Terzo settore: volontari (5,5 milioni) e dipendenti in crescita costante
Prime riflessioni sulla nuova rilevazione campionaria dell’Istat, che aggiorna per la prima volta il censimento 2011. Le istituzioni non profit sono 336 mila (+11,6); 770 mila volontari e 110 mila dipendenti in più, per oltre metà assorbiti con il boom delle cooperative sociali (+43,2%)
Il terzo settore italiano ha attraversato gli ultimi quindici anni come se la crisi economica non ci fosse stata, crescendo a un tasso annuo costante dal 2001 ad oggi. È il commento più diffuso degli osservatori dopo che l’Istat ha reso noti i dati del “Censimento permanente sulle istituzioni non profit”.
Si tratta del primo risultato della nuova procedura varata dall’Istituto nella raccolta di cifre sui tre grandi settori del paese (imprese, amministrazioni pubbliche e, appunto, non profit): accanto ai censimenti decennali, rilevazioni triennali a campione. Quella presentata il 21 dicembre, in particolare, è stata svolta in collaborazione con altri soggetti tra cui CSVnet, e ha coinvolto un campione di 43 mila organizzazioni del terzo settore. La proiezione dei dati raccolti aggiorna l’ultimo censimento compiuto nel 2011 e racconta ancora di un aumento rilevante di tutti gli indicatori.
Le istituzioni non profit passano da 301 mila a 336 mila (+11,6 per cento), di cui 267 mila con volontari al loro interno (+9,9 per cento).Pressoché immutata la concentrazione delle istituzioni nel settore Cultura, sport e ricreazione (64,9 per cento) e la quota (36,7 per cento, -1,5) di quelle che hanno un orientamento “mutualistico”, cioè svolgono attività a beneficio dei soli soci dell’organizzazione; tutte le altre hanno invece un orientamento di “pubblica utilità”, quindi di carattere solidaristico verso tutta la comunità.
I volontari crescono di ben 770 mila unità (+16,2 per cento), passando da 4 milioni e 758 mila a 5 milioni e 528 mila: sono 911 ogni diecimila abitanti, contro gli 801 del 2011.
I dipendenti passano da 680 mila a 788 mila, con una crescita del 15,8 per cento, e sono concentrati in poco più di un sesto del totale: 55 mila istituzioni. Da sottolineare che questo dato è in forte crescita rispetto al 2011 (+32,2 per cento), forse a testimoniare un allargamento della base di soggetti del non profit che offrono opportunità di lavoro. Da sottolineare che l’Istat in questa prima uscita non ha fornito il numero complessivo dei lavoratori retribuiti (che include anche chi non ha un contratto da dipendente), numero che insieme ad altri sarà oggetto dei prossimi approfondimenti annuali annunciati dai dirigenti dell’Istituto.
Oltre a questi dati generali, l’Istat ha indicato ieri le principali tendenze. Una delle più confortanti riguarda la distribuzione territoriale: mentre permane la predominanza delle istituzioni non profit nelle sette regioni del nord – che raggruppano il 51 per cento delle unità – si rileva una maggiore incidenza del centro, dove si passa dal 21,5 al 22,5 per cento e del sud (dal 16,6 al 17,1). Un segnale, anche se debole, di una distribuzione più omogenea nel paese, a cui hanno contribuito alcuni exploit: come la crescita dei volontari in Campania (+50,1 per cento), in Abruzzo (+46) e Sardegna (+37,2); o come la crescita dei dipendenti ancora in Campania (+53,6), Basilicata (+50,7), Puglia (+28,7), Calabria (+26,2) e Lazio (+24).
Riguardo la tipologia, l’incremento più forte riguarda le cooperative sociali, che passano da 11 mila a 16 mila, segnando un +43,2 per cento in assoluto e passando dal 3,7 al 4,8 per cento sul totale delle istituzioni non profit. Poco meno del 20 per cento di tutto il settore, che fa segnare anche un grande balzo nella quota di dipendenti impiegati: rispetto al 2011 questa quota passa infatti dal 47,1 al 52,8 per cento, assorbendo gran parte della crescita di dipendenti registrata.
Il dato segnalato all’inizio – cioè l’aumento costante di tutti gli indicatori – parla di un tasso annuo che oscilla tra il 2,5 e il 3 per cento e che ha proceduto in modo lineare tra il 2001 e il 2015. Entrando nelle cifre si notano però diverse velocità di crescita: infatti, se nei dieci anni tra il censimento 2001 e quello del 2011 i dipendenti e i volontari erano cresciuti rispettivamente del 39,4 e del 43,5 per cento, nei quattro anni considerati da questa rilevazione queste differenze si riducono in modo sensibile: +15,8 e +16,2. Come detto sopra, diranno i successivi approfondimenti se ciò delinea un non profit che “dà più lavoro”, oppure se si sta assistendo a una stabilizzazione crescente di rapporti di lavoro prima diversamente retribuiti.
L’indagine dell’Istat offre ulteriori elementi sul volontariato. Si osserva ad esempio che i volontari sono sempre concentrati in modo schiacciante nel settore Cultura, sport e ricreazione: ben 3 milioni e 128 persone pari al 56,6 per cento del totale. Tuttavia è proprio qui la variabile più rilevante, perché quella percentuale scende di quasi 3 punti rispetto al 2011 (quando era del 59,5). Lo spostamento dei volontari ha riguardato in particolare i settori dell’Assistenza sociale e protezione civile (+3,5 per cento), della Tutela dei diritti e attività politica (+3,3) e dell’Istruzione e ricerca (+1,2), mentre registra un lieve calo il settore della Sanità (-0,7).
Un altro indicatore interessante sull’evoluzione del volontariato riguarda infine la sua concentrazione per dimensioni: crescono sensibilmente le organizzazioni che dichiarano tra 3 e 9 volontari dal 34,7 al 42,3 per cento), soprattutto a scapito di quelle che ne hanno solo 1 o 2 (dal 14,5 al 7,9 per cento). Forse il segnale di una tendenza, ancora tenue negli effetti, al consolidamento del volontariato italiano.
A questo link la sintesi dell’indagine e le tavole statistiche.
Di seguito i link alle slide utilizzate da Alessandro Faramondi, Manuela Nicosia, Sabina Stoppielloe Stefano Menghinello.
21 dicembre 2017