Home tweet home: come i social media stanno dando una mano ai senzatetto in America
In America molte organizzazioni nonprofit stanno scoprendo l’uso dei social media per connettersi in tempo reale con i senzatetto e fornire loro un aiuto.
di Elisabetta Bianchetti
Uno studio della School of Social Work (University Southern California) evidenzia che il 62% dei giovani senzatetto possiede un telefono cellulare; il 51% di questi riesce a rimanere in contatto con amici e il 41 per cento con i genitori.
«Per gli adolescenti senza una casa, pagare l’abbonamento mensile ad un piano dati per il loro smartphone è altrettanto importante quanto mangiare o avere una dipendenza da droghe» afferma Eric Rice, dellaUSC School of Social Work. Il ricercatore vede nel potenziale offerto dalla tecnologia smartphone un supporto per estendere la rete di sicurezza dei giovani senzatetto. «I ragazzi – continua – sono diversi dagli adulti senza fissa dimora perché hanno meno problemi sia di abuso di sostanze sia mentali, quindi hano meno problemi di tornare a una situazione di vita più stabile. Rimanere in contatto infatti offre maggiori opportunità di trovare una casa. L’uso di telefoni cellulari può fare la differenza tra rubare per mangiare o chidere aiuto, così le probabilità di andare in prigione diminuiscono».
Mark Horvath, noto su Twitter come @HardlyNormal, ha fondato un’associazione, Invisible People, che si basa sul concetto di gestione del caso in modo “virtuale”. Infatti mentre la gestione normale di un caso di senza fissa dimora coinvolge gli uffici preposti con visite periodiche e assistenti sociali, attraverso l’uso dei social media, gli homless o le persone in crisi, sono soccorse in qualunque momento, purché abbiano un cellulare. Horvath ha scelto Twitter per la sua missione: trovare, consigliare e aiutare il maggior numero di persone senza fissa dimora «in cinque-dieci anni, la gestione del caso virtuale diventerà un fatto comune, na in questo momento, la gente pensa che io sia pazzo».
Kara Zordel, direttore a San Francisco dell’associazione Progetto Homeless Connect, riconosce che l’approccio di Horvath funziona. Anche lei usa Twitter quotidianamente in una città dove ci sono più di 7.000 persone che vivono in strada . Tutto è iniziato con calze e scarpe «abbiamo così tanti senza tetto con il diabete che hanno il costante bisogno di calzini puliti e scarpe per evitare un ricovero in pronto soccorso, che abbiamo pensato a come le persone, sapendolo, avrebbero potuto fare qualcosa». E grazie all’uso di Twitter il programma ottiene molte donazioni per far fronte a questa urgenza. Uno strumento importante per il successo è l’accesso ai cellulari per i senzatetto. Attraverso il programma Lifeline della Federal Communications Commission, oltre 12 milioni di persone negli Stati Uniti hanno ricevuto un telefono. Iniziato nel 1985 per consentire alle famiglie a basso reddito di possedere un telefono, il programma si è esteso alla distribuzione dei cellulari.
Horvath e Zordel afferma entrambi che l’ingaggio con i cellulari è la chiave per porre fine al vagabondaggio delle persone. «Senza un cellulare, in questo momento, non si può sopravvivere. Dare un cellulare ci permette di avere un contatto con loro ed è il primo passo per porre fine al fenomeno dei senzatetto – dice Zordel – . E non è mai successo che qualcuno abbia perso il cellulare. Mai». Per Zordel, Twitter dà anche la possibilità di collegarsi in rete con organizzazioni non profit, rifugi e altri homless che li possono aiutare nei momenti di bisogno. «Tutti vediamo persone cadute in disgrazia. E quando cominciamo a capire il problema, li vediamo come esseri umani. Quando si sente la voce di una persona, è impossibile distogliere lo sguardo».
“Seduto sul binario, in attesa del prossimo treno, pronto a farla finita. Addio mondo”. Non molto tempo fa non c’era la possibilità di fermare le persone con intenti suicidi che twittano un addio. Dopo aver visto il programma di Horvath su Twitter e il suo lavoro con alcuni dei senzatetto, Anne Marie Bratten, specialista in interventi di crisi e Scott Mills, ufficiale di polizia di Toronto, hanno adottato l’idea per la risposta alle crisi. Lo chiamano Real Time Crisis. Per fare un esempio citiamo il caso di una donna con intenzioni suicide di cui i lavoratori ferroviari si sono accorti e hanno avvisato Bratten su Twitte. Così è stata in grado di connettersi con la donna, sempre via Twitter, per farla recedere dalla sua decisione. La connessione istantanea che offre Twitter è essenziale, ha detto Bratten «ci sono momenti in cui non c’è alcun supporto. Se invece posso collegarmi subito con chi ha bisogno posso mantenere quella persona al sicuro. Impegno e collegamento sono ciò che molte persone – senzatetto, suicidi o comunque bisognose di aiuto – stanno cercando».
«Tutti hanno bisogno di qualcuno con cui parlare – dice Horvath -. Se sei sotto un ponte diventa difficile raggiungerti e molte organizzazioni non profit non hanno la struttura per andare a vedere tutti gli homless ogni giorno. Ma con i social network le connessioni tutto diventa più facile e possibile».
(Fonte: National Desert News – national.deseretnews.com)