Lavoro Over 40: la disoccupazione colpisce nella fascia 46-55 anni
L’intervallo più probabile per scivolare nella disoccupazione in modo spesso definitivo è compresa fra i 46 e i 55 anni. È uno dei dati che emerge dall’indagine realizzata dall’Associazione Lavoro Over 40, grazie a un finanziamento del Ministero del lavoro. Lo studio è stato realizzato fra i soci, per acquisire informazioni e monitorare la condizione sociale e le caratteristiche della fascia di disoccupazione in età matura.
Visto che i rispondenti attuali avranno a che fare con una soglia pensionabile spostata in avanti di almeno di 4-5 anni, per costoro la fatica del guado potrà durare 5, 10 o forse anche 15 anni. Il 61,52 % dei rispondenti ha da 2 a 5 anni o più di disoccupazione alle spalle (57,57% nel 2013). Si tratta a tutti gli effetti di disoccupazione di lunga durata, che per la sua entità costituisce di fatto un tratto caratterizzante di primo ordine.
I disoccupati non sono tutti provenienti dal lavoro dipendente: coloro che quando hanno perso il lavoro erano alle dipendenze sono l’84,56% mentre i lavoratori autonomi sono il 15,20%. Di questi ultimi, la gran parte (62,90%) è precipitata proprio a causa della crisi se, come dichiarato, all’origine vi è stato un “calo delle commesse”. Per la massima parte si tratta di piccolissime imprese fornitrici, o anche attività individuali, magari legate a pochi e incerti committenti.
Un altro luogo comune da sfatare riguarda le cause che stanno all’origine del licenziamento di chi all’epoca era dipendente. Risulta infatti che la crisi aziendale in senso stretto (chiusura stabilimento, riduzione selettiva del personale) sia stata all’origine del licenziamento solo per la metà dei rispondenti (51,01%). I restanti si può supporre siano portatori di storie genericamente individuali (licenziamento singolo, dimissioni, altro), scarsamente riconducibili a destini collettivi o aziendali. Alcuni casi possono essere storie di precarietà o di marginalità lavorativa cronica.
Gli incentivi volti a favorire consensualmente le dismissioni da lavoro nonché le varie forme di integrazione economica posteriori al licenziamento (assegni di disoccupazione, ecc), sono a vario titolo provvedimenti finalizzati a rendere la pillola meno amara. Ma non tutti ne beneficiano o ne hanno diritto.
Quanti hanno ricevuto incentivi per favorire le dismissioni? Solo il 21,16 % dei disoccupati, al tempo dipendenti, dichiarano di aver goduto di incentivi al licenziamento. Poca cosa, che conferma ancora una volta come l’associazione sembri lo sbocco naturale non per chi viene dalla grande impresa, che gli strumenti per gestire le crisi aziendali li conosce e in genere li usa pure, quanto per chi viene da storie minori, da piccole aziende, da imprese di piccolo cabotaggio.
E quanti hanno usufruito a vario titolo di sussidi posteriori al licenziamento? Solo il 57,3% dichiara di aver avuto accesso a qualche forma di sussidio. E gli altri? Forse un mix di sparute storie vissute ai margini del mercato del lavoro come finte partite IVA poi chiuse o lavoratori in nero o altre forme ancora di precarietà.
Un quadro che diventa più chiaro se si pensa che per entrambe le variabili considerate (sesso e condiziona familiare) le componenti più sfavorite, e che più fanno ricorso all’associazione, sono ancora le donne e i single.
L’indagine si colloca nell’ambito del progetto “Help precipito!” finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali a valere sull’esercizio finanziario 2015, dando un impulso vigoroso a due servizi di rilevanza strategica, su cui da tempo l’associazione è fortemente impegnata: lo “Sportello per l’orientamento dei disoccupati in età matura”, da più anni operativo in diverse Regioni d’Italia, e l’indagine periodica “Lavoro Over 40: la parola ai soci”.