L’Agenzia delle entrate su Ires e detassazione per enti non commerciali
l’Agenzia delle entrate si è espressa sulla riduzione dell’Ires e la tassazione degli utili percepiti dagli enti non commerciali con la circolare n. 35 del 28 dicembre 2023.
Per quanto concerne la riduzione del 50% dell’Ires, si tratta del regime agevolato definito dall’art. 6 del dpr 601/1973 diretto esclusivamente ad enti titolari di personalità giuridica che si qualifichino come:
- a) enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza;
- b) istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali;
- c) enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione tra cui si annoverano gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, destinatari dell’agevolazione per i redditi derivanti dalle attività “diverse” da quelle di “religione o di culto”, ancorché commerciali, a condizione che le “attività diverse” siano svolte in maniera non prevalente e siano in rapporto di “strumentalità immediata e diretta” con i fini di “religione o di culto”;
c- bis) Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e loro consorzi nonché enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti Istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione dell’Unione europea in materia di “in house providing” e che siano costituiti e operanti alla data del 31 dicembre 2013.
La disposizione non si applica agli enti iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore, fatta eccezione per gli enti religiosi civilmente riconosciuti, nel qual caso la riduzione si applica limitatamente alle attività diverse da quelle di interesse generale.
È stata inoltre riconosciuta l’applicazione della riduzione Ires anche ai redditi derivanti dal godimento statico-conservativo del patrimonio immobiliare (locazione e/o vendita di immobili), subordinata alla contestuale ricorrenza delle seguenti condizioni:
– si configuri in concreto un mero godimento del patrimonio immobiliare e non lo svolgimento di un’attività commerciale. Al fine di verificare l’assenza di una organizzazione commerciale è necessario che l’ente non impieghi strutture e mezzi organizzati con fini di concorrenzialità sul mercato, ovvero che non si avvalga di altri strumenti propri degli operatori di mercato. Elementi, quali ad esempio la numerosità degli immobili, la durata dei contratti di locazione, le risorse destinate a tale scopo, costituiscono, in via generale, indici rilevanti ma non esaustivi per stabilire l’esistenza dei presupposti ai fini della fruizione dell’agevolazione in argomento;
– i proventi ritratti dalla locazione o dalla vendita siano effettivamente impiegati nelle attività di religione o di culto che devono avvenire prevalentemente a titolo gratuito. Con riferimento alla gratuità delle attività di religione o di culto, l’Agenzia delle entrate rileva che in alcuni casi l’ente potrebbe ricevere contributi, rimborsi spese o quote partecipative (es. quota iscrizione catechismo, quote ricevute per la formazione del clero dei religiosi ecc.) prive del carattere reddituale in quanto non corrisposti/elargiti a titolo di corrispettivo dell’attività istituzionale svolta dall’ente ma l’amministrazione ritiene che in questi casi non venga meno il carattere della gratuità;
– le attività diverse – in relazione alle quali si applica la riduzione dell’imposta – devono essere strumentali all’attività istituzionale agevolabile, in modo che la prima non avrebbe ragione di esistere senza la seconda, ovvero «che l’attività medesima sia “coerente” con il fine perseguito e non sia indifferentemente utilizzabile per il perseguimento di qualsiasi altro fine» (cfr., ex multis: Cass. n. 526 del 14 gennaio 2021; n. 25586 del 13 dicembre 2016; n. 22493 del 2 ottobre 2013). Si annovera come esempio la gestione di una struttura ricettiva riservata ai soli destinatari delle attività religiose e di culto o i proventi derivanti dalla gestione di bar parrocchiali o dell’oratorio, ubicati in locali interni alla struttura dell’ente religioso privi di accesso diretto da strada, aventi finalità di aggregazione sociale in continuità con l’azione di educazione e formazione cristiana; o ancora i proventi derivanti dalla gestione di sale parrocchiali/della comunità nei casi di programmazione a tema religioso o comunque connesso con il fine di religione o di culto.
Le valutazioni sull’applicazione dell’agevolazione al reddito prodotto nel locare immobili si applicano anche agli altri enti senza scopo di lucro di cui all’articolo 6 del dpr 601 del 1973, in relazione alle caratteristiche e ai fini propri di ciascun ente, come nel caso degli enti di assistenza e beneficenza.
In merito invece alla detassazione degli utili percepiti dagli enti non commerciali si rinvia all’articolo 1, commi da 44 a 47, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, ai sensi dei quali
“44. Gli utili percepiti dagli enti non commerciali di cui lettera c) del comma 1 dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o da una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di enti non commerciali, di cui alla lettera d) del comma 1 del medesimo articolo 73, che esercitano, senza scopo di lucro, in via esclusiva o principale, una o più attività di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale nei settori indicati al comma 45, non concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura del 50 per cento a decorrere dall’esercizio in corso al 1° gennaio 2021. Sono esclusi gli utili provenienti da partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’articolo 47 bis, comma 1, del citato testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.
- I settori nell’ambito dei quali devono essere svolte le attività di interesse generale di cui al comma 44 sono i seguenti:
- a) famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, compreso l’acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili;
- b) prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualità; sviluppo locale e edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attività sportiva; prevenzione e recupero delle tossicodipendenze; patologia e disturbi psichici e mentali;
- c) ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualità dell’ambiente;
- d) arte, attività e beni culturali.
- I soggetti di cui al comma 44 destinano l’imposta sul reddito delle società non dovuta in applicazione della disposizione di cui al medesimo comma 44 al finanziamento delle attività di interesse generale ivi indicate, accantonando l’importo non ancora erogato in una riserva indivisibile e non distribuibile per tutta la durata dell’ente.
- Le fondazioni di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, destinano l’imposta sul reddito non dovuta in applicazione della disposizione di cui al comma 44 al finanziamento delle attività di interesse generale ivi indicate, accantonandola, fino all’erogazione, in un apposito fondo destinato all’attività istituzionale”.
Ai fini della fruizione dell’agevolazione l’ente non commerciale deve:
– destinare il risparmio di imposta conseguito (pari al 50% dell’Ires dovuta sugli utili, in un dato periodo di imposta), «al finanziamento» delle «attività di interesse generale» di cui al comma 44, nei settori di cui al comma 45;
– accantonare l’importo che, al termine del periodo di imposta, risulti non ancora “erogato”, in una riserva indivisibile e non distribuibile per tutta la durata dell’ente.
In altri termini, la fruizione della detassazione comporta l’obbligo in capo all’ente di destinare il risparmio d’imposta conseguito nel periodo di imposta (pari alle imposte non pagate sulla metà degli utili percepiti), al finanziamento delle attività di interesse generale nei settori indicati, accantonando l’eventuale importo “non ancora erogato” nell’anno in una riserva indivisibile e non distribuibile per tutta la durata dell’ente, circostanza che deve risultare da apposita delibera dell’organo competente. Dette erogazioni non danno diritto alle altre agevolazioni quali ad esempio, quella di cui all’articolo 1, comma 353 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 o quella di cui all’articolo articolo 83, comma 2, del codice del Terzo settore. Occorre, inoltre, che l’accantonamento a riserva, per l’eventuale importo residuo non utilizzato a fine anno, e l’utilizzo dello stesso risultino puntualmente documentati e rilevati nella contabilità dell’ente, con evidenza della destinazione delle somme alle specifiche attività previste, in coerenza con quanto deliberato dall’organo amministrativo.
Secondo l’Agenzia delle entrate ad oggi è possibile cumulare le due agevolazioni sopra descritte.
Articolo di Francesca Colecchia (Arsea SRL) tratto da Cantiere Terzo Settore