Il deficit della compassione
Lo psicologo Paul Piff studia il legame tra ricchezza e comportamento sociale e mostra come le disuguaglianze economiche plasmano e sono plasmate dalla mente.
di Elisabetta Bianchetti
Chi è più incline a mentire, imbrogliare e rubare: il povero o il ricco? Sarebbe più facile pensare che più sei ricco più è probabile che tu agisca in modo equo. Dopo tutto, se ne hai già abbastanza per te stesso, dovrebbe essere semplice per te pensare agli altri. Ma una ricerca suggerisce che è vero il contrario: mentre le persone salgono la scala sociale, i loro sentimenti compassionevoli verso gli altri diminuiscono.
Gli psicologi di Berkeley, Paul Piff e Dacher Keltner, hanno condotto diversi studi per verificare se la classe sociale, misurata da ricchezza, prestigio professionale e dall’istruzione, si preoccupa dei sentimenti degli altri.
Nella ricerca “Wealth and the Inflated Self: Class, Entitlement, and Narcissism”, pubblicata su The Journal of Personality and Social Psychology, lo psicologo Paul K. Piff dimostra che gli individui delle classi superiori tendono ad essere più narcisisti e si sentono più accettati rispetto ai loro coetanei meno abbienti. Gli studi stabiliscono un legame diretto tra classe sociale e aspetti profondi della personalità.
Questo lavoro ha dimostrato, per esempio, che le persone di classe sociale alta hanno maggiori probabilità di comportarsi in modo non etico e sono meno propense a donare ad associazioni non profit.
Questo deficit di compassione – l’incapacità di relazionarsi empaticamente ai bisogni degli altri – forse non è così sorprendente in una società che per decenni ha visto il divario esperienziale tra benestanti e i poveri, e anche classe media, allargarsi significativamente.
Per capire se l’egoismo conduce alla ricchezza (piuttosto che viceversa), Piff ei suoi colleghi hanno condotto uno studio in cui hanno manipolato i sentimenti di classe delle persone. I ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di passare qualche minuto a confrontarsi con le persone che stavano meglio o peggio di loro dal punto di vista finanziario. «Più soldi hai, più alto è lo status, meno minaccioso è per te il mondo», spiega Piff. «Puoi pagare l’affitto o possedere una casa, il tuo lavoro è salvaguardato e il tuo quartiere è più sicuro». Avere tutte queste cose significa che si ha meno bisogno degli altri, il che alla fine porta ad avere la sensazione di non dovere niente a nessuno. Almeno, questa è la teoria. «Un pezzo mancante però era la prova del perché la ricchezza modella il senso di merito di una persona e la sua personalità di base» spiega.
Piff ha studiato questo legame tra ricchezza e auto-stima attraverso una serie di esperimenti su studenti universitari e adulti di diverse condizioni socioeconomiche. La scoperta che persone di alto livello socioeconomico sono più narcisistiche e affermate ha profonde implicazioni politiche. Può spiegare perché i ricchi sono economicamente conservatori, preferiscono aliquote fiscali più basse e sono favorevoli a una riduzione della spesa pubblica. Piff sostiene che questo comportamento è dovuto alla percezione che la ricchezza favorisce un senso di meritare questo status. L’effetto è tale che «le persone povere che sono costrette a sentirsi ricche diventano fiscalmente più conservatrici» in conformità con gli aumenti dei diritti. Allo stesso modo, le persone benestanti che si sentono povere hanno meno diritti e meno conservatorismo fiscale.
Un altro studio “Class and compassion: socioeconomic factors predict responses to suffering” pubblicato da Dacher Keltner e dai suoi colleghi, esamina come la classe sociale influenza i sentimenti di compassione verso le persone che soffrono. Per esempio, i meno abbienti sono quelli che si accorgono di più delle persone che hanno bisogno di aiuto o che pensano che «è importante prendersi cura dei vulnerabili».
Un’ulteriore ricerca “Social Class, Contextualism, and Empathic Accuracy” mostra come gli individui di classe superiore facciano maggior fatica a riconoscere le emozioni degli altri e siano meno propensi a prestare attenzione alle persone con cui interagiscono e si distraggono controllando i loro telefoni cellulari o scarabocchiando “Signs of socioeconomic status: a thin-slicing approach”.
Ma perché la ricchezza e lo status abbassano i nostri sentimenti di compassione per gli altri? Piff e i suoi colleghi sospettano che la risposta possa avere qualcosa a che fare con il fatto che ricchezza e abbondanza ci diano un senso di libertà e indipendenza dagli altri. Meno dobbiamo fare affidamento sugli altri, meno possiamo preoccuparci dei loro sentimenti. Questo ci porta ad essere più auto-focalizzati.
Un’altra ragione ha a che fare con il nostro atteggiamento nei confronti dell’avidità, infatti le persone di classe superiore potrebbero essere più propense ad accettare l’idea che “l’avidità è buona”. E le ricerche confermano proprio che le persone più sono ricche più sono propense a concordare con l’affermazione che l’avidità è giustificata, benefica e moralmente difendibile.