Arci e l’emergenza Covid a Cremona, una lettera della presidente Claudia Noci
Riceviamo e pubblichiamo una lettera diramata dall’Arci Cremona e firmata dalla presidente Claudia Noci.
Più volte, in questo ultimo, orrendo periodo, mi sono chiesta se fosse il caso di dire qualcosa come Presidente provinciale di Arci Cremona sulla situazione incredibile che stiamo vivendo. Mi sono domandata continuamente come poter esprimere pensieri e opinioni in modo chiaro e incisivo. Nulla di ripetitivo e retorico. Molti altri prima di me hanno avuto l’energia e la capacità di esporsi e farsi sentire. Io non sono ancora sicura di essere in grado di farlo. Probabilmente perché l’ondata di emozioni dolorose e preoccupanti che ha invaso la nostra città prima di tutti gli altri nel mondo, è stata davvero troppo grande.
Ho sempre ascoltato con attenzione e fiducia ciò che veniva detto e aspettato la luce in fondo al tunnel, che, ancora ora, stenta a farsi vedere. Il mio mondo, l’Arci, il mondo del Terzo settore, non ha esitato un attimo a essere presente nel bisogno e nell’emergenza, con tutta la paura e la preoccupazione del caso. Abbiamo seguito le regole, siamo rimasti chiusi ancor prima che ci venisse imposto dalla legge, per senso di responsabilità e rispetto verso i nostri soci e concittadini. Chiusi sì, ma aperti alle richieste di aiuto che le istituzioni ci hanno rivolto.
A Cremona, come in tutta Italia, l’Arci ha fatto la sua parte insieme a tantissime altre Associazioni di volontariato: abbiamo aperto le nostre sedi come appoggio logistico per lo stoccaggio di alimenti e medicine, i nostri volontari si sono prodigati nell’organizzare soccorsi alimentari e non solo, arrivando dove le amministrazioni locali erano in difficoltà. Abbiamo fatto rete e messo a disposizione solo qui nella nostra città quasi 200 volontari che, con generosità e forza d’animo, hanno davvero fatto la differenza in una situazione che mai nessuno avrebbe immaginato di dover affrontare. Ancora una volta il mio mondo, quello dell’associazionismo, si è dimostrato fondamentale, nella straordinarietà del momento, come lo è anche nella ordinarietà. Nonostante questo, succede sempre che, a livello nazionale, chi viene largamente sostenuto e, talvolta, persino sostituito nel colmare vuoti gravissimi di politica sociale, se ne dimentica appena l’emergenza si placa. Le amministrazioni locali hanno dimostrato di essere vicine e di credere nostro mondo, ma da sole non possono fare molto altro.
Arci c’è stato, c’è e ci sarà sempre perché quello che fa, lo fa pensando che sia la cosa giusta da fare, ma se siamo stati pronti nel momento di difficoltà delle Istituzioni, ora chiediamo a loro di essere presenti nelle nostre difficoltà. Arci ha più di un milione di soci e quasi 5.000 circoli in tutta Italia che da marzo scorso sono chiusi. Affitti e utenze da pagare, stipendi da mantenere, scadenze da rispettare, senza la possibilità di riprendere le proprie attività. Forse ancora troppe persone non sanno che i circoli Arci si autogestiscono e si autofinanziano, pensando invece che chissà chi ci dia supporto economico. Forse ancora troppe persone non vedono l’essenzialità dell’Arci e dei suoi circoli. Noi siamo comunità pensanti, siamo “sensibilità organizzata” come una grande donna ha voluto definirci.
Siamo luoghi sicuri e felici, siamo crescita culturale e sociale per tanti di tutte le età, siamo consolazione e rifugio. Siamo luogo di sperimentazione delle passioni e sogni che a volte diventano pure realtà. Per stare più con i piedi per terra, siamo posti di lavoro e sedi di servizi civili per tanti ragazzi giovani, siamo opportunità professionale per artisti, tecnici e lavoratori dello spettacolo che, da quando è iniziata la pandemia, sono la categoria più colpita a livello economico. Arci è anche officina del pensiero critico dove esperimenti di organizzazione e pratica della democrazia e legalità molto spesso fanno nascere futuri politici o soggetti di rappresentanza. Nei pochi mesi estivi dove solo alcuni circoli hanno potuto riprendere la loro normale attività, ci ha sorpreso vedere in quanti erano felici della nostra riapertura e hanno ricominciato a fare “vita da circolo”. Questo ci ha reso ancora più consapevoli del fatto che ciò di cui ci occupiamo non è secondario o superfluo e nemmeno futile.
Per continuare però abbiamo bisogno di un riconoscimento serio e ufficiale da chi decide come dev’essere il futuro del nostro paese. Invece, ancora oggi, non ci sono ristori, accessi al credito, o almeno tavoli di incontro e discussione che ci possano dare sostegno. Niente o poco più di niente visto che le caratteristiche necessarie per accedere alle pochissime agevolazioni non fanno parte della naturale identità della maggior parte delle Associazioni. Come se le associazioni che danno lavoro a più di un milione di persone, i loro volontari che nemmeno si contano quanti sono e quante cose riescono a fare, risolvendo problematiche umane e sociali grandissime e il loro lavoro di buona cittadinanza, fossero tutte cose non importanti o addirittura scontate. Come se Arci non fosse parte dell’emancipazione del nostro paese dal 1957, dando un contributo grandissimo al consolidamento della democrazia e alla difesa dei diritti sociali e civili dei cittadini. Chiediamo di essere ascoltati e presi in considerazione perché di cose da dire ne abbiamo davvero molte, sempre al servizio e alla difesa del diritto alla felicità. Chiediamo di poter continuare a essere presenti e di aiuto a chi ne ha bisogno, con il giusto riconoscimento. Non possiamo più aspettare.