“Il Terzo Settore a Bergamo dopo la pandemia: dati, questioni e prospettive”: cosa è emerso dal convegno di mercoledì 15 febbraio 2023
Lo scorso dicembre, a chiusura dell’anno di Bergamo Capitale Italiana del Volontariato 2022, sono stati presentati i risultati della ricerca sul volontariato bergamasco condotta dall’Università degli studi di Bergamo in collaborazione con CSV Bergamo e Provincia di Bergamo per indagare lo stato di salute del Terzo Settore nella provincia. A partire dagli esiti di questa ricerca, i soggetti promotori insieme a SdM – Scuola di Alta Formazione dell’Università degli studi di Bergamo mercoledì 15 febbraio 2023 hanno organizzato un convegno di approfondimento sullo stato dell’arte del Terzo Settore a Bergamo, le criticità emerse e le prospettive future.
Hanno aperto i lavori Cristiana Cattaneo Direttrice di SdM Scuola di Alta Formazione dell’Università degli studi di Bergamo, Oscar Bianchi Presidente di CSV Bergamo e Damiano Amaglio Consigliere delegato all’associazionismo e al volontariato della Provincia di Bergamo. «Nel nostro territorio il volontariato è capace di muovere energie insospettabili. La mappatura è importantissima per capire i fenomeni», è stata la premessa di Cristiana Cattaneo. Il presidente di CSV Bianchi ha, invece, ricordato che «Nell’affrontare le questioni che emergono dalla ricerca CSV resta un punto di riferimento per le associazioni, che possono rivolgersi a noi per essere accompagnate. Abbiamo il compito di rendere il volontariato agente di sviluppo del territorio, fattivo collaboratore delle istituzioni. Non dobbiamo però dimenticarci che la ricerca fotografa il volontariato ‘organizzato’, ma esiste anche quello liquido che a livello nazionale rappresenta il 50% dei volontari attivi: dobbiamo essere capaci di accompagnare anche questi cittadini, affinché possano diventare risorsa anche per il volontariato organizzato». Infine, il consigliere provinciale Amaglio ha sottolineato come «Comprendere come e quanto la pandemia abbia cambiato il volontariato sia un nostro dovere. Tre le parole chiave che hanno condotto questo lavoro: qualità, conoscenza e condivisione. Un percorso che si è andato sommandocon l’avvio del RUNTS che ha aperto un costante scambio tra la Provincia e il territorio, condividendo un patrimonio di relazioni prima ancora che di informazioni. Oggi la Provincia sta svolgendo un compito gravoso, che non sarà una tantum ma un flusso continuo d’ora in avanti: per riuscire a svolgere questo compito dobbiamo lavorare insieme».
Le professoresse Mariafrancesca Sicilia (Docente di Economia Aziendale del Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università degli studi di Bergamo) e Michela Cameletti (Docente di Statistica del Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università degli studi di Bergamo) hanno presentato gli esiti della ricerca sul volontariato bergamasco svolta nella seconda metà del 2022, anno in cui Bergamo è stata Capitale Italiana del Volontariato. La ricerca ha mappato informazioni anagrafiche, pratiche di gestione dei volontari, rapporti con il territorio, questioni economiche, meccanismi di innovazione in atto delle organizzazioni del Terzo Settore bergamasco. Quello che è emerso è che l’età media delle associazioni è di 28 anni (il 50% ha tra 0 e 20 anni di vita e il 17% esiste da almeno 50 anni) e che il 33% delle associazioni opera nel settore della sanità, seguito dall’assistenza sociale con il 30%, dalla cultura con il 17% e dalla protezione civile con il 6%. I volontari che operano all’interno di ogni organizzazione sono in media 22 e le associazioni con più di 50 volontari sono solo il 6% del campione indagato; le associazioni con un numero più alto di volontari sono quelle che operano nei campi della sanità, dell’assistenza sociale e della protezione civile. L’86% delle associazioni coinvolte nell’indagine ha volontari di età compresa tra i 35 e i 70 anni, solo il 6% ha al proprio interno volontari under35 e le docenti hanno sottolineato come questo dato spinga ad una riflessione sul coinvolgimento dei giovani nelle associazioni. L’83% delle associazioni dichiara di avere una figura di riferimento per i volontari, anche se è significato evidenziare che nel caso della protezione civile il 100% delle associazioni ha questa figura di riferimento per i volontari mentre il dato più basso si registra nel settore sportivo (50%). Il 43% delle associazioni fa formazione per i volontari (il 20% non la fa e non intende farla) e anche in questo caso è interessante notare come la quasi totalità delle organizzazioni di protezione civile faccia formazione per i propri volontari. Il 58% delle associazioni attiva regolarmente pratiche di ricerca di nuovi volontari, sempre con una netta prevalenza per le organizzazioni di protezione civile. Per quanto riguarda il dato economico l’82% delle associazioni ha un totale di proventi annui inferiori a 50.000€. I proventi più bassi si hanno per le associazioni che operano nell’ambito della protezione civile; assistenza sociale, sanità e cultura hanno, invece, proventi più alti. Il 63% delle associazioni ha selezionato come destinatario delle proprie azioni la collettività in generale, il 25% famiglie, diversamente abili e anziani. Nel 65% delle associazioni il presidente è uomo, nel 34% donna e per l’1% c’è una codirezione uomo-donna. Nel settore ambiente-animali più della metà delle associazioni ha a capo una donna, mentre nel settore di protezione civile quasi tutte le associazioni hanno un uomo a capo del direttivo. La durata media della presidenza è di 6,6 anni. Le associazioni hanno un numero di soci medio pari a 125 persone, la classe con frequenza più elevata (44%) ha un numero di soci compreso tra 0 e 50 e sono sempre meno le associazioni con numero elevato di soci (solo il 4% ha più di 500 soci); l’età prevalente dei soci è tra i 35 e i 70 anni, solo il 4% delle associazioni ha soci sotto i 35 anni. Per quando riguarda le pratiche di comunicazione il 50% del campione indagato ha un sito web, il 43% delle associazioni non utilizza alcun social network, il 52% usa uno o due social network, solo il 2% ne usa quattro. Il 98% di chi utilizza social usa Facebook, il 53% usa Instagram. Significativo il dato sulle relazioni con il territorio: il 4% delle associazioni non ha avuto alcuna collaborazione con alcun ente, il 29% ha avuto una collaborazione, il 75% delle associazioni ha avuto tra una e tre collaborazioni; il 64% delle associazioni dichiara di aver avuto collaborazioni con enti pubblici locali, il 40% con scuole, università o enti di ricerca, il 40% circa collabora con reti locali. Sul fronte dei finanziamenti circa il 15% delle associazioni ha una sola fonte di finanziamento, le altre ne hanno avute almeno due; la fonte di finanziamento prevalente è quella delle donazioni da parte di cittadini e imprese adottata dal 56% delle associazioni, a seguire contributi da enti pubblici (47%) e solo il 4% delle associazioni ha ricavi da partita IVA. Le associazioni con proventi elevati sono più attive su più fronti di finanziamenti, al contrario di quelle piccole. Infine, la ricerca ha indagato in che misura gli enti misurano la performance, che utilizzo ne fanno e come portano innovazione: il 28% dichiara di non aver apportato nessuna nuova pratica negli ultimi 5 anni, il 50% dichiara di averne praticate tra una e tre; chi ha apportato innovazioni ha ragionato soprattutto su destinatari e utenti, meno sulle pratiche di raccolta fondi. «Questi risultati ci dicono innanzitutto che nelle organizzazioni del Terzo Settore bergamasco c’è una scarsa presenza di giovani e diventa quindi interessante ragionare su come intercettarli – concludono le due docenti -. Allo stesso tempo la ricerca evidenzia come i volontari debbano essere curati, gestiti e valorizzati, anche investendo in formazione e in figure di riferimento. Oltre al coinvolgimento dei giovani, la ricerca evidenzia come aree su cui è importante lavorare la capacità di fare rete e l’irrobustimento della capacità di fare raccolta fondi. Diventa quindi fondamentale identificare le dinamiche di gestione delle organizzazioni per supportare gli enti in percorsi di innovazione che li rendano più capaci di perseguire i propri obiettivi istituzionali». (Clicca qui per scaricare le slide presentate dalle docenti)
Luca Gori, Docente di Diritto Costituzionale della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha poi inquadrato le questioni emerse da questa ricerca all’interno del un panorama nazionale del Terzo Settore alla luce del nuovo assetto che si sta configurando. Gori ha evidenziato come la Riforma stia determinato un cambiamento di scenario perché avendo introdotto per la prima volta una definizione di cosa sia Terzo Settore ha fornito una visibilità sul piano amministrativo ma anche istituzionale e politico che fino ad oggi non era così chiara. «Oggi l’istituzione del RUNTS, che è principalmente un adempimento burocratico, è anche l’occasione per dare un volto al Terzo Settore. È un passaggio epocale, con tutte le difficoltà che può comportare. Sta rivelando dei dati estremamente interessanti, su cui occorrerà fare una riflessione nei prossimi anni: uno dei primi elementi è per esempio l’abbandono delle qualificazioni storiche che le associazioni hanno avuto». Ha spiegato che il RUNTS, con il suo eccessivo carico di adempimenti, sta però mettendo in luce il fatto che gli enti che sono nati con certe qualifiche (quindi si sono configurati come ODV, APS, Onlus) sono stati chiamati a fare una riflessione sulla propria missione e lì si è innescata la domanda su quale sia la vera modalità con la quale la missione si porta: emerge così una netta prevalenza di APS rispetto alle ODV e la significativa presenza della categoria “altri enti del terzo settore”. «In prospettiva si ritiene che questa possa diventare la prima categoria, quando verrà sciolto l’enigma delle Onlus: ci racconta un dato importante del Terzo Settore italiano, ovvero che rivela una serie di modalità ibride nelle quali opera. Opera tramite volontariato ma anche tramite attività di tipo imprenditoriale, di tipo erogativo che non possono essere svolte da ODV o APS. Ci dice che siamo davanti alla registrazione di una trasformazione del modo in cui gli enti del terzo settore operano, che è all’interno della stessa organizzazione diversificato. Le ODV sono una categoria minoritaria e ci si attende che lo sarà sempre di più perché le specifiche per questa tipologia organizzativa sono molto stringenti. Dovremo prepararci a vedere un incremento delle imprese sociali, invece, in particolare nel settore sanitario che dovrà confrontarsi con una disciplina a cui non è abituato. Queste sono le traiettorie di trasformazione che abbiamo davanti». Gori ha anche evidenziato come gli enti del terzo settore abbiano bisogno di misure promozionali e che quelle previste dal CTS non sono sufficienti, ma il quadro delle misure è il combinato delle misure nazionali, regionali e locali e gran parte degli ambiti di operatività sono regionali e locali: riuscire a intercettare le misure di sostegno che ricadono nella competenza degli enti locali diventa così fondamentale come leva di sviluppo. Un ultimo elemento messo in luce da Gori è quello del rapporto con la pubblica amministrazione: dal 2017 al 2023 la dimensione normativa sui rapporti tra Terzo Settore e pubblica amministrazione ha conosciuto un balzo in avanti che non era atteso, le norme sono andate più veloci rispetto a quanto previsto e questo quadro normativo così sfidante chiede di fare passi avanti. «Le pubbliche amministrazioni sono chiamate a dar corpo a queste novità in tutti gli ambiti di interesse generale, che sono molti di più di quelli in cui normalmente si fa amministrazione condivisa; il raggio di azione è estremamente più ampio. Le evidenze sono lo sviluppo di nuove attitudini alla collaborazione orizzontale tra ETS, lo sviluppo di metodologie innovative di rendicontazione e trasparenza perché gli enti diventano protagonisti delle politiche e quindi diventa fondamentale raccontare il contributo che ciascuno ha dato, ma anche forme di organizzazione interna per dimostrare quante risorse ciascuno ha al proprio interno. Nei tavoli di coprogettazione la capacità di ciascuno di inserirsi in una filiera in prospettiva pluriennale può offrire certezze maggiori: questo sta innescando pratiche e innovazioni nell’organizzazione interna che sono molto interessanti, perché chiamano gli enti a diventare coprotagonisti della costruzione delle politiche e degli interventi».
Isabella Spreafico della Direzione Generale Famiglia, solidarietà sociale, disabilità e pari opportunità di Regione Lombardia è poi intervenuta per sottolineare il ruolo della Regione nel processo di rafforzamento e crescita del Terzo Settore: «Negli scorsi anni Regione Lombardia ha erogato risorse a favore degli ETS, sempre sollecitando una forte collaborazione tra enti e la costruzione di partenariati strutturati. Nel 2022 sono state finanziate iniziative progettuali che hanno sostenuto per il 38% degli enti, gli ambiti prevalenti di intervento sono stati minori, prossimità e fragilità. L’investimento principale di Regione è in favore dei minori, sia in termini di progetti che in termini di enti coinvolti. Il territorio bergamasco dimostra una buona capacità di assorbimento delle risorse, tuttavia è un dato incontrovertibile che molte realtà ancora faticano ad accedere e a gestire le risorse pubbliche nonostante le azioni di accompagnamento. Permangono difficoltà e ostacoli nella gestione dei progetti».
Lorenzo Migliorati, Docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi del Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università degli studi di Bergamo, ha offerto uno sguardo sulla questione dei giovani e del ricambio generazionale, evidenziando come la questione dell’appetibilità delle organizzazioni per i più giovani sia un tema emergente. «La motivazione per fare volontariato è una motivazione che è azione razionale orientata al valore: agisco perché credo in un valore e sono orientato da qualcosa che mi abita. Questo orientamento razionale rispetto al valore o allo scopo ci porta alla domanda: posto che i giovani che fanno volontariato sono pochi, come possiamo noi attrarli? Perché i giovani non vedono il volontariato come un mondo con il quale interloquire? C’è un dato di fondo che parte da tutte le forme di partecipazione: siamo reduci da una tornata elettorale dove il 60% delle persone non hanno votato. Perché allora dovrei far parte di un’organizzazione di volontariato». Il docente ha quindi provato ad individuare due ordini di motivazioni che possono far sì che i giovani non si avvicinino al volontariato: le generazioni precedenti sono cresciute in un mondo in cui il dato collettivo aveva un dato esplicito nel definire la traiettoria di ciascuno, mentre le nuove generazioni sono nate in piena globalizzazione e il loro immaginario è completamente diverso, dislocato e disaggregato, mentre l’attività di volontariato richiede per mandato la presenza, la costanza, la partecipazione nel locale e i numeri così si contraggono; l’altra pista è l’idea del restringimento dell’agentività partecipativa, ovvero la risposta alla domanda ‘quale è la molla che fa scattare la voglia di buttarsi dentro? a quali condizioni mi riguarda a me ventenne di oggi la sanità, la cultura, il sociale, il volontariato?’, i ragazzi hanno in mente la crisi climatica e le grandi tendenze globali quindi hanno difficoltà ad entrare in un mondo che parla un linguaggio che loro non comprendono. Un possibile meccanismo per attrarre i giovani potrebbe quindi essere la valorizzazione dell’azione volontaristica e del volontariato come porta di accesso alla professionalizzazione delle persone che vi entrano: chi entra in contatto con le organizzazioni può portarsi a casa qualcosa che possa stare in cima al curriculum. L’altra idea è l’integrazione delle organizzazioni e del volontariato dentro le reti transnazionali ed europee.
A chiudere il convegno è stata la Responsabile dell’articolazione Ufficio RUNTS della Provincia di Bergamo, Lucilla Perego, che ha presentato lo stato dell’arte nella nostra provincia. A poco più di un anno dall’effettiva operatività del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts) introdotto dalla Riforma del Terzo Settore sono 1.253 gli Enti del Terzo Settore (ETS) bergamaschi iscritti a questo registro. A questi se ne aggiungono altri 116 che stanno completando le diverse fasi di istruttoria per potersi iscrivere. Un dato che raffrontato al novembre 2021, prima dell’entrata in vigore del Runts, ci dice che i numeri sono in leggero calo rispetto al passato ma restano comunque significativi: dei 1.336 enti iscritti ai vecchi registri 1.127 sono trasmigrati nel nuovo Registro Unico, 61 hanno ritirato la registrazione per diversi motivi, 70 si sono sciolti o non hanno voluto iscriversi al Runts, 29 non sono stati accettati per mancate integrazioni della documentazione o per termini scaduti, 49 sono ancora in fase di istruttoria. Dall’avvio del nuovo registro sono, inoltre, state presentate 253 nuove domande di iscrizione: 48 sono organizzazioni di volontariato, 120 associazioni di promozione sociale, 82 ETS generici e 3 enti filantropici.