Il lavoro del futuro: la nostra recensione
Titolo: Il lavoro del futuro
Autori/curatori: Luca de Biase
Editore: Codice edizioni
Edizione: 2018
Le grandi e veloci trasformazioni tecnologiche ed organizzative dell’economia propongono numerose incognite riguardo il futuro del lavoro (produttivo e professionale).
Attraverso ricchezza di dati, interviste, testimonianze, analisi il giornalista De Biase approfondisce una inchiesta effettuata nel 2017 per “Il Sole 24 ore”, aiuta a capire il presente e, quindi, a progettare strategie da applicare per il futuro.
Alla crisi congiunturale del modello di crescita iperfinanziario e consumista intervenuta nel 2008 si aggiungono le paure generate dall’avvento dell’intelligenza artificiale, cioè il timore che le macchine siano in procinto di distruggere il lavoro dell’uomo. Sicuramente AI, robotica, sensoristica, piattaforme incideranno sul numero dei posti di lavoro: spariranno e si trasformeranno i mestieri tradizionali (resi obsoleti dalle innovazioni), ma ne nasceranno di nuovi. Cosa certa è che i posti di lavoro aumenteranno là dove si svilupperanno le nuove tecnologie (ad esempio in Italia la perdita di posti di lavoro non è dovuta alla tecnologia, ma alla mancanza di innovazioni tecnologiche).
Non spariranno i lavori, perchè la tecnologia dovrà comunque essere costruita, quanto piuttosto cambierà il lavoro. Si rende quindi necessaria una visione critica e strategica nei confronti del lavoro del futuro: capire, governare e progettare il cambiamento.
Il lavoro meccanico sarà sempre più affidato alle macchine (la cui intelligenza è tuttavia definita dall’intelligenza e dai valori delle persone che le progettano e producono) e gli uomini saranno sempre più interessati al coinvolgimento come valore aggiunto (progetti più che mansioni).
In altri termini l’economia diventa disumana non perchè investe sulle macchine che sostituiscono gli uomini, ma perchè non investe abbastanza sul capitale umano. Tuttavia non si tratta di pensare ad un puro aggiornamento professionale o alla tanto decantata “flessibilità” quanto di riflettere sull’insieme di qualità e abilità che rendono le persone produttive, di ripensare il percorso di istruzione e di formazione che specializzi e nello stesso tempo apra la mente alla consapevolezza del cambiamento, che valorizzi e sviluppi indipendenza di giudizio, autonomia gestionale, rapidità nelle risposte, cooperazione tra squadre di lavoro. Non ci saranno più confini tra discipline tecniche ed umanistiche in un apprendimento che dura tutta la vita. Ma per fare tutto ciò occorre una collaborazione di soggetti pubblici e privati: tra imprese, università, forze socio-politiche.
In tal senso nel volume si alternano capitoli più concettuali (sul piano tecnico e pure filosofico) ad altri basati su esempi concreti tratti anche dall’industria italiana che esperimentano nuove strategie ed azioni concertate tra azienda e sistema territoriale.
Nelle pagine finali l’autore indica tre ambiti per lo sviluppo di mestieri adatti allo scenario economico emergente e basati su:
– conoscenza che genera prodotti e servizi frutto di un’educazione specialistica;
– empatia che tende alla ricerca della qualità della vita (cura delle persone, dell’ambiente);
– adattabilità per accompagnare con formazione e riqualificazione i lavoretti (es. rider) gestiti da piattaforme.
Di contro ad una prospettiva spesso apocalittica del lavoro De Biase offre un quadro in parte ottimista cercando di smontare le paure provocate dall’intelligenza artificiale e nel contempo aiuta a riflettere sul salto culturale che stiamo vivendo: “per pensare al lavoro del futuro occorre imparare a pensare il futuro“.
(a cura di Giuseppina Calzolari, Redazione CSV Brescia)