Dalla gratuità alla filantropia. La cultura della solidarietà in un glossario ragionato
Quali sono i prìncipi che stanno a fondamento del volontariato? Come rileggerli alla luce della Riforma? Una bussola per orientarsi fra gli articoli della nuova legge
di Paolo Marelli
La missione del volontariato è «di costituire la forza trainante per la propagazione, nelle sfere sia della politica sia dell’economia, della logica della gratuità e dell’etica del bene comune». L’errore che il volontariato non deve fare è di accontentarsi «di svolgere meri ruoli di supplenza delle pubbliche istituzioni», oppure di limitarsi «a presidiare la nicchia che con meritato successo è riuscito a conquistarsi fino ad oggi (magari pretendendo per sé lo status di un improbabile quarto settore)», perché in tal caso «sarà difficile che esso possa scongiurare una lenta eutanasia». È il monito di Stefano Zamagni. L’economista dell’Università di Bologna lo ha espresso in un saggio del marzo 2005. Intitolato “Gratuità e agire economico: il senso del volontariato” e redatto in collaborazione con Aiccon (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del nonprofit), in 19 pagine Zamagni scandaglia i prìncipi chiave che stanno a fondamento della cultura della solidarietà orientata al volontariato. Una sorta di bussola concettuale che qui sintetizziamo nella formula di un glossario ragionato (articolato in domande e risposte) e che riproponiamo per non smarrirci lungo i sentieri che (direttamente o indirettamente) si snodano nella riforma del Terzo settore.
Anzitutto come definire il volontariato?
Il volontariato è l’azione che riesce a far stare insieme, in modo armonico, dono e gratuità, che riesce a coniugare l’aiuto all’altro con il riconoscimento delle sue capacità personali. È quell’azione solidale che crea, sviluppa e cementa un legame. E in quanto tale non può mai essere remunerata, in quanto tale ci deve essere assenza di scambio. La cifra che definisce l’azione volontaria è la gratuità. Ma l’assenza di remunerazione di per sé soltanto non basta a caratterizzare l’agire volontario, perché la gratuità non implica un disinteresse totale, considerato che al fondo della gratuità c’è l’interesse di costruire la fraternità.
Che cos’è la gratuità?
L’economista Luigino Bruni, nel “Dizionario di economia civile”, la definisce come «la dimensione dell’agire che porta ad avvicinarsi agli altri, a se stessi o alla natura mai in modo puramente strumentale». Tradotto vuol dire che solo ciò che nasce da una motivazione intrinseca può essere veramente gratuito, perché davvero libero. La gratuità, dunque, è associata al concetto di motivazioni intrinseche, più che all’altruismo o al dono: ci può essere, infatti, altruismo e dono “gratuito” come l’altruismo e il dono non gratuito. Il non pagamento delle prestazioni o, più in generale, la mancanza di ricompense (presenti o future) non assicura, di per sé, la gratuità, la quale è una virtù che postula una precisa disposizione di animo. È propriamente gratuito ciò che non nasce dal desiderio di conseguire un qualche obiettivo specifico, fosse anche l’autogratificazione.
Che cos’è invece il dono?
Il dono è sempre gratuito ed è il desiderio di un legame con l’altro da me. Il dono è fatto in vista della costruzione di un legame. Il dono è dono alla fraternità. È l’interesse a stare nella relazione con l’altro. Il dono gratuito non è un atto finito in se stesso, ma rappresenta semmai l’inizio di una relazione, di una catena di atti reciproci. Non a caso, il filantropo non ha questo interesse, tanto che neppure vuol conoscere l’identità di coloro ai quali la sua beneficenza si indirizza. Eppure c’è un piano più radicale ed essenziale del dono gratuito: quella dimensione di profondità nella quale una persona è “costituita”, oppure è messa al mondo solo se e quando un’altra persona la conosce o ne soddisfa i bisogni.
Quale differenza intercorre tra dono, regalo e scambio?
Nel donare come regalo ciò che conta è l’entità, ossia il valore, del bene donato, cioè ti do qualcosa per ricevere qualcosa d’altro. Che poi è la logica dello scambio di doni. Nel dono in quanto dono gratuito, il dono è una reciprocità: ti do qualcosa (materiale o immateriale) perché tu possa a tua volta dare a qualcun altro, non necessariamente a me. Mentre la differenza tra dono e scambio sta nell’assenza del contratto cioè nell’assenza di garanzie a favore di chi attiva l’atto donativo.
Su che cosa si fonda la nozione di reciprocità?
La reciprocità, in quanto rapporto intersoggettivo, è l’identità propria del volontariato. Non c’è autentica azione volontaria senza reciprocità, cioè senza costruire una relazione tra persone fondata sul dono gratuito. È soltanto con il principio di reciprocità che si attua il riconoscimento reciproco, il fenomeno con cui un soggetto è accolto e fatto esistere nel mondo di altri. Nella reciprocità che nasce dal dono, l’apertura all’altro – che può assumere le forme più varie, dall’aiuto materiale a quello spirituale – determina una modificazione dell’io che si arricchisce per l’incontro avvenuto. In sostanza, a differenza della concezione individualistica, se costruisco la mia identità in relazione con l’altro, allora il mio io si produce solo attraverso un processo di relazione con l’altro.
Come definire che cos’è la fraternità?
È un sentimento di affetto e amore che si instaura tra persone che non sono fratelli e si esprime attraverso atti benevoli, con forme di aiuto e con azioni generose intraprese specialmente nei momenti di maggior bisogno, in modo disinteressato. Il sentimento della fraternità è stato ed è presente in tutte le culture, connotandosi come valore sia religioso sia laico.
Come spiegare cos’è l’altruismo?
Con altruismo (dal latino alter, «altro») si indica l’atteggiamento e il comportamento di chi ha la qualità (morale) di interessarsi al benessere dei propri simili. In generale, con questo termine, è espresso l’interesse dimostrato nel benessere, sia nel senso della sopravvivenza che in quello della qualità della vita. Normalmente questo è considerato come una qualità positiva, una qualità morale, perché migliora indirettamente le proprie possibilità di sopravvivenza e benessere. Spesso però viene considerato vero altruismo solo quello disinteressato, che non si basa sul principio del do ut des (“do affinché sia ricambiato”). Secondo alcuni psicologi e sociologi non esiste un altruismo totalmente disinteressato e gratuito, in quanto un beneficio (non materiale) del donatore potrebbe sempre essere individuato: si pensi alla gratificazione, all’autorealizzazione e all’appagamento del senso di giustizia.
Quali sono le radici che stanno alla base della filantropia?
È la disposizione o lo sforzo operoso di un individuo a promuovere la felicità e il benessere degli altri. Il termine appare in Grecia come reciproco di misantropia e designa perciò quelle doti di cordialità e affabilità proprie di chi gode nel ritrovarsi con altri uomini perché ha “simpatia”. In età moderna, la filantropia acquisisce radici nella rivendicazione illuministica di diritti uguali per tutti gli uomini (libertà, eguaglianza e fraternità saranno l’insegna della Rivoluzione francese), ma non diventa operante che nel secolo XIX. Si fondano ospedali, si aprono scuole di rieducazione, si promuovono iniziative di lavoro o cultura, si svolge una complessa azione di assistenza “per la felicità e il benessere degli uomini”. La filantropia si presenta come aspetto dell’umanitarismo ottocentesco, sopratutto in quei Paesi (come gli anglosassoni) nei quali lo sviluppo capitalistico ha avuto non solo un ritmo più rapido e grandioso, ma ha serbato sempre la coscienza di un’iniziale impulso religioso. Esigenze di soddisfazione religiosa e di progresso morale stanno alla base delle maggiori iniziative filantropiche del XIX e XX secolo.
Qual è il fine della beneficenza?
La beneficenza è un aiuto economico a persone o comunità bisognose. Privati od organizzazioni elargiscono tale aiuto a soggetti terzi senza finalità di lucro. Giuridicamente, il termine esatto è donazione.
Per la loro natura quale diversità corre fra un ente filantropico e un’organizzazione di volontariato?
L’organizzazione filantropica fa per gli altri, invece l’organizzazione di volontariato fa con gli altri. Questa differenza caratterizza l’azione autenticamente volontaria dalla beneficenza privata, cioè dalla filantropia.
(Tratto da numero 3 di Vdossier anno 2017)