Libera pubblica RimanDATI: Su 1076 comuni destinatari di beni immobili confiscati 670 non pubblicano informazioni sul loro sito internet
I comuni italiani “rimandati” sul livello di trasparenza della ‘filiera” della confisca dei beni mafiosi: su 1076 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati 670 non pubblicano l’elenco sul loro sito internet. Ciò significa che ben il 62% dei comuni è totalmente inadempiente. E di questi, la maggior parte lo fa in maniera parziale e non pienamente rispondente alle indicazioni normative.
Ad annunciarlo è Libera, con un lungo articolo pubblicato sulle pagine del proprio sito per accompagnate la pubblicazione di RimanDATI” il primo Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, primo appuntamento di una serie di iniziative in occasione dell’anniversario dei venticinque anni dall’approvazione della Legge 109/96 che ricorre il 7 marzo.
Su 1.076 comuni monitorati – si legge nell’articolo – ben 670 comuni italiani destinatari di beni immobili confiscati non pubblicano l’elenco sul loro sito internet, così come previsto dalla legge, pari al 62% del totale. Il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia compreso le isole con ben 392 comuni che non pubblicano elenco, segue il Nord Italia con 213 comuni e il Centro con 65 comuni che non pubblicano dati. A livello regionale tra le più “virtuose” coloro che raggiungono o superano il 50% dei comuni che pubblicano elenco registriamo la Basilicata con il 67% dei comuni che pubblicano elenco, Marche con il 60%, Emilia Romagna e Liguria con il 50% dei comuni e Lazio che con il 49% si avvicina di molto. Tra le regioni meno trasparenti segnaliamo Umbria dove solo il 14% dei comuni pubblicano elenco, Trentino Alto Adige (25%), Abruzzo (26%), Sardegna(27%) Toscana e Veneto (31%), Lombardia (32%) Campania (34%).
“Il report – commenta Davide Pati, vicepresidente nazionale di Libera– analizza l’operato dei comuni e ad essi si rivolge: sono loro gli enti più prossimi al territorio e il primo fronte per l’esercizio della cittadinanza; potenziare le loro effettive capacità di restituzione alla collettività del patrimonio sottratto alla criminalità non va inteso solo come l’adempimento di un onere amministrativo, ma come un’opportunità di “buon governo” del territorio. Quando riconsegnati alle autonomie locali, i beni confiscati alle mafie rappresentano una questione eminentemente politica e per deciderne efficacemente il destino occorre favorire forme innovative di organizzazione sociale, economica e istituzionale ispirate ai principi della pubblica utilità e del bene comune. Se questo è vero, ne discende che la conoscibilità e la piena fruibilità dei dati, delle notizie e delle informazioni sui patrimoni confiscati non possono che essere a loro volta considerati elementi di primaria importanza. Ecco – conclude Davide Pati -perché insistiamo nel ritenere che la trasparenza, anche in questo ambito, debba e possa essere considerata anch’essa un bene comune, in ciò confortati dalle previsioni normative del Codice Antimafia, che impongono agli Enti Locali di mettere a disposizione di tutte e di tutti i dati sui beni confiscati trasferiti al loro patrimonio, pubblicandoli in un apposito e specifico elenco. Una previsione ulteriormente rafforzata dalla legge di riforma del Codice, che, nel 2017, ha introdotto la responsabilità dirigenziale in capo ai comuni inadempienti.
RimanDATI è un forte richiamo alla necessità di dare priorità all’azione culturale della trasparenza: chiediamo, infatti, che i beni confiscati diventino sempre di più strumenti di partecipazione democratica e di coesione territoriale. Le esperienze di informazione, formazione ed accompagnamento territoriale hanno reso evidente l’importanza di attivare percorsi di progettazione partecipata e di monitoraggio civico, attraverso il coinvolgimento dei cittadini e delle realtà sociali “