Lavoro autonomo occasionale: gli ultimi chiarimenti per il non profit
Il decreto fiscale (decreto legge 146 del 2021) ha introdotto l’obbligo, a carico dei committenti, di comunicare preventivamente l’avvio di prestazioni di lavoro autonomo occasionale all’Ispettorato territoriale del lavoro. La disposizione si inserisce in un quadro di disposizioni volte a prevenire l’utilizzo di lavoratori in nero nei luoghi di lavoro. Il tema è stato brevemente illustrato nell’articolo “Lavoro autonomo occasionale: la comunicazione entro il 18 gennaio”.
Per cogliere meglio la portata dell’obbligo introdotto è necessario capire anzitutto a chi è rivolto, quali tipi di prestazioni sono assoggettate all’obbligo in parola e le modalità con le quali è possibile assolverlo.
Con la nota congiunta n. 29 dell’11 gennaio 2022, l’Ispettorato nazionale del lavoro e il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali hanno fornito le prime indicazioni in merito alle modalità operative per effettuare la comunicazione preventiva per le prestazioni di lavoro autonomo occasionale. L’ulteriore nota congiunta n. 109 del 27 gennaio 2022 ha disposto importanti ed auspicati chiarimenti in merito ai soggetti obbligati, con particolare riferimento agli enti non profit.
Chi è soggetto all’obbligo
L’obbligo di comunicazione preventiva a carico dei committenti riguarda i soli committenti che operano in qualità di imprenditori.
La nozione di “imprenditore” è stata, come detto, ulteriormente chiarita da ultimo dalla nota del 27 gennaio 2022, a firma congiunta dell’ufficio legislativo del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociale e dell’Ispettorato nazionale del lavoro, la quale è organizzata sotto forma di domanda e risposta.
Con la Faq numero 1 è stato precisato che gli enti del Terzo settore (Ets) che svolgono solamente attività non commerciale (e che quindi operano con il solo codice fiscale) non devono adempiere all’obbligo di comunicazione in quanto non sono considerati “imprenditori”. Nonostante la Faq ministeriale si riferisca nello specifico agli Ets, la stessa considerazione vale anche per gli altri enti non profit (associazioni, fondazioni, comitati), che non siano enti del Terzo settore ma che parimenti non svolgano alcun tipo di attività commerciale.
La nota quindi distingue tra:
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gli enti non profit che svolgono esclusivamente attività non commerciali (con solo codice fiscale), i quali non devono inviare la comunicazione preventiva in relazione alle attività di lavoro autonomo;
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gli enti non profit che svolgono anche attività commerciali, in via esclusiva, prevalente o anche solamente marginale rispetto a quelle istituzionali: in tali situazioni l’obbligo di comunicazione scatta solo “con riferimento ai lavoratori autonomi occasionali impiegati nell’attività imprenditoriale”. Provando a fare un esempio: se un’associazione organizza un corso di formazione rivolto a terzi a pagamento e il docente è inquadrato come lavoratore autonomo occasionale, l’ente avrà l’obbligo di comunicare all’Ispettorato territoriale del lavoro l’avvio della prestazione poiché la stessa si inserisce in un’attività di tipo commerciale; qualora lo stesso corso, tenuto dallo stesso soggetto, fosse invece svolto in maniera gratuita e senza quindi chiedere nulla ai partecipanti, in quel caso non vi sarebbe l’obbligo per l’ente di comunicare l’avvio della prestazione occasionale.
Si potrà quindi realizzare la fattispecie per cui in capo a un medesimo ente potranno coesistere lavoratori occasionali per i quali è stata fatta la comunicazione preventiva, e lavoratori per i quali non è stata fatta poiché impiegati nell’attività non commerciale.
Quale attività
La nota fa riferimento alle attività rese da lavoratori autonomi occasionali, inquadrabili nella definizione contenuta nell’art. 2222 del Codice civile, ed in particolare colui che “si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”.
La prestazione di lavoro autonomo, per rientrare tra quelle di tipo occasionale, richiede il rispetto di alcuni requisiti legati alla modalità di svolgimento della prestazione:
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Mancanza di continuità e abitualità della prestazione: la definizione di abitualità, non essendo stata chiaramente definita dal Ministero, può essere identificata come un’attività duratura nel tempo, che possa fare presumere non ad una attività sporadica ma prolungata nel tempo. In ogni caso, occorre fare una valutazione ad hoc caso per caso;
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Mancanza di coordinamento della prestazione: affinché vi sia coordinamento occorre che l’attività sia svolta all’interno dell’azienda o nell’ambito del ciclo produttivo del committente.
Qualora la prestazione occasionale perda e/o risultino assenti i suoi requisiti, troveranno applicazione le discipline riguardanti o il lavoro dipendente, qualora sia presente l’elemento della coordinazione, oppure il lavoro autonomo (con partita Iva), per più prestazioni autonome abituali.
La collaborazione occasionale è annoverata, ai fini fiscali, tra i redditi diversi (art. 67, comma 1, lett. l) del Tuir) da assoggettarsi a ritenuta a titolo di acconto del 20%.
In linea generale non è previsto alcun limite al compenso; tuttavia, al superamento di un reddito annuo pari a 5.000 euro, scatta l’obbligo di iscrizione alla gestione separata Inps secondo quanto previsto dalla legge 335/1995.
Al lavoratore occasionale si applicano tutte le tutele previste dal decreto legislativo 81/2008 in tema di salute e sicurezza sul lavoro. Agli stessi non si applica la normativa assistenziale Inail prevista dal dpr 1124/65.
Restano quindi escluse dall’obbligo:
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le collaborazioni coordinate e continuative, comprese quelle etero-organizzate di cui all’art. 2, c.1, del decreto legislativo 81/2015, già soggette a Uilav;
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i rapporti instaurati ai sensi e nelle forme dell’art. 54-bis del decreto legge 50/2017 (cosiddetti ex voucher) già soggetti a precise comunicazioni operative;
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le professioni intellettuali, in quanto oggetto dell’apposita disciplina contenuta nell’art. 2229 del Codice civile ed in genere tutte le attività autonome esercitate in maniera abituale e assoggettate al regime Iva; se tuttavia l’attività effettivamente svolta non corrisponda a quella esercitata in regime Iva, la stessa rientrerà nell’ambito di applicazione della disciplina in esame;
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rapporti di lavoro intermediati da piattaforma digitale.
Tempistiche e modalità di invio della comunicazione
Come indicato nell’articolo “Lavoro autonomo occasionale: la comunicazione entro il 18 gennaio”, vi era tempo fino al 18 gennaio 2022 per sanare alcune situazioni pregresse.
Per le collaborazioni attivate a partire dal 12 gennaio 2022, la comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro va inviata prima dell’avvio della collaborazione con le modalità di seguito indicate.
Dal punto di vista delle modalità, la norma stessa prevede che la comunicazione sia effettuata mediante Sms o posta elettronica, rinviando alle specifiche regole previste per i lavoratori intermittenti dell’art. 15, comma 3, del decreto legislativo 81/2015.
In attesa che il Ministero aggiorni/integri gli applicativi in uso, al fine di consentire una semplificazione degli adempimenti, la comunicazione andrà inviata a mezzo mail ordinaria (non certificata) all’indirizzo di posta elettronica messo a disposizione di ciascun Ispettorato territoriale (in calce alla nota dell’11 gennaio).
L’ispettorato territoriale competente (cioè quello a cui inviare la mail) è “quello del luogo dove si svolge la prestazione” e non è pertanto legato né alla residenza del prestatore, né a quella del committente.
Contenuto
La comunicazione, integrata nel testo della mail, dovrà contenere necessariamente (requisiti minimi):
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i dati del committente e del prestatore;
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il luogo della prestazione (che rileva ai fini dell’individuazione dell’Ispettorato competente);
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una sintetica descrizione dell’attività;
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la data di inizio della prestazione e il presumibile arco temporale entro il quale potrà considerarsi compiuta l’opera o il servizio (ad esempio, 1 giorno, 1 settimana, 1 mese). Nel caso in cui l’opera o il servizio non sia compiuto entro l’arco temporale indicato, sarà necessario effettuare una nuova comunicazione;
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l’ammontare del compenso, qualora risulti definito al momento del conferimento dell’incarico.
Una comunicazione già trasmessa potrà sempre essere annullata o i dati indicati modificati in qualunque momento purché antecedente all’inizio della prestazione.
In assenza di uno o più dei requisiti minimi indicati, la comunicazione sarà considerata omessa. In ogni caso, eventuali errori formali e non sostanziali, cioè che consentano comunque di individuare le parti del rapporto (committente e prestatore), la data e il luogo di svolgimento della prestazione non inficiano la trasmissione della stessa entro i termini e pertanto la comunicazione si ritiene non omessa.
È fatto obbligo ai committenti di conservare copia della comunicazione inviata, poiché non trasmessa a mezzo Pec ma per mail ordinaria, che dovrà essere esibita in caso di accesso da parte del personale ispettivo.
Sanzioni
In caso di omessa o ritardata comunicazione viene applicata una sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per il quale non si è provveduto alla comunicazione prima dell’instaurarsi del rapporto di collaborazione.
Le sanzioni potranno applicarsi anche laddove il rapporto di lavoro si protragga oltre il periodo inizialmente indicato nella comunicazione senza che si sia provveduto ad effettuare una nuova comunicazione.
È prevista anche la sospensione dell’attività imprenditoriale nel caso in cui vi sia un impiego di personale in misura pari o superiore al 10% dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro (ai fini del conteggio risultano compresi anche i lavoratori autonomi occasionali oggetto del presente contributo).
Articolo di Chiara Borghisani, Dottore commercialista esperta di fiscalità di enti non profit, tratto da Cantiere Terzo Settore