#NoiVulnerabili: La Seconda Tunica, Merate
Confronti con associazioni che sperimentano l’incontro con la vulnerabilità sociale
Abbiamo incontrato i soci fondatori dell’associazione La Seconda Tunica di Merate, che per le sue attività si ispira alla frase del Vangelo (Lc 3,11), attribuita a Giovanni Battista, “Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto”, con l’intento di mettersi al servizio di persone e famiglie in uno stato di vulnerabilità oppure già scivolate in stato di crisi, creando un filo diretto fra “benefattore” e “bisognoso”.
In questo caso la vulnerabilità economica è affrontata attraverso aiuti diretti (sostegno economico) e indiretti (tirocini lavorativi, corsi di formazione), che hanno l’obiettivo di togliere dalla situazione di vulnerabilità/difficoltà le famiglie, per la maggior parte dei casi, ma anche le persone singole.
Possiamo riassumere i loro punti di forza in queste parole chiave:
Conoscenza e prossimità, come antidoto al senso di vergogna che spesso caratterizza la situazione di vulnerabilità; “in questa esperienza l’anonimato del donatore facilita l’aiuto diretto”, dichiara Giampietro Lunati, presidente dell’associazione: “tante persone sono disponibili verso il prossimo, nel momento in cui riescono a vederne con discrezione le necessità e capiscono che il prossimo è vicino a loro.”
Fiducia e intermediazione, come garanzia per il donatore che l’aiuto sia effettivo, necessario ed efficace; la modalità di agire dell’associazione, infatti, documenta il progetto di aiuto informando il donatore sul divenire della situazione, instaurando un’intermediazione dal basso livello “istituzionale” e più coinvolgente nell’adottare un progetto di sostegno solidale;
Relazione, legame sociale e dono come valori aggiunti al sostegno economico ai fini della costruzione di un tessuto sociale inclusivo.
Andare verso chi è in situazione di vulnerabilità, questo è un altro aspetto interessante su cui si può fare una riflessione: non è chi vive una condizione di possibile crisi che si avvicina all’associazione, ma sono i volontari che vanno a cercarlo. Questo gesto ha un significato simbolico interessante rispetto alla tipologia di persone che si desidera aiutare, perché “i vulnerabili” non sono così visibili, a volte non realizzano di essere in condizione di potenziale fragilità, faticano a chiedere aiuto e a trovare soluzioni. L’avvicinamento può favorire l’attivazione di quelle risorse interne necessarie per uscire dalla situazione di vulnerabilità.
L’avvicinamento può essere un’altra modalità di aggancio.
[a cura di Silvia Calati e Stefano Farina]
Molte associazioni nelle loro attività di volontariato incontrano il fenomeno sociale della vulnerabilità; questo incontro spesso le porta a modificare le loro azioni sul territorio, e a interrogarsi su come poter affrontare questa nuova realtà.
Per vulnerabilità sociale e materiale “si intende comunemente l’esposizione di alcune fasce di popolazione a situazioni di rischio, inteso come incertezza della propria condizione sociale ed economica” (8mila Census Istat).
È proprio l’intercettazione da parte delle associazioni di persone non “ufficialmente” svantaggiate e/o non in carico a servizi, che ha spinto il CSV, in questo momento storico complesso socialmente ed economicamente, a condurre una piccola indagine sul tema della vulnerabilità sociale nei tre territori di Lecco, Monza e Sondrio.
Come primo passo abbiamo “intervistato” alcune associazioni impegnate sul tema con attività e progetti, per dare una lettura di come il volontariato sta interpretando la vulnerabilità.
In questa rubrica non vogliamo, almeno in prima battuta, dare risposte, piuttosto porre domande, raccontare storie, vissuti, sensazioni e possibili orizzonti.
“L’obiettivo di chi affronta il problema dell’esclusione è quello di far entrare le persone in situazione di vita sicura. Ricorrendo a un’immagine si tratta «di far entrare chi sta fuori dal castello dentro le mura del castello». Il problema della vulnerabilità invece è che le persone dentro al castello sono costrette a uscire per procacciarsi il cibo e, uscendo, rischiano di non potervi più rientrare.”
‘Vulnerabilità sociale’, N. Negri, Animazione Sociale agosto/settembre 2006
“Le nostre città sono piene di buone energie. Basterebbe riuscire a coordinarle per stare tutti un po’ meglio. Fuori dalla scuola, per esempio, è un continuo sentire di accordi fra mamme che tentano di semplificarsi la vite aiutandosi reciprocamente. […] Che però, se coinvolgono non solo una ristretta cerchia di amici, ma si aprono alle famiglie più bisognose, possono avere un serio impatto migliorativo sulla vita di tante persone.”
(da un articolo di Stefania Cecchetti su “Il Segno”, aprile 2013)