Evoluzione e rivoluzione: le riflessioni sulla riforma del terzo settore
Dati in crescita, quelli del terzo settore comasco, dal 2011 ad oggi: è l’osservazione, sorprendente per i non addetti ai lavori, con cui Francesca Paini, consigliera interprovinciale Confcooperative Insubria, ha aperto ieri mattina il convegno “La riforma del terzo settore: evoluzione o rivoluzione? Terzo settore, cooperazione, impresa sociale dopo la legge 106/2016” organizzato a Villa Grumello da Confcooperative Insubria, dal Centro di Servizio per il Volontariato dell’Insubria e da Compagnia delle Opere Como. Un incontro che ha voluto porsi come un punto fermo, una bussola di orientamento, in questa fase mediana tra l’approvazione della legge delega 106 nel giugno 2016 e la pubblicazione di tutti i decreti attuativi: doveva essere un momento di transizione, un guado, ma è diventato un limbo, un’attesa indefinita, con il rischio di trasformarsi in palude. «Una buona legge – secondo Paolo Venturi, direttore di AICCON, associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit – perfettibile, certo, ma basata su principi fondanti e con il merito di accompagnare il profondo cambiamento sociale già in atto. Si è data una normativa organica al terzo settore che prima non avevamo». Ma soprattutto permette di rispondere ai bisogni di una parte estesa della società che è vulnerabile, con una povertà relativa in aumento. «Una situazione – continua Venturi – non aggredibile con politiche di welfare tradizionali» perché è l’era questa dei lavoratori poveri, della disuguaglianza dei salari, dei neet, delle donne costrette (ancora) a scegliere tra lavoro e famiglia. Positiva, per la possibilità data di stare nel cambiamento, anche l’opinione di Umberto Zandrini, consigliere di presidenza di Federsolidarietà Lombardia. «Finalmente abbiamo una definizione di volontario trasversale che abbraccia tutte le diverse modalità con le quali oggi si fa volontariato» è uno tra i meriti che Maurizio Ampollini, direttore di CSV Insubria, riconosce alla riforma, insieme a quello di richiedere alle organizzazioni una minima struttura e alla definizione di un registro unico e nazionale degli enti del terzo settore. Osserva Alessandro Mele, direttore generale Cometa, per CDO Como «abbiamo dovuto adottare tanti strumenti diversi per adeguarci alle nuove esigenze di un unico obiettivo: accogliere ed educare i ragazzi. Ora la riforma ci permette di ragionare in un altro modo, per questo è un tentativo coraggioso». Resta, convitato di pietra, l’incompiutezza di quella che potrebbe essere una buona riforma, sempre che venga portata a compimento.
Da “La Provincia di Como” del 1 giugno 2018
autore: Maria Grazia Gispi