Italia tra i paesi con meno volontari. E con il più alto “tasso di solitudine”
Dove si fa più volontariato in Europa? Fino ad oggi era molto difficile rispondere con dei dati univoci. Mancava infatti a livello statistico una risorsa capace di restituire i numeri del volontariato in maniera unitaria e coerente, poiché le numerose rilevazioni degli enti di ricerca dei singoli stati si servono spesso di standard e criteri differenti che rendono poco significativa la comparazione dei dati.
Ma l’interesse per il volontariato a livello europeo sta crescendo. Sempre più spesso, ai livelli alti della politica comunitaria, vengono utilizzate parole quali solidarietà, volontariato e cittadinanza attiva. È proprio in questo rinnovato interesse dell’Europa per i temi sociali che si inscrive l’approfondimento che Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, ha dedicato alla “partecipazione sociale” all’interno della sua rilevazione EU-SILC su reddito e condizioni di vita. La fotografia che ne esce non è affatto scontata e fornisce importanti spunti su cui riflettere.
Volontari formali e informali
La rilevazione di Eurostat – che confronta anche i livelli più generali di “cittadinanza attiva” e di utilizzo dei social network con il reddito e il livello culturale – considera riguardo al volontariato due modelli ben noti: quello definito “formale” ovvero inserito in un contesto organizzato, sia esso un ente religioso, un’associazione o un club; e quello “informale”, che si esprime autonomamente attraverso attività gratuite in favore di persone, di animali o dell’ambiente.
I dati Eurostat, riferiti al 2015, dicono anzitutto che in Europa la media delle persone maggiori di 16 anni coinvolte in attività formali di volontariato è del 19,3 per cento sul totale. Ma la ricchezza della pubblicazione è la possibilità di comparare i diversi contesti nazionali. Così, se vogliamo trovare la maggiore percentuale di volontari in Europa dobbiamo andare al nord, in Olanda, per la precisione, dove il 40,3 per cento ha svolto attività di volontariato strutturata in favore degli altri. Nei paesi vicini le percentuali restano alte: Danimarca 38,7 per cento, Lussemburgo 36,7, Svezia 35,5 e Finlandia 34,1.
Italia diciassettesima
Pur con i suoi 5,5 milioni di volontari censiti dall’Istat, nella rilevazione Eurostat l’Italia è quasi in fondo dalla classifica: con un tasso di volontariato formale del 12 per cento si colloca al diciassettesimo posto su 28; ma scende al ventiduesimo se ci riferiamo a chi sceglie di fare volontariato in maniera indipendente, con l’11,4 per cento di cittadini. È interessante notare come per il nostro paese non si registri un significativo scarto tra i due modelli, al contrario di altre nazioni: in Olanda ad esempio la percentuale raddoppia, passando dal 40,3 all’82,5 per cento, così come in Svezia dal 35,5 al 70,4, in Finlandia dal 34,1 al 74,2 per cento o in Polonia dal 13,8 al 54,6 per cento.
Il tasso di volontariato formale comunque resta generalmente inferiore a quello informale (media europea 22,2 per cento), con le due significative eccezioni di Germania e Gran Bretagna, dove i valori sono rispettivamente del 28,6 e 11,4% per cento e del 23,3 e 19,2 per cento.
Non sapere a chi chiedere aiuto
L’Italia un primato lo possiede e non è affatto positivo. Sempre secondo la rivelazione EU-SILC di Eurostat è il paese in Europa con la maggior percentuale di persone che dichiarano di non avere nessuno a cui rivolgersi – che siano parenti, amici, vicini di casa o conoscenti – per chiedere in caso di bisogno un aiuto di tipo morale o materiale. Questo valore, che potremmo denominare “tasso di solitudine”, in Italia tocca il 13,2 per cento a fronte di una media europea del 5,9. Dall’altra parte della classifica, come esempi virtuosi troviamo Finlandia e Repubblica Ceca con 1,9 per cento, e Slovacchia e Svezia rispettivamente 2,1 e 2,7 per cento, seguiti dall’Ungheria e, prime nazioni mediterranee, Cipro e Spagna. Dati che possono sorprendere alla luce del “calore” e dell’ospitalità che la cultura comune attribuisce ai paesi del sud Europa rispetto a quelli del nord. Un argomento, insomma, che meriterebbe un ulteriore investimento nella ricerca. Eurostat nella stessa rilevazione aggiunge comunque ulteriori elementi, mostrando che tra le persone che dichiarano di non sapere a chi chiedere aiuto prevalgono quelle con un basso livello di scolarità e di reddito personale; forte anche il fattore età con una incidenza più alta, tra le persone “sole” di i quelle oltre i 75 anni.
Fonte: www.csvnet.it