Prosegue con un nuovo decreto il percorso della Riforma del Terzo Settore: pubblicato in Gazzetta ufficiale il testo sulle “attività diverse” degli ETS.
La Riforma del Terzo Settore ha introdotto un’importante novità riguardante le attività che un Ente del Terzo Settore può e non può svolgere: la suddivisione di queste attività in “attività di interesse generale” e “attività diverse” (presentate nell’Instant Book n. 10 a cura di Nataniele Gennari). Le “attività di interesse generale” sono quelle che un Ente del Terzo Settore deve svolgere, in via esclusiva o principale, per essere riconosciuto come tale e sono indicate nell’articolo 5 del Decreto Legislativo 117/2017 (Codice del Terzo Settore). Gli Enti del Terzo Settore potranno però svolgere anche “attività diverse”, ovvero non presenti nell’elenco di quelle di interesse generale stabilito dalla normativa (come scritto all’articolo 6 del Codice), se previsto dallo statuto o dall’atto costitutivo e solo in forma secondaria o strumentale a quelle di interesse generale.
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 177 di lunedì 26 luglio 2021 è stato pubblicato il decreto ministeriale (DM n. 107 del 19 maggio 2021 attuativo dell’art. 6 del D.Lgs 117/2017) dedicato alle “attività diverse” degli Enti del Terzo Settore, che ne stabilisce i criteri di strumentalità e secondarietà. Il decreto ha, infatti, definito in modo chiaro che le “attività diverse” da quelle di interesse generale possono svolgersi solo nel caso in cui siano previste dall’atto costitutivo o dallo statuto e che tali attività devono essere secondarie e strumentali rispetto a quelle di interesse generale. Il decreto chiarisce che si considerano strumentali le attività che vengono svolte per supportare, sostenere, promuovere o agevolare il perseguimento delle finalità solidaristiche e di utilità sociale che l’ente si propone: sono quindi considerate una forma di auto-finanziamento dell’ente stesso. Spiega, inoltre, che il carattere secondario è ritenuto tale quando in ciascun esercizio i ricavi delle “attività diverse” non siano superiori al 30% delle entrate complessive oppure al 66% dei costi complessivi dell’ente: questi limiti sono tra loro alternativi, è quindi sufficiente che si verifichi una delle due condizioni, purché il criterio adottato venga esplicitato dall’organo di amministrazione nella Relazione di missione, in un’annotazione al rendiconto per cassa o nella nota integrativa al bilancio. Il superamento di tali soglie potrà determinare l’esclusione dal RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore).