Fare luoghi, fare città: come cambia la partecipazione a Milano
Ogni giorno cittadini, associazioni, organizzazioni del Terzo settore si prendono cura della nostra città. Per rigenerare i territori, tessere relazioni, rendere più belli e più accoglienti gli spazi che vivono. Gruppi informali, social street, organizzazioni di volontariato e associazioni unite dall’intento comune di migliorare la qualità della vita di tutti. E che unendo le forze potrebbero farlo sempre meglio.
L’incontro “Fare luoghi, fare città. Riconosciamo chi trasforma Milano?”, che si è tenuto il 27 marzo a Milano, è stata un’occasione di riflessione su questi temi e un’opportunità per riflettere e dialogare su come, insieme, si può trasformare la città. E’ possibile e auspicabile coinvolgere queste energie in azione collettiva a livello sovralocale? Quale ruolo possono giocare, a tale scopo, le associazioni strutturate? Quali sinergie possibili tra questi mondi? Come facilitarle?
Hanno partecipato all’evento alcuni protagonisti di queste iniziative: cittadini, ricercatori e soggetti che a vario titolo facilitano e supportano le diverse espressioni di cittadinanza attiva. La serata è stata aperta da Lorenzo Lipparini, Assessore a Partecipazione Cittadinanza attiva e Open data del Comune di Milano; Cristina Pasqualini, dell’Università Cattolica di Milano; Emanuele Polizzi, di Innovare per includere. Mentre hanno presentato le oro esperienze: Gabriella Bartolomeo di Spazio Aperto Servizi; Fabio Calarco della Social Street S. Gottardo Meda Montegani; Federica Verona del Super Festival delle Periferie; Valentina Ghetti e Roberta Quirico del Progetto #VAI.
Nella Città metropolitana di Milano, che conta 3 milioni e 234 mila abitanti, sono presenti 241.212 volontari che operano nelle 9.520 istituzioni non profit (dati Istat 2011). Questi dati indicano che il 7,5% della popolazione fa volontariato in un ente non profit. Oltre alla galassia delle organizzazioni di Terzo settore nella città metropolitana sono presenti 87 social street che coinvolgono circa 50mila iscritti ai gruppi Facebook. E circa 70 gruppi informali che nascono in seguito a un’iniziativa o a un “luogo”. Un attivismo che nasce dal basso, da nuovi bisogni emergenti, spesso locale, legato a un bisogno specifico per esempio i gruppi di genitori di una scuola.
A questi numeri andrebbero aggiunti quelli che Istat definisce volontari “individuali”, cioè coloro che svolgono attività gratuite a beneficio di altre persone, della comunità o dell’ambiente per proprio conto, che in Italia sono almeno 3 milioni, molto eterogenei sia per le tipologie di attività, sia per il tempo dedicato.
I dati Istat del 2013 mostrano che la linea di tendenza degli ultimi 15 anni rispetto alla partecipazione civica e al volontariato è stabile o addirittura in crescita, sebbene nel panorama europeo siamo un Paese che ha ancora un basso tasso di adesione ad organizzazioni civiche. Dai dati emerge, inoltre, che chi vive in un capoluogo metropolitano ha meno probabilità di prendere parte alla vita associativa rispetto a chi vive in contesti più piccoli. Ma, al contempo, i contesti urbani sono spesso delle grandi palestre o incubatori di forme diverse o nuove di partecipazione. Ne sono un esempio le social street che, così come altre tipologie di gruppi informali, rappresentano una “nuova espressione di cittadinanza attiva” che testimonia una ricerca di socialità, di relazioni e partecipazione dal basso. Si tratta di forme di attivazione che hanno scelto la via dell’informalità, che rifuggono qualsiasi tipo di istituzionalizzazione (statuto, presidente) e non ricercano una mediazione organizzativa.
«Ciessevi vuole aprire una riflessione – spiega Ivan Nissoli, presidente di Ciessevi – su come il mondo delle associazioni e del Terzo settore possa interloquire con questi cittadini attivi e come cambiare le proposte di volontariato per intercettare anche altri target desiderosi di darsi da fare per il bene della collettività, ma attraverso modalità più fluide e rispondenti ai loro bisogni. La vera sfida, riprendendo le parole di Riccardo Guidi alla conferenza CSVnet dello scorso ottobre, è di incidere sull’80 per cento dei cittadini ancora inattivi. Con questo evento vogliamo aprire una riflessione e aprire la strada a nuove relazioni e connessioni inedite che riconoscano e valorizzino il protagonismo della cittadinanza nella cura della città, nella costruzione di una società più inclusiva e accogliente, nella sperimentazione di forme nuove e innovative per trovare insieme delle risposte ai nuovi bisogni. L’idea è di iniziare un percorso che ci aiuti a ricostruire quella mappa di energie che quotidianamente si attiva, in forme diverse, a favore della città».