#NoiVulnerabili: DESBRI, Monza
Confronti con associazioni che sperimentano l’incontro con la vulnerabilità sociale
Nella nostra ricerca sull’incontro tra vulnerabilità sociale e volontariato abbiamo conosciuto l’associazione DESBRI – Verso un Distretto di Economia Solidale Brianza.
“Siamo tutti vulnerabili” ci dice Sara Didoni, socia dell’associazione, mentre risponde alla richiesta di individuare un identikit delle persone vulnerabili che i volontari dell’associazione incontrano e incrociano nelle loro attività.
Si capisce che per loro la vulnerabilità è una condizione comune, condivisa e che appartiene a tutti con diversa intensità. Perché come dice P. Raciti, pedagogista, dottore di ricerca in servizio sociale, “l’uomo per sua natura è un essere vulnerabile, e lo è in modi e gradi diversi.” (da “Le dimensioni della vulnerabilità e la vita buona: un’introduzione ai concetti”).
Per questo motivo i DES – Distretti di Economia Solidale – operano come una rete di soggetti, di persone che si aiutano a vicenda per rispondere alle proprie necessità di scambio e dono di beni, di servizi e informazioni, di vendita e acquisto.
L’espressione “Distretto di economia solidale” è nata il 19 ottobre 2002, quando la Rete italiana di Economia Solidale (RES) si riunì per la prima volta a Verona realizzando una carta di principi, che fu poi presentata pubblicamente a Padova nel maggio 2003. In tale carta si definisce un DES come “una realtà territoriale, economica e sociale che persegue la realizzazione dei seguenti tre principi: cooperazione e reciprocità, valorizzazione del territorio, sostenibilità sociale ed ecologica […] attraverso il metodo della partecipazione attiva dei soggetti alla definizione delle modalità concrete di gestione dei processi economici propri del distretto stesso.”
I DES locali hanno una struttura nazionale di coordinamento, il Tavolo RES, che a sua volta fa riferimento a RIPESS Europa, nodo della Rete Intercontinentale per la Promozione dell’Economia Sociale e Solidale.
L’associazione DESBRI è nata per soddisfare bisogni comuni ai soci fondatori, e le attività messe in campo in quei primi anni hanno premesso il crearsi di un tessuto relazionale basato su queste affinità. Con il tempo la realtà intorno e dentro all’associazione cambia, si trasforma; i soci hanno colto l’occasione per porsi delle domande rispetto alle necessità comuni inizialmente individuate e rispetto ai cambiamenti sociali occorsi nell’ultimo decennio.
Il risultato – e questo nel mondo del volontariato capita più spesso di quello che si creda – è stata la decisione di alzare il tiro, di dare una risposta tutti assieme coinvolgendo altre realtà, sperimentando nuove strade. Assumendo anche il rischio di fallire, ma alla fine riuscendo nell’intento di trovare una strada adeguata ai bisogni.
Per saperne di più: www.desbri.org
[a cura di Silvia Calati e Stefano Farina]
Molte associazioni nelle loro attività di volontariato incontrano il fenomeno sociale della vulnerabilità; questo incontro spesso le porta a modificare le loro azioni sul territorio, e a interrogarsi su come poter affrontare questa nuova realtà.
Per vulnerabilità sociale e materiale “si intende comunemente l’esposizione di alcune fasce di popolazione a situazioni di rischio, inteso come incertezza della propria condizione sociale ed economica” (8mila Census Istat).
È proprio l’intercettazione da parte delle associazioni di persone non “ufficialmente” svantaggiate e/o non in carico a servizi, che ha spinto il CSV, in questo momento storico complesso socialmente ed economicamente, a condurre una piccola indagine sul tema della vulnerabilità sociale nei tre territori di Lecco, Monza e Sondrio.
Come primo passo abbiamo “intervistato” alcune associazioni impegnate sul tema con attività e progetti, per dare una lettura di come il volontariato sta interpretando la vulnerabilità.
In questa rubrica non vogliamo, almeno in prima battuta, dare risposte, piuttosto porre domande, raccontare storie, vissuti, sensazioni e possibili orizzonti.