Donna, under 30 e studente: è il volontario dei grandi eventi
La prima ricerca italiana sul volontariato episodico legato a Expo 2015 fotografa sia il profilo di chi partecipa, sia perché lo fa. La molla? La voglia di relazioni
di Elisabetta Bianchetti
Milano, ottobre 2016 – Il volontariato è come un organismo vivente. Cresce, cambia e si modifica in risposta agli stimoli che lo circondano. Cambiamenti nella società, nei modelli di lavoro, nella disponibilità di tempo libero, nelle motivazioni e negli atteggiamenti sulla reciprocità, hanno effetti diretti sul volontariato.
Quando si verificano questi cambiamenti, un nuovo linguaggio emerge per descrivere nuovi modelli di impegno e le organizzazione sono chiamate a riflettere sul perché alcuni si sviluppano mentre altri svaniscono. Secondo le associazioni, che spesso sperimentano queste tendenze prima che siano etichettate e analizzate dagli studiosi, le persone non vogliono rinunciare all’esperienza del volontariato e sempre più ritengono di “assaggiarlo”, considerandolo come un mattone tanto per la propria crescita personale, quanto per il proprio curriculum professionale. Una consapevolezza, dunque, sul ruolo del “fare” volontariato che disegna scenari inediti sui quali siamo chiamati a rispondere.
La studiosa americana Nancy MacDuff ha identificato il volontariato episodico quasi 25 anni fa definendolo come “servizio di breve durata” svolto una volta sola, oppure rivolto a un progetto specifico che si ripresenta ogni anno. Sono tante le organizzazioni di volontariato che hanno registrato, negli ultimi anni, un calo significativo di volontari a lungo termine o stabili, mentre il volontariato episodico è diventato sempre di più un modello di scelta per tutte le età. Non a caso, secondo l’Istat, un cittadino su otto svolge attività gratuite al servizio della società e il 45% di questi si impegna in maniera non organizzata. Numerosi studi confermano come il volontariato segua i grandi cambiamenti sociali. Nel secolo scorso gli individui erano motivati da forti legami sociali che hanno incoraggiato e promosso l’impegno volontario attraverso associazioni religiose o civili con un’attenzione all’azione collettiva. Con il nuovo millennio, la medaglia si è rovesciata facendo prevalere il lato individuale. I volontari oggi chiedono una grande libertà di scelta e assegnazioni limitate con risultati tangibili. Una forma tipica è quella degli eventi culturali e delle manifestazioni sportive. Le ricerche internazionali sinora condotte hanno tuttavia affrontato in modo marginale il rapporto tra i volontari degli eventi e le associazioni.
La ricerca ha individuato due categorie: Experienced (che hanno svolto esperienze di volontariato) e Newcomers (che sono entrati nel mondo del volontariato attraverso l’esperienza di Expo). Il 59% appartiene alla prima categoria e il restante 41% alla seconda.
Tra le manifestazioni italiane di rilievo che hanno riguardato il volontariato episodico, il “Programma Volontari per Expo Milano 2015” ha costituito un caso-studio di notevole interesse. Prima di tutto perché è un vero grande evento – per numeri e spazio temporale -, ma anche perché ha coinvolto la rete dei Centri di servizio per il volontariato e Ciessevi Milano nell’attività di intercettazione, orientamento, matching, motivazione agli aspiranti volontari e poi di supporto ai volontari selezionati sul sito espositivo. Un’esperienza che ha visto numeri imponenti di volontari, notevole visibilità e che ha generato un dibattito significativo dentro e fuori i Centri di servizio e le organizzazioni di volontariato.
Un’occasione unica e irripetibile per osservare i nuovi trend di adesione e per avviare un ripensamento su strumenti e strategie per adeguarsi ai nuovi scenari. In altri termini, il Programma Volontari di Expo è stato un prototipo di “modello” italiano di gestione del volontariato episodico. Ma non solo. La sfida, per chi ha gestito i volontari (CSVnet – Ciessevi), è stata quella di capire come “convertire” i volontari a breve termine di Expo in cittadini attivi non episodicamente, “dopo” e “fuori” Expo. Per rispondere a queste istanze CSVnet e Ciessevi, negli ultimi due anni, hanno promosso una ricerca dalla quale è nato il libro “Volontariato post-moderno. Da Expo Milano 2015 alle nuove forme di impegno sociale” (a cura di Maurizio Ambrosini, pubblicata da Franco Angeli), che ha esaminato i volontari di Expo Milano 2015 e del Padiglione dell’Unione Europea. Nel complesso, ai due programmi si sono iscritti 17.500 candidati e sono stati realizzati 11.700 colloqui.
Sin dalla fase di avvio una delle principali sfide è stata quella di mantenere “agganciati” i volontari fino al momento di entrare in servizio. Un obiettivo non scontato se si considera che dall’invio della candidatura all’inizio del turno poteva passare quasi un anno. Ad ogni step del processo, infatti, un consistente numero di candidati ha lasciato il programma. Alla fine solo un candidato su quattro tra quelli che ha presentato la domanda ha preso effettivamente servizio. Il risultato finale ha portato ad avere 4.975 volontari per il Programma Expo e 822 per il padiglione dell’Unione Europea. Mentre i volontari, che hanno partecipato alla ricerca, sono stati 2.376, il 48% del totale che ha prestato servizio.
Il profilo anagrafico
Analizzando in dettaglio i dati raccolti, per quanto riguarda il profilo anagrafico, la ricerca rileva come le donne siano la maggioranza, il 66%, mentre l’età media è molto giovane, pari a 27 anni e mezzo, e che le fasce d’età più rappresentate sono quelle dai 17 ai 20 anni (28,2%) e 21-23 anni (30,6%). Inoltre la stragrande maggioranza dei volontari è nata in Italia (85%) e risiede nel Nord (72,6%). E le regioni più rappresentate sono: Lombardia (52%), Piemonte (9%), Sicilia (5%) e Veneto (4,5%). Sempre a proposito dell’identikit dei volontari lo studio fa notare che il livello di istruzione è medio-alto. Infatti, la percentuale dei diplomati e laureati è pari al 91,5%. Più nel dettaglio, il 54% è in possesso di un diploma di maturità, il 30,5% di un diploma universitario e il 7% ha un titolo post laurea (master o dottorato di ricerca o scuola di specializzazione). Solo l’8,3% dichiara di possedere la licenza media o di avviamento. Immediato è il collegamento tra istruzione e professione, infatti oltre il 60% dei volontari è studente. La percentuale rimanente si distribuisce tra pensionati o ritirati dal lavoro (7,2%), disoccupati (6,3%), persone in cerca di prima occupazione (5,4%) e lavoratori dipendenti nel settore privato (5,3%). Molto contenuta la presenza di casalinghe (0,5%).
I numeri della ricerca sugli schieramenti politici indicano che il 19% dei volontari si dispone nel centro sinistra, il 10% nella sinistra e l’8,5% nel centro destra. Ma c’è da osservare che più della metà dei volontari non ha fornito una risposta, probabilmente perché non ha trovato una collocazione nelle coalizioni o partiti tradizionali. Infatti il 46% ha espresso un atteggiamento non partecipativo nei confronti della politica, solo il 2,5% si considera politicamente impegnato e il 25,5% si tiene al corrente e vorrebbe poter dare un suo contributo positivo per migliorarla. A ciò si aggiunge un 22% di volontari che dichiara di avere un atteggiamento politico di forte distacco e si colloca o nella categoria “Non la seguo, non mi interessa” (12%) o nella categoria “Mi disgusta” (10%). Riguardo alla partecipazione ai riti della propria religione, il 25% dichiara di seguirli con una certa costanza, di questi il 4% più di una volta alla settimana. Mentre il 38% pratica saltuariamente, per esempio solo in occasioni particolari o per le feste comandate. Il 22% dichiara di non essere credente ma di partecipare per vicinanza umana a riti religiosi come funerali e matrimoni. Infine, il 5% non segue i riti della propria religione. Rispetto a come i volontari sono venuti a conoscenza della possibilità di partecipare a Expo, il 43% lo ha fatto tramite internet, mentre il resto lo ha saputo tramite il cosiddetto “passaparola”.
Volontari experienced e newcomers
Per la stragrande maggioranza, l’85,5%, Expo è stata la prima volta in cui ha svolto un’attività di volontariato per un evento, mentre il 14,5% ha dichiarato di averlo già intrapreso. Inoltre il 45% non ha mai svolto volontariato in forma continuativa e il restante 55% si suddivide tra chi stava svolgendo volontariato in questa forma (25%) e chi l’ha svolto in passato, ma poi l’ha abbandonato (30%). Da questa fotografia emerge come l’evento Expo abbia attirato e coinvolto un complesso ampio e articolato di persone. Tra i volontari ci sono, infatti, non solo persone già attive e inserite nel mondo del volontariato, ma anche persone che, proprio in questa occasione, si sono riavvicinate e reinserite nella galassia del non profit, avendo a suo tempo interrotto un impegno svolto in maniera continuativa. Alcuni, invece, hanno “assaggiato” il volontariato per la prima volta. Sulla base di questi dati la ricerca ha individuato due categorie: Experienced (che hanno svolto esperienze di volontariato) e Newcomers (che sono entrati nel mondo del volontariato attraverso l’esperienza di Expo).
Il 59% appartiene alla prima categoria e il restante 41% alla seconda. Rispetto all’età, emerge che i newcomers appartengono alla fascia 17-20 anni e sono prevalentemente studenti o persone in cerca di prima occupazione, mentre gli experienced appartengono principalmente alla fascia adulta, oltre i 30 anni, sono pensionati, lavoratori in proprio, oppure persone che svolgono il servizio civile.
Le motivazioni a impegnarsi
Capire qual è stata la miccia che ha innescato la partecipazione dei volontari è strategico per il futuro, per offrire altre possibilità di impegno e percorsi di formazione adeguati alle loro motivazioni. Per definire le motivazioni la ricerca ha utilizzato come parametri gli studi di OmotoSnyder sul comportamento volontario che sono sei, riassunte nel box di seguito.
LE FUNZIONI MOTIVAZIONALI
Rispetto alle due tipologie di volontari, gli experienced hanno una motivazione valoriale, sociale e protettiva più elevata rispetto ai newcomers che, invece, sono maggiormente orientati alla possibilità di aumentare le proprie opportunità di ingresso nel mondo del lavoro oppure di sviluppo professionale verso una carriera più elevata. Sono tre le tipologie di profili motivazionali: Diffusi; Imprenditori di se stessi; Promotori della propria crescita. Il primo, quello dei Diffusi, raggruppa il 33,2% dei volontari Expo ed è caratterizzato da persone per le quali il volontariato risponde a tutte le funzioni motivazionali viste prima. Si tratta di cittadini che si sono avvicinati all’impegno sociale per incrementare la propria conoscenza, ma anche per motivazioni valoriali e di accrescimento. Sono incentivati a intraprendere un’attività di volontariato anche perché la rete sociale in cui sono inseriti riconosce e valorizza tale attività. Il secondo, quello degli Imprenditori di se stessi, è il gruppo più numeroso (il 36,6%) rappresentato da persone che vedono nel mondo del volontariato un’occasione di crescita personale anche orientata alla carriera. Infine il terzo, quello dei Promotori della propria crescita, raggruppa il 30,3% dei volontari, motivati ad esprimere valori altruistici anche per una possibilità di crescita personale generalizzata. I volontari di questo profilo presentano bassi livelli di motivazione sociale e protettiva rispetto agli Imprenditori di se stessi ma, al contrario di questi ultimi, presentano bassi valori anche nella funzione carriera.
La ricerca ha individuato due categorie: Experienced (che hanno svolto esperienze di volontariato) e Newcomers (che sono entrati nel mondo del volontariato attraverso l’esperienza di Expo).
Confrontando le due categorie di volontari nei tre profili emerge che il 40,9% dei volontari newcomers è caratterizzato da un profilo motivazionale imprenditoriale; mentre i volontari experienced sono maggiormente orientati alla promozione della loro crescita. Inoltre, i due gruppi si distinguono nell’importanza attribuita alle ragioni «Fare volontariato in Expo mi dà l’occasione di continuare la tradizione del volontariato nel nostro Paese» e «Fare volontariato in Expo è un’occasione per conoscere persone importanti». Infatti, anche se queste due ragioni sono percepite come meno importanti dai volontari di ambedue i gruppi, dalle risposte emerge che continuare la tradizione del volontariato nel proprio Paese è più importante per i volontari experienced, mentre la possibilità di conoscere persone importanti è più tipica dei volontari newcomers.
Quindi il volontariato episodico è determinato sia da motivazioni e ragioni strumentali -accrescere conoscenza, il proprio sé, le competenze lavorative – sia da motivazioni e ragioni prosociali – testimoniare valori e produrre bene collettivo – sia dal desiderio di prestare la propriaopera per eventi specifici a cui si vuol prender parte e di cui si desidera far parte. Riguardo all’eredità del dopo Expo, quelli su cui puntare di più sono i Diffusi, volontari con elevati punteggi in tutte le motivazioni, un terreno fertile su cui investire per le organizzazioni di volontariato. Terreno fertile in quanto il volontariato nelle loro vite risponde a molte funzioni, diviene per eccellenza luogo di costruzione di senso e significato per la vita. Ma anche una sfida perché queste persone richiedono organizzazioni attente e capaci di dare soddisfazione alle loro motivazioni e a mantenerle sempre alte nel tempo. Mentre per gli altri due profili – Imprenditori di sé e Promotori della crescita – presenti soprattutto tra i newcomers, la presenza di valori prosociali si sposa con una centratura su di sé e le proprie competenze. D’altro canto sappiamo da tempo che è proprio il volontario più maturo quello che riconosce alla base della propria azione la presenza della componente di agency (ossia la tendenza ad affermare, espandere e sviluppare il proprio sé) accanto a quella di communio (ossia il desiderio di rendersi utile agli altri).
Sulla base delle risposte sono stati tracciati quattro tipologie di volontari:
- volontari laici: che hanno un livello di fiducia mediamente più basso rispetto ad altri gruppi di volontari e si caratterizzano soprattutto per una bassa fiducia nei confronti delle istituzioni religiose.
- volontari aperti: che hanno i più alti livelli di fiducia interpersonale e nelle varie istituzioni(sia pubbliche, sia private, sia religiose).
- volontari privatisti: che registrano un livello medio di fiducia sommando i diversi ambiti esi caratterizzano per avere alta fiducia nel Terzo settore e alta fiducia interpersonalegeneralizzata, ma si fidano meno delle istituzioni pubbliche e dei partiti.
- volontari diffidenti: che hanno i più bassi livelli di fiducia in tutti gli ambiti indagati.
Dai dati emerge che gli experienced sono caratterizzati da un profilo di fiducia aperto, mentre tra i newcomers c’è una maggiore presenza di persone che si collocano nel profilo di fiducia diffidente. Ma qual è l’identikit dei volontari experienced e newcomers rispetto alla fiducia?
I primi sono, nel 33,3% dei casi, caratterizzati da alta fiducia verso tutti (volontari aperti). In questo gruppo di volontari prevalgono i giovani dai 21 ai 23 anni, residenti al Centro e al Nord, sono interessati alla politica e hanno un’elevata partecipazione religiosa. Il secondo gruppo per dimensione è quello dei volontari privatisti. Tra questi è sovra-rappresentata la fascia d’età matura (oltre i cinquant’anni), il genere maschile, l’area geografica del Sud, l’orientamento politico di destra, accompagnato da un atteggiamento di disgusto nei confronti della politica e da un grado elevato di religiosità. Tra i volontari laici sono sovra-rappresentati i giovani, di sesso femminile, del Nord, di sinistra, politicamente impegnati, con un titolo di studio di scuola superiore e, ovviamente, con un basso livello di religiosità. I volontari newcomers, invece, sono caratterizzati, nel 23,5%, dei casi da una certa diffidenza (volontari diffidenti). Tra questi vi è una sovra-rappresentazione di persone dai 27 ai 50 anni, di donne, residenti al Nord, di destra, ma disgustati dalla politica, con un basso o medio grado di religiosità e con un titolo di studio non particolarmente elevato. Per il 28% sono volontari aperti e tra questi troviamo molti giovani tra i 27 e i 30 anni, del Sud, di centro-sinistra, politicamente impegnati, con un alto grado di religiosità e con un titolo di studio elevato. Per il 26% sono volontari laici contraddistinti dai più giovani, di sinistra, politicamente impegnati, con bassa partecipazione religiosa.
Da questa analisi emerge che l’atteggiamento di fiducia è influenzato anche da altri fattori rispetto all’esperienza di volontariato. Sono probabilmente variabili di tipo culturale come la religiosità, il titolo di studio, l’età, l’orientamento politico, eccetera, che ne influenzano gli orientamenti. Infatti se si confrontano i profili dei volontari laici nei newcomers e negli experienced si rilevano caratteristiche analoghe. Tuttavia tra i volontari aperti, quelli dotati di un maggior grado di fiducia in generale, vi è una sovra-rappresentazione dei giovani, specie tra gli experienced. Ciò induce a pensare che i nuovi volontari (i giovani) coinvolti da una forma di volontariato “innovativa” come quella proposta da Expo non siano sprovvisti degli atteggiamenti prosociali (come la fiducia) che la teoria sociale “tradizionalmente” attribuisce alle organizzazioni del Terzo settore.
Sostanzialmente le nuove forme di volontariato, che sono incarnate prevalentemente dalla popolazione giovanile, non smarriscono il tratto della fiducia. Riguardo all’impegno civico i newcomers sono meno impegnati rispetto agli experienced. Anche in questo caso le persone con precedenti esperienze di volontariato sono anche quelle dotate di una maggiore cultura civile che si traduce in concreti comportamenti di impegno. Esiste quindi un nesso tra l’agire volontario e la cultura civile. Chi ha esperienza di volontariato è guidato da un maggiore atteggiamento di fiducia e dispone di una maggiore cultura civile. Chi invece si affaccia per la prima volta sul mondo del volontariato ha motivazioni più particolaristiche e un minore atteggiamento prosociale. Ciò però non significa che il volontariato postmoderno, spontaneo, episodico, non necessariamente associato, che si sta profilando all’orizzonte sia caratterizzato da atteggiamenti di immunizzazione che impediscono il riprodursi dell’impegno civico, della fiducia e del senso di giustizia sociale. Non è da escludere, infatti, che siano proprio le ripetute esperienze di volontariato episodico e temporaneo a generare cumulativamente la cultura civile dei volontari postmoderni.
Pertanto per rispondere agli interrogativi iniziali possiamo dire che i risultati della ricerca suggeriscono di chiamare in gioco in modo ancor più deciso istituzioni locali, Centri di servizio e organizzazioni solidaristiche al fine di ideare, programmare e realizzare eventi specifici, capaci di mobilitare i volontari episodici, facendo leva sui loro specifici orientamenti. Al tempo stesso i promotori possono confidare di concorrere, attraverso il potere attrattore dell’evento e la capacità generativa dell’esperienza di volontariato, al rafforzamento della cultura civile e del capitale sociale di quei volontari postmoderni che vorranno cogliere l’occasione rappresentata dagli eventi.
Capitale sociale e cultura civile
La ricerca ha cercato inoltre di approfondire anche la dimensione civile e il capitale sociale del volontariato episodico. Per misurare queste dimensioni sono stati utilizzati degli indicatori relativi al grado di fiducia negli individui e nelle istituzioni (capitale sociale), e alle attività di impegno civico (cultura civile). In generale, gli experienced nutrono livelli maggiori di fiducia rispetto ai newcomers. Questo dato conferma l’ipotesi di una relazione tra adesione/partecipazione associativa e “dotazione” di capitale sociale. Il dato non ci dice se sia l’esperienza all’interno dell’organizzazione a generare capitale sociale o se i volontari arrivino all’organizzazione avendo sviluppato altrove un certo grado di fiducia e dunque di capitale sociale. Comunque la distanza tra le due tipologie non è elevata, quindi non si può affermare che il volontariato episodico, in senso stretto, sia un’esperienza che non sviluppa o non attira soggetti dotati di apertura fiduciaria.
Il bilancio del dopo Expo
La ricerca ha raccolto “a caldo”, ossia immediatamente dopo la conclusione del turno di servizio, e “a distanza”, ossia qualche mese dopo, gli effetti dell’esperienza di Expo per i volontari, il livello di soddisfazione e le loro intenzioni future, ma anche le azioni intraprese dopo la conclusione della loro esperienza a Expo. I risultati mostrano che i volontari si dichiarano molto soddisfatti dell’esperienza perché ha incontrato le loro aspettative in misura elevata. La stragrande maggioranza, il 98%, la consiglierebbe ad amici o a parenti. I newcomers si mostrano più soddisfatti rispetto agli experienced. Alti livelli di soddisfazione nei confronti di un’esperienza inducono le persone a ricercare le condizioni che permettono loro di ripeterla. Quindi, rispetto alle intenzioni future era logico aspettarsi una diffusa volontà di continuare a impegnarsi nel mondo del volontariato. Il 96,5%, infatti, dichiara di voler fare volontariato in futuro e il 91,3% ipotizza che un anno dopo Expo sarà ancora impegnato in un qualche servizio volontario. Tra i volontari che hanno espresso l’intenzione di fare volontariato in futuro il 64,4% dichiara di volerlo svolgere soprattutto nella forma episodica.
Gli experienced confermano di voler continuare sia in forma continuativa sia in altre forme, cercando informazioni presso le associazioni o i Centri Servizi per il Volontariato o altri canali. I newcomers privilegiano la forma episodica consultando i siti internet delle associazioni in attesa dell’occasione giusta. Coloro che, invece, hanno risposto di non avere intenzione di fare volontariato in futuro, hanno indicato come elementi problematici principali, il fattore tempo e quello legato all’impegno professionale o formativo. Infine, alcuni hanno evidenziato come il loro essersi accostati al volontariato è stato solo per la straordinarietà dell’evento Expo e il conseguente servizio richiesto. Tra i fattori che inibiscono l’impegno volontario emerge anche il mancato riconoscimento sociale per il servizio svolto, che sembra aver indotto, in un numero esiguo di partecipanti, un senso di sfiducia e delusione nei confronti del “sistema volontariato”. Qualcuno, per esempio, ha dichiarato che l’assenza di remunerazione è la ragione per la quale non ha intenzione di svolgere altre esperienze di volontariato. Infine, al mancato interesse verso il volontariato si aggiungono caratteristiche e atteggiamenti personali come lo scarso interesse, o le esigenze familiari e progetti futuri che condizionano l’ingaggio nel volontariato nell’arco di tempo immediatamente successivo all’esperienza ad Expo.
È bene sottolineare che questi partecipanti, scettici o poco interessati, rappresentano il 3,1% del totale di coloro che hanno partecipato alla ricerca. Le loro considerazioni sono tuttavia utili per mettere a fuoco gli elementi che frenano l’impegno nel volontariato. Tra questi elementi spicca comunque il fattore tempo che riveste un ruolo primario per molti di loro.
Una successiva fase di rilevazione del gradimento dell’esperienza (Follow-up) riconferma il grado di soddisfazione per aver potuto partecipare a un grande evento. Un dato che sottolinea quanto sia stata trascinante questa motivazione. Al secondo posto troviamo la relazione con gli altri volontari. Quindi anche nel volontariato episodico legato agli eventi, il fattore relazionale, che risulta determinante nelle forme di volontariato continuativo, riveste un ruolo importante nella definizione del livello di soddisfazione. Al terzo posto c’è la conoscenza di altre culture, aspetto in linea con la motivazione conoscitiva espressa nella fase di “Pre-esperienza” quale motivazione più importante per le persone che hanno deciso di avvicinarsi e intraprendere questo servizio di volontariato. Al contrario, il fattore “Durata contenuta del servizio”, si trova in terz’ultima posizione e ciò fa supporre che questo fattore abbia un ruolo più incisivo nell’avvicinare all’impegno volontario nel caso di partecipazione a grandi eventi, più che nella valutazione di soddisfazione dell’esperienza nel suo insieme.
Ma quanti hanno partecipato come volontari ad altre iniziative simili a quella di Expo? Il 25,3% dichiara di aver inviato la domanda per partecipare a un altro evento nel ruolo di volontario, mentre il 16,9% di aver già partecipato come volontario in uno o più eventi. Quindi oltre un quarto si è concretamente mosso per realizzare l’intenzione espressa in precedenza. Riguardo al mantenimento delle relazioni tra volontari nei mesi successivi al termine dell’esperienza è emerso che il 90% lo ha fatto. Le modalità più utilizzate sono nell’ordine WhatsApp (61,4%) e i Social Network (39%).
Rispetto invece allo sviluppo personale civico quanto i volontari hanno percepito di aver “guadagnato” dalla loro esperienza? Per sviluppo personale si intende il sentirsi più socievoli, più maturi e responsabili, più felici, più fortunati, più capaci di comprendere gli altri e i bisogni delle persone in difficoltà. Lo sviluppo civico invece fa riferimento a una maggiore percezione di sé come cittadino del mondo, alla sensazione di conoscere più da vicino culture diverse e all’essersi (ri)avvicinati al mondo del volontariato. La crescita in termini di identità nazionale è espressa dal sentirsi cittadino italiano ed esserne orgoglioso. Dall’analisi dei dati emerge che l’esperienza di volontario ad Expo ha favorito lo sviluppo personale e civico, ha avuto effetti sul di identità nazionale, ma poco impatto nel miglioramento delle relazioni familiari, amicali e comunitarie, nel riavvicinamento all’impegno politico e religioso, e nel coinvolgimento nella propria comunità.
Sei profili di volontari da cui ripartire
Sulla base delle esperienze di volontariato avviate nel dopo Expo sono stati individuati sei gruppi di volontari:
- volontari multiforme: volontari che hanno iniziato una nuova attività di volontariatodiversa dalle precedenti e da quella relativa a grandi eventi;
- volontari non stop: volontari che hanno continuato l’attività di volontariato chesvolgevano in precedenza, sia che fosse di volontariato continuativo, episodico o in altreforme;
- volontari in stand by: volontari che non hanno cercato nuove attività di volontariatoperché temporaneamente impossibilitati a svolgerle, ma che dichiarano che le cercheranno più avanti;
- volontari looking around: volontari che hanno cercato una nuova attività di volontariato,ma non l’hanno ancora trovata;
- volontari latenti: volontari che non hanno svolto attività di volontariato e non la stannocercando per motivi diversi (mancanza di tempo o di interesse);
- volontari non interessati: volontari che non si sono più impegnati nel volontariato e nonstanno cercando alcuna opportunità perché non interessati.
I volontari multiforme e looking around sono quelli più interessanti per poter individuare elementi e suggerimenti necessari a capitalizzare l’esperienza di volontariato a Expo Milano 2015. Volontari multiforme. La stragrande maggioranza di questi volontari – che costituiscono il 21,8% del campione – si è avvicinata a Expo con una o più esperienze di volontariato alle spalle, ma solo il 20,5% lo aveva svolto in eventi. È il gruppo con il livello di impegno civico più frequente e con numerosi volontari di oltre 50 anni. Hanno intenzione di far volontariato in futuro ed esprimono una soddisfazione medio-alta dell’esperienza fatta ad Expo. Inoltre evidenziano un alto interesse per tutti i tipi di eventi, di qualsiasi portata (internazionale, nazionale e locale). Volontari looking around. Corrispondono al 9,48% del campione, hanno espresso il desiderio di continuare a fare volontariato dopo Expo, lo hanno cercato, ma non lo hanno ancora trovato. Il 50% è costituito da giovani tra i 18 e i 23 anni. Si suddividono equamente tra newcomers ed experienced. Sono il gruppo che ha la percentuale più alta di profilo motivazionale orientato alla carriera (Imprenditori di se stessi); per quanto riguarda il profilo di fiducia, prevale il protocollo Diffidenti (35,7%) e hanno impegno civico con livello “basso”. Hanno invece cercato informazioni principalmente attraverso internet o i social network; la maggioranza cerca attività di volontariato in forma episodica che implichi un servizio non continuativo e per brevi periodi.
Ricadute operative
La ricerca evidenzia alcuni elementi utili per capire le strategie di avvicinamento e di mantenimento di nuovi volontari. In particolare emerge che ci sono nuovi ambiti, rispetto a quelli tradizionali, che intercettano le motivazioni, atteggiamenti e stili di vita del “volontario per eventi”. Un motivo di attrazione è l’attaccamento al proprio territorio e la volontà di fare qualcosa di utile per esso. Ma è anche vero che il grande evento ha rinnovato negli ex-volontari la voglia di rimettersi in gioco. Al tempo stesso, per i nuovi volontari si è configurato come primo step di avvicinamento al mondo del non profit. In termini di reperimento, aggancio e formazione dei volontari, i profili motivazionali, così come i profili derivanti dagli esiti dell’esperienza Expo, offrono tante informazioni ed indicazioni. In primo luogo, ancora una volta, i dati di ricerca mettono in guardia dal trattare i volontari come un blocco monolitico: non cogliere questo elemento significa perdere la ricchezza del mondo del volontariato, mortificarne le risorse e non valorizzarne la differenza e la creatività. In secondo luogo, i dati ci dicono che i messaggi per promuovere la partecipazione delle persone devono essere diversificati per poter “parlare” alle diverse sensibilità e configurazioni motivazionali consentendo a ciascuno di “dar voce” ai propri desideri e alle proprie aspirazioni.
È così che le persone possono sentirsi parte dei progetti in cui sono coinvolte, appassionarsi ad essi, mettere in gioco le proprie competenze e capacità, assumere le proprie responsabilità personali e sociali. In ultimo, anche i processi formativi devono essere differenziati per rispondere alle agende delle diverse persone. Occorre sviluppare uno sguardo attento, che consenta di cogliere il mutamento motivazionale nell’arco del tempo e tra le persone. In sintesi, il volontariato per grandi eventi, e più in generale il volontariato episodico, è una forma di volontariato che attira persone e, proprio per questo motivo, si propone quale forma che incontra e soddisfa il desiderio di essere volontario attraverso lo svolgimento di un servizio che non sovverte la quotidianità. In contrapposizione a un’attività di volontariato continuativa che di per sé richiede un impegno più costante nel tempo e “più goccia a goccia”, la possibilità di un coinvolgimento anche totale, di una full-immersion nell’evento coinvolge ed entusiasma, perché fa sentire comunque il volontario tale, seppur per un tempo definito, perché permette di vivere l’esperienza in modo pieno. Il volontariato episodico, quindi, non si pone in contrapposizione alle forme di volontariato tradizionale, ma come una modalità che, affiancandosi a queste forme, può allargare l’impegno e la cittadinanza attiva a tante altre persone.
Tabella riassuntiva: differenze tra volontariato “moderno” e volontariato “post-moderno”
Volontariato “moderno” | Volontariato “post-moderno” | |
---|---|---|
Modalità partecipative | Strutturate | Occasionali |
Intensità dell’impegno | Costante e diluito nel tempo, di solito con cadenze fisse | Flessibile, spesso concentrato in singoli eventi |
Formalizzazione | Si, mediante l’adesione ad associazioni | Limitata al minimo, senza implicazioni organizzative |
Forme di protagonismo | Duplici: nel servizio verso l’esterno e nell’assunzione di ruoli associativi | Rivolto soltanto al servizio verso l’esterno |
Appartenenza | Identità marcate, spesso connesse a matrici culturali e ideologiche | Identità deboli, partecipazione svincolata da appartenenze definite |
Adesione | Favorita da legami sociali e appartenenze | Auto-promossa, spesso con modalità indirette o virtuali (internet) |