L’informazione sociale non è un’isola: l’incontro a “Glocal”
L’informazione sociale nel mondo dei dati, le parole giuste per raccontare il volontariato, le nuove tre “S”: non sesso, sangue e soldi ma sensibilità, sociale e servizio. Questi sono stati i temi al centro di uno dei panel di Glocal, il festival del giornalismo organizzato da Varesenews che si è tenuto a Varese dal 10 al 12 novembre in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, il Consiglio Regionale della Lombardia, Associazione Nazionale Stampa Online e Camera di Commercio di Varese.
Sono stati oltre quaranta gli incontri a ingresso libero con la presenza di oltre cento relatori che hanno dato vita a un festival che ha posto al centro del dibattito il tema dei limiti con autorevoli esponenti del mondo del giornalismo a partire dal presidente dell’ordine lombardo, Riccardo Sorrentino, e firme quali Luca Sofri, Nunzia Vallini, Mario Calabresi, David Puente, Gianni Riotta, Paola Peduzzi, Filippo Sensi, Francesca Milano e Peter Gomez. Accanto a loro, interventi di imprenditori, comunicatori ed esperti di tecnologia.
L’incontro a cura di Csv Insubria
Sabato 12 novembre si è tenuto l’incontro “Ti affido il racconto di una parte della mia vita. Usalo bene – Volontariato e persone nelle parole dei media” organizzato da Csv Insubria. Ospiti sono stati la sociologa Chiara Giaccardi, professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università Cattolica di Milano, e Giulio Sensi giornalista del Corriere della Sera per l’inserto “Buone notizie”, comunicatore sociale e formatore (si occupa della comunicazione per CSVnet).
Le storie di volontariato che coinvolgono operatori e utenti toccano spesso le corde più intime, quei “sacri confini” che segnano un territorio da proteggere. Si tratta di vicende personali spesso segnate da eventi drammatici, e quindi dalla sofferenza, dalla vergogna, dalla preoccupazione per il futuro. Dall’altra parte c’è però il valore positivo – che viene riconosciuto e apprezzato – delle “buone notizie”, visto che quelle storie possono evolvere verso percorsi di rinascita che necessitano di essere raccontati sia perché siano da esempio e modello per operare in modo utile e virtuoso in futuro, sia per ritrovare un messaggio di speranza veicolato dalla voce dei protagonisti di quelle storie.
Quali sono i limiti in queste narrazioni? Quali le parole da maneggiare con cura? Qual è il confine tra diritto di cronaca, valorizzazione di una storia o di una persona e rispetto della sua riservatezza, anche in conseguenza delle ricadute sulla persona stessa o sulla sua famiglia o sulla sua comunità di appartenenza?
Qui il link con una sintesi dell’incontro: ti affido il racconto di una parte della mia vita