Generare luoghi di vita – Nuove forme dell’abitare: la nostra recensione
Titolo: Generare luoghi di vita – Nuove forme dell’Abitare
Autore: Jonny Dotti e Chiara Nogarotto
Editore: PAOLINE Editoriale
Edizione: 2022
Che cosa significa generare e rigenerare luoghi di vita? Secondo Jonny Dotti e Chiara Nogarotto significa abitare in modo nuovo l’ambiente, sia come territorio che come casa, liberando il desiderio di una reciprocità troppo spesso repressa nelle mura delle nostre tane.
Questo libro, suddiviso in cinque sezioni – realtà, prospettiva, nuove forme dell’abitare, abitare oggi, abitare generativo – nasce dal desiderio comune di un futuro diverso. L’opportunità che abbiamo oggi, e che è stata riaccesa dalla pandemia, è quella di ricordarci che non possiamo farcela da soli.
Poter pensare ad un nuovo modo di abitare la vita, i luoghi, la casa è quello che risulta al momento importante. Riscoprire la nostra condizione di essere persone e la nostra capacità di stringere relazioni sociali. L’autonomia che ci siamo creati risulta spesso come qualcosa che si avvicina di più all’individualismo, mettendo da parte chi va più lentamente degli altri. Questa corsa continua, però, ha bisogno di una direzione e per farlo è importante fermarci e guardarci intorno per poterci orientare. Questo sistema rivela che bisogna trasformare l’inquietudine che ne deriva in desiderio creativo. L’arrivo della pandemia ci ha costretto a fare i conti con la paura, modificando le nostre preoccupazioni. Il sentimento di timore ha cominciato ad essere persistente e ha costretto a rinchiuderci nei nostri appartamenti e a trasformare le nostre connessioni di relazioni tramite strumenti digitali. Questo ha avvantaggiato la facilità di comunicazione lasciando, però, esclusi in molti, sia per ragioni geografiche che sociali. Per intercorrere alla differenza tra community e comunità creatasi, la tecnologia deve tornare ad essere ricondotta a strumento a servizio delle esigenze.
Uno dei fattori principali è che siamo sempre meno giovani, i quali faticano a trovare il loro spazio data la carenza di opportunità a loro rivolte, aumentando la quota dei NEET – ragazzi di fascia di età tra i 15 e i 29 anni che non studia e non lavora. In parallelo, l’Italia risulta essere tra i Paesi europei con una maggiore crescita delle quote di pensionati sul numero di persone in età lavorativa.
Per questo motivo bisogna ripensare al significato di cura, che immagini di condividere i bisogni e poter offrire una risposta trasversale basata sulla relazione, necessaria per affrontare la piaga dell’isolamento, superando il preconcetto secondo il quale l’indifferenza reciproca sarebbe l’unica soluzione per una pacifica coesistenza, riconoscendo il valore della relazione e apprezzando le differenze.
Ad avere l’ambizione di rivoluzionare le politiche in un’ottica comunitaria e partecipativa sono per lo più le istituzioni. Con la pandemia, d’altro canto, molte persone si sono rese più consapevoli dell’importanza di ripensare a forme abitative in termini più relazionali.
È difficile pensare che una comunità possa essere costruita senza una dimensione di prossimità, senza la disponibilità di luoghi che possano offrire lo spazio e le opportunità di far fiorire il legame e coltivarlo. Dotti e Nogarotto parlano di abitare generativo per fare di ogni luogo il posto migliore dove abitare. Una società generativa scommette sul futuro, valorizzando il movimento di desiderio che spinge l’essere umano a collaborare per dare vita a una nuova realtà, capaci di attivare processi di welfare generativo. L’abitare generativo parte dal valorizzare il genius loci dei luoghi, cioè la loro vera natura. Abitare diventa quindi l’opportunità di ridare senso e significato a ciò che è stato scartato, realtà che sono andate deteriorandosi dal punto di vista umano e sociale.
Reimmaginare l’abitare riconnettendo le relazioni può assumere innumerevoli forme. Si tratta di proposte che offrono l’opportunità per la nascita di processi intenzionali di relazione in ogni caso molto forti dal punto di vista generativo.
In conclusione, l’architetta Maria Claudia (Mariola) Peretti esprime la sua visione sulla rigenerazione dell’abitare “la quale non potrà mai coincidere con un’unica formula, standardizzabile e replicabile ovunque uguale a sé stessa, ma piuttosto con la capacità di cogliere in ogni contesto i margini possibili, le differenze e le forze reali della rigenerazione specifica” e condivisa.
a cura di Andrea Rovetta, (Redazione CSV Brescia)