitolato “La prospettiva civica. L’Italia vista da chi si mette insieme per cambiarla”, emerge un quadro composito e variegato dei volontari. Il rapporto offre una panoramica innovativa e approfondita sul mondo associativo italiano, esplorando le nuove forme di partecipazione e il ruolo delle organizzazioni sociali in un contesto di profonde trasformazioni economiche e politiche.
La matrice culturale del volontario milanese è un mosaico di interessi e passioni che spaziano dalla politica all’educazione, passando per l’ambientalismo e il senso di comunità.
Valori percentuali
- Religiosa
- Sindacale
- Politica
- Legalità/Giustizia
- Consumerista
- Comunitarista
- Etnica
- Sportiva
- Ambientalista
- Conviviale/Educativa
- Altro
Tra le diverse aree di appartenenza, spiccano:
- politica (25,3%): la matrice più rappresentata. Un quarto dei volontari si impegna spinto da valori politici, dimostrando come Milano sia una città in cui il cambiamento passa anche dalla cittadinanza attiva
- conviviale/educativa (17,5%): una quota significativa di volontari si dedica all’educazione e alle attività sociali, evidenziando una forte propensione verso iniziative di inclusione e formazione
- comunitarista (14,9%): rappresenta il senso di appartenenza alle comunità locali, mostrando come il volontariato sia spesso un’esperienza condivisa
- ambientalista (9,7%) e sportiva (9,1%): segnalano una crescente attenzione verso la sostenibilità e il benessere fisico.
Matrici meno rappresentate, ma comunque significative, includono quella religiosa (5,2%), della legalità/giustizia (5,2%), e quella consumerista (3,9%), che si concentra sui diritti dei consumatori.
Un equilibrio di genere
La distribuzione per genere dei volontari milanesi riflette un quadro equilibrato: il 45,8% sono donne, il 49,2% uomini, mentre un 5,1% preferisce non dichiarare il genere. Questo bilanciamento indica come il volontariato sia un’attività inclusiva, capace di attrarre persone di ogni background
Valori percentuali
- Maschio
- Femmina
- Preferisco non indicare
Valori percentuali
- Meno di 18 anni
- 18-24 anni
- 25-34 anni
- 35-44 anni
- 45-54 anni
- 55-64 anni
- 65-74 anni
- 75 e più anni
Giovani protagonisti, ma non solo
Guardando alle fasce di età, emerge una forte presenza di giovani adulti tra i volontari. La fascia 25-34 anni rappresenta il 34,4% del totale, seguita dagli over 65 (14,9%), dimostrando che l’impegno solidale accomuna generazioni diverse. Anche le fasce 18-24 anni (13,0%) e 55-64 anni (13,6%) danno un contributo significativo, a riprova che l’età non è un limite per fare del bene.
Focalizzandosi sulla popolazione under 64, la fascia 25-34 anni sale addirittura al 44,9%, seguita da quella 18-24 anni (16,9%). I giovani milanesi sono dunque i veri motori del volontariato, con una presenza che raddoppia rispetto alle altre età.
Valori percentuali
- Meno di 18 anni
- 18-24 anni
- 25-34 anni
- 35-44 anni
- 45-54 anni
- 55-64 anni
Chi è il volontario ideale?
L’analisi restituisce un quadro di un volontario culturalmente impegnato, giovane o giovanile, che si muove per motivazioni politiche, educative o comunitarie. Sebbene i dati mostrino una Milano solidale a tutte le età, è il dinamismo delle nuove generazioni a trainare il volontariato verso il futuro.
In un contesto urbano in continua evoluzione, il volontariato non è solo un impegno, ma un riflesso della società che cambia, della voglia di migliorare e del desiderio di costruire comunità più forti.
Valori percentuali
- Borghesia
- Nuovi ceti medi
- Classe lavoratrice qualificata
- Classe lavoratrice non qualificata (e disoccupati)
Il volontariato parla al ceto medio, ma non solo
Oltre la metà dei volontari milanesi, il 55,9%, appartiene ai nuovi ceti medi: una categoria che include professionisti, lavoratori con occupazioni stabili e imprenditori di piccole dimensioni. È un dato che riflette la capacità di questa fascia socio-economica di investire risorse, competenze e tempo nel volontariato.
Non meno rilevante è il contributo della classe lavoratrice qualificata, che rappresenta un quarto del totale (24,5%). Questa percentuale testimonia l’impegno di lavoratori specializzati che scelgono di offrire il proprio aiuto, mettendo a disposizione le loro competenze.
Dall’altro lato dello spettro sociale, il 12,7% dei volontari appartiene alla classe lavoratrice non qualificata o si trova in condizione di disoccupazione. Questo dato evidenzia che il volontariato non è esclusivo delle fasce più avvantaggiate, ma si estende anche a chi vive condizioni economiche più precarie, dimostrando come la solidarietà attraversi tutte le barriere sociali.
Infine, la borghesia rappresenta una piccola minoranza con il 6,9%. La bassa partecipazione delle classi più agiate potrebbe suggerire che il volontariato milanese si sviluppa principalmente all’interno di un tessuto sociale più orientato al lavoro e alla comunità
L’identità politica dei volontari: tra impegno e distacco
Alla domanda sulla propria identificazione con l’asse politico destra-sinistra, i volontari si dividono in modo interessante. Una solida maggioranza, il 60,2%, risponde affermativamente, indicando che l’impegno politico tradizionale continua a influenzare il volontariato. Questo dato riflette una Milano in cui l’attivismo sociale è ancora fortemente legato a visioni politiche consolidate.
Tuttavia, c’è anche un’ampia fetta che si discosta da questa impostazione: il 24,6% dichiara di non riconoscersi in questa dicotomia, forse scegliendo un approccio più trasversale o pratico rispetto al volontariato. Il 8,5% risponde “non saprei”, segnale di una certa neutralità o incertezza, mentre un 6,8% preferisce non esprimersi, evidenziando una possibile riservatezza o disinteresse verso la politicizzazione.
Motivazioni
Non è solo un gesto altruistico: per i milanesi, il volontariato è crescita personale, desiderio di incontrare altre persone e risposta ai bisogni sociali. In un’epoca in cui l’individualismo sembra prevalere, l’impegno civico si distingue per la sua capacità di legare la dimensione personale a quella comunitaria. Meno centrale, invece, la motivazione legata all’arricchimento professionale o all’impegno politico, segnale di una partecipazione guidata più dal cuore che dalla carriera.
Il tempo: tra presenza e online
Il ritmo della vita moderna influenza anche l’impegno civico: circa il 30% dei volontari dedica una o due ore a settimana alle attività, spesso integrando strumenti digitali. Tuttavia, la dimensione in presenza resta preponderante, a conferma dell’importanza del contatto umano e del legame diretto con le realtà territoriali.
La digitalizzazione: una sfida ancora aperta
L’ingresso del digitale nel mondo del volontariato è un argomento controverso. Se da un lato la tecnologia facilita l’organizzazione e aumenta la partecipazione, dall’altro si teme che possa ridurre la qualità del lavoro svolto. La spaccatura tra favorevoli e scettici evidenzia come il settore debba ancora trovare un equilibrio tra innovazione e tradizione.
Secondo i dati, il 60% riconosce che il digitale facilita l’organizzazione delle attività svolte dai gruppi, mentre il 50% lo considera uno strumento che incrementa la partecipazione e migliora i processi decisionali. Tuttavia, restano forti preoccupazioni: il 40% teme che l’uso delle tecnologie possa ridurre la quantità di attività svolte, e una quota analoga ritiene che rappresenti un rischio per la qualità del lavoro.
Il dibattito riflette una sfida cruciale per il volontariato: bilanciare i benefici dell’innovazione tecnologica con la necessità di preservare l’essenza e l’efficacia del lavoro sociale.
Ostacoli alla partecipazione
Non è sempre facile dedicarsi al volontariato. La difficoltà maggiore è conciliare impegni lavorativi e familiari con quelli associativi. A ciò si aggiungono problemi organizzativi interni alle associazioni e, talvolta, motivi interpersonali. Superare queste barriere sarà cruciale per favorire un maggiore coinvolgimento.
Secondo i dati raccolti, gli ostacoli principali sono:
- Aspetti legati alla vita personale e alle attività quotidiane, indicati come la difficoltà maggiore con un punteggio medio di circa 7,5 su 10.
- Problemi organizzativi interni ai gruppi, che raggiungono un punteggio medio di circa 6 su 10.
- Motivi interpersonali, che registrano una media più contenuta, intorno a 4 su 10.
Fattori come motivazioni valoriali o impegno civico e politico hanno un’incidenza minore tra gli ostacoli percepiti, con punteggi medi di circa 3-4 su 10. Questi dati sottolineano la necessità di soluzioni organizzative e flessibilità per rendere il volontariato accessibile anche a chi ha impegni significativi nella sfera personale e lavorativa.
Il volontariato e il territorio: un legame indissolubile
La mappa del volontariato milanese è policentrica, con una forte concentrazione nella prima periferia. In molti casi, l’attività si svolge nel quartiere di residenza del volontario, rafforzando il senso di appartenenza. Tuttavia, non manca la mobilità: tanti partecipano a iniziative lontane da casa, contribuendo a una rete solidale che supera i confini geografici.
Secondo i dati, il 57,6% dei volontari vive e opera nello stesso quartiere, evidenziando un forte radicamento territoriale. Tuttavia, il 39% delle attività si svolge nella parte opposta della città rispetto al luogo di residenza, e il 17,8% interessa partecipanti provenienti dalla provincia. Analogamente, il 55,1% delle attività è destinato a persone residenti nel quartiere stesso, ma una quota significativa, il 45,8%, si rivolge a persone che abitano in zone opposte della città, mentre solo il 19,5% interessa la provincia.
Questi dati sottolineano come il volontariato a Milano combini un approccio territoriale con una mobilità significativa, creando una rete di solidarietà che opera su più livelli geografici, dalla comunità locale alla scala metropolitana.
Come migliorare l’azione volontaria?
Le associazioni milanesi guardano al futuro con una chiara consapevolezza: la collaborazione è la chiave. Fare rete, rafforzare i legami con le istituzioni e migliorare la formazione tecnica sono tra le priorità emerse. Altro punto cruciale è la capacità di rispondere meglio alle esigenze dei beneficiari, rendendo il volontariato non solo più efficace ma anche più inclusivo.
Tra le azioni prioritarie individuate, spiccano:
- Fare rete e collaborare con altre associazioni, valutata come azione fondamentale con un punteggio medio di 8,2 su 10
- Sviluppare legami con le istituzioni, che riceve un punteggio medio di 7,5 su 10, sottolineando l’importanza del dialogo istituzionale
- Migliorare la formazione tecnica, inclusi aspetti organizzativi, economici e comunicativi, considerata cruciale con 7,3 su 10
- Conoscere meglio le esigenze dei beneficiari, che ottiene 7,2 su 10, evidenziando il bisogno di un approccio più mirato.
Altre azioni, come migliorare le relazioni interpersonali e ricevere consulenze su problemi specifici, registrano punteggi leggermente inferiori, ma restano rilevanti nel quadro generale. Questi dati evidenziano una chiara direzione per il volontariato milanese: rafforzare le reti e puntare su competenze mirate per affrontare le sfide future.
Con una forte base di partenza e un quadro in continua evoluzione, il volontariato milanese si conferma un pilastro della coesione sociale, capace di adattarsi ai cambiamenti e di sostenere il benessere della comunità. La prospettiva civica rappresenta, in questo contesto, un importante strumento di riflessione per orientare le strategie del Terzo settore e consolidare il suo ruolo come motore di solidarietà e innovazione.
Per approfondire
“La prospettiva civica. L’Italia vista da chi si mette insieme per cambiarla. Decimo rapporto IREF sull’associazionismo sociale”, a cura di C. Caltabiano , T. Vitale , G. Zucca, Feltrinelli editore, 2024