Costituente del Volontariato: il racconto della terza giornata
Il terzo e ultimo giorno della Costituente del Volontariato, l’appuntamento organizzato a Cascina Triulza da CSVnet Lombardia, si è aperto con l’intervento di Franco Floris (Animazione Sociale). Chiamato a dare il suo contributo sul tema “Ri-animare la comunità, sostenere la società civile a elaborare i cambiamenti”, Floris si è concentrato sulla preziosa e insostituibile forza del cambiamento dal basso, figlio di quei processi che nascono nei micro-contesti tipici di ogni territorio. “C’è volontariato solo se i volontari sono innamorati del loro territorio – ha detto -. E il territorio va trasformato perché sappia poi prendersi cura delle proprie sofferenze e sviluppare felicità per la comunità. In questo senso c’è bisogno di professionalità nel volontariato non meno che di reti istituzionali. Servono operatori informali o formalizzati in maniera leggera per muoversi con agilità dentro i micro-territori. È questa infatti la dimensione più preziosa del volontariato: la capacità di calarsi come rete leggera, competente, collaborativa dentro i mondi della vita quotidiana”.
Secondo la lettura di Floris c’è volontariato dove ci sono gruppi di cittadini volontari che hanno sviluppato anche una efficace lettura della realtà: “Serve dialogo sulla società – ha continuato -, ma questo non basta, serve anche immergersi in un territorio. La progettualità non è quella che nasce a tavolino ma piuttosto quella che si sviluppa qui e ora, dove si prova a tentoni, in ricerca appassionata”. Un modo di agire che finisce per tracciare anche il nuovo profilo di tutti i soggetti organizzati coinvolti: “L’organizzazione che ne emerge diventa una organizzazione partecipata dal sapere di coloro che portano il problema, la domanda e la sofferenza. Servono micro-azioni collettive in forma mutualistica: parliamo di una mutualità allargata e diffusa solo se le reti primarie possono fermarsi, ogni tanto, per estrarre quello che stanno sperimentando nelle azioni, per arrivare a un sapere nuovo e inedito. Tutto questo sapere nascente è la ricchezza vera su cui lavorare”.
Da qui si profila anche la dimensione più propriamente politica del volontariato, perché se è vero che “le esperienze micro-territoriali sono mezzo di cambiamento etico e politico, con cui i cittadini possono allentare le tensioni e non farsi prendere dallo sconforto”, è anche vero che “la politica del territorio è punto di arrivo di un volontariato sensibile alle cause che impediscono ai cittadini di auto-realizzarsi”. Servono allora “alleanze, piattaforme collaborative, ibridazioni fra mondi, serve sedersi al tavolo delle politiche non per chiedere ma per suggerire”.
Alle parole di Floris sono seguite le considerazioni di Claudia Ponti, direttrice di CSVnet Lombardia. Ponti ha rielaborato quanto emerso dai laboratori partecipati dagli staff dei CSV del pomeriggio precedente, per restituire un affresco ampio e organico delle riflessioni scaturite dalla tre giorni di Milano. “Avevamo bisogno di ‘rientrare’ nei territori per capire cosa stesse succedendo, per comprendere come connettere le sperimentazioni locali con le riflessioni in atto”, ha spiegato Ponti approfondendo i motivi alla base della Costituente e facendo riferimento ai laboratori incentrati sulle nuove forme di partecipazione nei territori, sulla costruzione di processi di corresponsabilità e di alleanze nelle comunità locali, e sullo sviluppo della cultura dei diritti in funzione di un cambiamento. La fotografia emersa dai momenti laboratoriali mostra un volontariato chiamato ad agire una funzione politica, ad aprirsi alla collaborazione (pur nella biodiversità), ad attivarsi come parte della governance dei territori in una nuova assunzione di consapevolezza nell’agire e nell’essere accogliente. “Servono però metodi continuativi, per far sì che questi progetti nei territori non siano solo esperienze sporadiche (sperimentate magari proprio durante l’emergenza pandemica). Il volontariato deve superare poi la sola dimensione più legata al ‘fare col buon cuore’. È infatti necessario anche essere consapevoli e saper cogliere i contesti nei quali il volontariato è collocato”, ha detto Ponti. “Questa capacità produce apprendimenti per sé, per l’organizzazione e per il contesto stesso”.
In quest’ottica i CSV lombardi sono oggi chiamati a sostenere un passaggio dalla logica assistenziale a una logica di giustizia sociale, ad allestire spazi di incontro fra soggetti diversi attorno a interessi comuni in cui praticare corresponsabilità, riflessione sull’agire e assunzione dei bisogni sociali emergenti. “I CSV – ha continuato Ponti nella sua sintesi – devono agire una funzione di cucitura tra le nuove forme di partecipazione e quelle più tradizionali, per vincere la polarità, e agire una funzione di cura delle forme di partecipazione, delle esperienze di comunità”. Quali strade si aprono allora per il sistema dei CSV? Quella del lavoro collettivo per leggere le trasformazioni sociali e normative, l’individuazione delle priorità attorno alle quali indirizzare le azioni, la costruzione di orientamenti che nei territori diventano progetti e risposte, e il mantenimento di spazi di riflessione, di luoghi di apprendimento – fra politici e tecnici – attorno a temi cardine.
“Oggi si chiude un percorso ma se ne apre uno nuovo – ha specificato Attilio Rossato, presidente di CSVnet Lombardia -. Quanto discusso in questi anni ci fa aprire un nuovo capitolo. Abbiamo arricchito competenze e conoscenze in questi anni, portando sul territorio molte sfide. Oggi il percorso va ulteriormente allargato. Penso che i CSV siano un soggetto politico, perché governati dalle associazioni: un soggetto che quindi fa politiche sociali attraverso le associazioni e gli operatori. Oggi i CSV si interrogano su come possono riuscire a dare spazio e voce a un nuovo modo di essere Terzo Settore. Fra normative e schematizzazioni rischiamo di perdere ricchezza e spontaneità di tante energie presenti nei territori. Come far emergere e connettere queste forze, pur sapendo che da tale emersione nasceranno conflitti? E come far sì che questi conflitti siano conflitti positivi? Non dimentichiamo che lo stesso sistema dei CSV è a sua volta un laboratorio: vedo giovani e meno giovani in questa sala. Quanto anche al nostro interno siamo in grado di aprire un confronto generazionale?”.
A chiudere la giornata è stata la presidente nazionale di CSVnet Chiara Tommasini: “Ascoltandovi emerge con forza quanto vi sentiate parte di una comunità di pensiero. Questa è stata anche la lezione della pandemia, quando le mascherine nella loro fredda funzione di difesa ci hanno fatto riscoprire cosa significa guardare le persone negli occhi e mettersi in ascolto. Durante l’emergenza volontariato e associazionismo hanno rappresentato il ponte più solido per attraversare le difficoltà delle nostre comunità. Pensarsi oggi parte di una comunità più ampia vuole dire pensare anche a una comunità europea, transnazionale per le sfide che ci aspettano. Io e il direttore Alessandro Seminati stiamo girando l’Italia, incontrando i vari CSV mettendoci attorno a un tavolo e unendo i pensieri. “Consolidare” ed “evolvere” sono stati i verbi che più abbiamo utilizzato. Il sistema nazionale non può più essere da solo, ma deve fare pensiero sistemico sul futuro del paese. Stanno emergendo molti punti da questi incontri, ed è evidente che come CSV siamo in mezzo a una realtà complessa, ma che fa anche meglio comprendere il nostro ruolo fondamentale di connettori delle migliori energie del paese. Occorre costruire una bussola che possa orientare il sistema dei CSV negli anni a venire. Le direzioni ci forniscono non solo la rotta ma anche la ragione stessa del viaggio: creare comunità dentro e fuori i CSV. La nostra società non è abituata a lavorare per essere una comunità di pensiero. Siamo in un mondo molto individualista, serve quindi fare un grande sforzo per riappropriarci della nostra capacità di pensare l’impensabile. Siamo consapevoli che come CSV abbiamo la maturità di fare un salto di qualità, diventando una comunità di pensiero generativo e creativo”.