Cara Europa, le lettere aperte delle associazioni
Abbiamo raccolto una serie di lettere aperte scritte dalle associazioni non profit. Missive indirizzate ai parlamentari di Strasburgo che dal 27 maggio cominceranno la nona legislatura.
Obiettivo? Adottare misure utili, necessarie e sufficienti a sciogliere nodi oppure a migliorare ambiti di impegno quotidiano del volontariato Italia e in Europa.
NUOVE GENERAZIONI
European Youth Forum
Disagio giovanile, l’Ue rafforzi
il Corpo europeo di solidarietà
Il volontariato rappresenta una delle espressioni più visibili della solidarietà che noi possiamo esprimere in qualità di singoli individui e di comunità. Questo zelo nel mettere a disposizione il proprio tempo, le proprie energie, le proprie conoscenze e competenze, a cadenza regolare, o persino ogni giorno, è un concetto familiare a tanti giovani. Infatti, per le organizzazioni giovanili, la cultura della solidarietà è così connaturata a ciò che ci spinge sempre avanti che è quasi impossibile parlare dell’una senza parlare anche dell’altra. Tuttavia, nonostante il potere e l’impatto del non profit siano sotto gli occhi di tutti nella nostra società, i diritti e la tutela dei volontari stessi sono spesso molto meno visibili. Di qui la domanda: l’Unione europea sta davvero facendo abbastanza affinché tutti i giovani abbiano la possibilità di accedere e impegnarsi in un volontariato di qualità in Europa? Purtroppo, sappiamo che molti giovani affrontano un’ampia serie di ostacoli nel momento in cui cercano di entrare in contatto con le opportunità del volontariato. La Carta europea sui diritti e le responsabilità dei volontari, messa a punto nell’ambito del Forum Europeo della Gioventù 2014, afferma che l’accesso alle opportunità di volontariato e cittadinanza attiva sono “diritti, non privilegi”, Tuttavia, in numerosi Paesi dell’Europa il non profit, le organizzazioni di volontariato e i volontari stessi non possono contare su una solida cornice legale che protegga i loro diritti e le loro responsabilità. In molti altri Paesi c’è, da parte delle istituzioni dello Stato, una mancanza di riconoscimento del non profit come rotta per lo sviluppo personale e professionale di una persona.
Senza ombra di dubbio, l’Unione europea gioca un ruolo di primo piano nel modificare questa realtà. Recentemente, a livello europeo, il volontariato è stato al centro dei riflettori grazie al lancio del Corpo europeo di solidarietà, un’iniziativa promossa dalla stessa Ue per offrire ai giovani opportunità di lavoro e volontariato nel proprio Paese o all’estero. Come avevano già dimostrato i preesistenti programmi Gioventù in azione e Erasmus+, il volontariato è un potente strumento nelle mani dell’Ue per sviluppare il senso di identità europea, la cittadinanza attiva, il contributo al bene pubblico, così come migliorare il capitale sociale e umano.
Il Corpo europeo di solidarietà è anche un’ottima opportunità per ripensare il Servizio di volontariato europeo, incrementare i suoi successi e assicurare che sempre più giovani, in particolare quelli provenienti da contesti difficili e svantaggiati, abbiano accesso ad esperienze di volontariato di qualità in Europa. Affinché il Corpo europeo di solidarietà possa ottenere davvero i suoi successi, l’Unione europea deve sapere integrare questo programma in una più ampia strategia per coltivare un terreno fertile in cui la solidarietà in Europa possa prosperare. La neonata strategia Ue per la gioventù può assumere un ruolo determinante nel far germogliare questo terreno. Essa evidenzia l’importanza di programmi come Erasmus+ e Corpo europeo di solidarietà nel garantire alle organizzazioni le risorse necessarie per fornire ai giovani coinvolti opportunità di lavoro nel settore del non profit. Ma questi sforzi possono essere ulteriormente intensificati. Abbiamo bisogno di una cornice legale adeguata, in grado di identificare diritti e responsabilità per i volontari e il volontariato su scala europea. Con un nuovo Parlamento europeo e una nuova Commissione europea che si stagliano all’orizzonte, questa esigenza deve restare una priorità. Il mondo della solidarietà continuerà a ispirare molti altri giovani nelle generazioni che verranno. Assicuriamoci che il loro diritto a farsi ispirare sia riconosciuto e tutelato.
Carina Autengruber, presidente
SOLIDARIETÀ
Forum Terzo Settore
Lotta alla povertà e inclusione
è ora di uno scatto in avanti
Il Forum del Terzo settore sostiene e chiede un’Europa più democratica e solidale, che promuova la cittadinanza, la cultura della solidarietà, della pace, della giustizia sociale e dell’interculturalità. L’ “Europa che vogliamo” è un luogo di diritti, cultura, innovazione che deve rispettare gli impegni su alcune aree prioritarie. Rafforzamento e valorizzazione dell’economia sociale, che deve essere messa al centro del welfare e delle politiche attive per combattere l’esclusione sociale e la disoccupazione, per la costruzione di un modello di sviluppo sostenibile e inclusivo, capace di valorizzare le persone, la comunità e l’ambiente, di ridurre le disuguaglianze, di accrescere la coesione sociale.
Lotta alla povertà e alle diseguaglianze, mettendo in atto azioni strutturali di contrasto alla povertà capaci di ridurre nel breve, e soprattutto nel lungo termine, l’esclusione sociale delle perso- ne e delle famiglie. L’avviamento di processi di empowerment e di sviluppo del capitale umano per la riattivazione sociale e occupazionale di tutti i cittadini e le cittadine europee: giovani, donne, persone con disabilità. Promozione della cittadinanza europea e della partecipazione attiva dei cittadini. Raggiungimento degli impegni presi su tutti i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dettati dall’Agenda 2030 sottoscritta nel 2015 dai 193 Paesi Onu, dalla lotta alla povertà, alle priorità ambientali, dalle politiche occupazionali, alla riduzione del divario generazionale e di genere Riesame delle politiche sull’immigrazione e dei fenomeni migratori, che permetta di uscire da una gestione emergenziale ed approdare ad una di sistema che integri i diversi aspetti di gestione ordinaria: dalle politiche di cooperazione allo sviluppo, alle attività di soccorso e di prima accoglienza, ai percorsi strutturati d’inclusione e di integrazione. Questo è un tema attuale e cruciale per il nostro futuro, che deve essere affrontato con una visione complessiva di rilancio sociale, economico e culturale e con un approccio coerente con il quadro degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
CONCILIAZIONE E PARI OPPORTUNITÀ
Associazione Irene Milano
Lavoro-famiglia, per le partite Iva
occorrono più benefici di welfare
La Commissione europea, nell’aprile 2017, aveva proposto una direttiva relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per integrare con nuovi e migliorati diritti la qualità della vita per le donne e per gli uomini. La proposta dopo un travagliato percorso ha visto finalmente un passo avanti infatti lo scorso 24 gennaio Parlamento europeo e Consiglio dei ministri hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla proposta di direttiva. Nel quadro del Pilastro europeo dei diritti sociali, la proposta di direttiva rappresenta un rilancio (“New Start”) da parte della Commissione di misure in grado di concretizzare la prospettiva di accrescere le opportunità di scelta su come conciliare la vita professionale e quella familiare rivolte alle famiglie e ai prestatori di assistenza. Lo scopo principale che si pone la Commissione è “colmare il divario di genere nei livelli di occupazione”.
L’Associazione Irene, sulla base delle esperienze e dei risultati raggiunti con i progetti di conciliazione realizzati sul territorio di Città metropolitana di Milano ritiene che il tema della conciliazione vita-lavoro rappresenti un campo di sperimentazione degli interventi di innovazione sociale e che in tal senso l’attenzione alla questione femminile vada integrata nella più ampia prospettiva di sviluppo della crescita inclusiva. Cosa chiedere dunque all’Europa? Chiediamo di sostenere e promuovere una politica inclusiva innovativa, che non dimentichi o sfumi la specificità femminile e che sia rivolta alle micro imprese e alle lavoratrici e ai lavoratori autonomi e titolari di partite Iva che, attualmente, non godono dei benefici di welfare già previsti per lavoratrici e lavoratori dipendenti.
La prossima legislatura europea dovrà accogliere la sfida lanciata con il Pilastro europeo dei diritti sociali di sviluppare, anche attraverso il confronto e lo scambio a livello europeo tra istituzioni, imprese e enti del Terzo settore, il concetto di Welfare di conciliazione e delle pari opportunità. Il prossimo Parlamento europeo varerà il nuovo Fondo sociale europeo che per il 2021-2027 dovrebbe essere lo strumento finanziario chiave per dare attuazione concreta ad interventi mirati alla attuazione di pratiche di welfare di conciliazione nel mondo del lavoro e pratiche di inserimento del Lavoro Agile per una nuova organizzazione del lavoro.
Gabriella Merlo, presidente
DIRITTI UMANI
Associazione Antigone
Carceri: necessarie più tutele
per le condizioni dei detenuti
Sono imminenti le elezioni europee e in questo contesto si dibattono una serie di temi importanti per il futuro dell’Unione tra cui immigrazione, sicurezza, lavoro e sviluppo, temi che sono in primo piano rispetto ad altri. L’ Associazione Antigone si occupa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale, un tema che può non essere considerato cruciale ma che è determinante perché la privazione della libertà è un banco di prova su cui si misura la capacità delle istituzioni di garantire l’effettività dello stato di diritto anche nelle situazioni più difficili. Negli ultimi anni la Commissione europea ha promosso con forza i diritti di imputati e arrestati, con particolare attenzione alla primissima fase di privazione della libertà, quella che va dall’arresto (o dal fermo) all’udienza di convalida. Lo ha fatto mettendo a punto e in parte applicando la tabella di marcia di Stoccolma, un insieme di direttive per rafforzare tali diritti. Non meno importante è stata la necessità di rassicurare i cittadini sul fatto che l’Ue proteggerà e garantirà i loro diritti di ricevere processo equo.
Il progetto Inside Police Custody realizzato con il contributo della DG Giustizia e Consumatori dell’Unione europea a cui Antigone ha preso parte, ci ha permesso di svolgere una ricerca per misurare l’applicazione di queste norme previste dalla roadmap di Stoccolma. Ne è emerso un quadro poco edificante per le mancanze a recepire adeguatamente alcune disposizioni. Inoltre le misure adottate e il loro effetto nella pratica variano considerevolmente, ma i Paesi che destano maggiore preoccupazione, per quanto riguarda il recepimento delle direttive, sono la Bulgaria e la Romania.
Per chi come noi opera nel campo dei diritti, l’Unione europea è il principale alleato sulla tutela dei diritti procedurali nei procedimenti penali e dei detenuti, un categoria vulnerabile e poco protetta. Il cammino intrapreso fin qui per colmare il deficit democratico che è presente in alcuni Paesi europei ha fatto prevalere una cultura giuridica liberale. E questo è un stato un grosso passo in avanti. Fatto questo, chiediamo alla Commissione europea, al Consiglio e al Parlamento di continuare su questa strada affinché le direttive concordate nella road map di Stoccolma siano attuate efficacemente dagli Stati membri. La portata delle protezioni previste non può essere pienamente realizzata senza l’adozione e l’attuazione di altre direttive riguardo ai diritti delle persone già condannate. Manca uno stesso percorso rispetto alle condizioni carcerarie.
Il Parlamento europeo con la risoluzione di ottobre 2017 ha espresso una raccomandazione in cui ha invitato gli Stati membri ad adottare una Carta europea sulle carceri. Serve maggior coraggio. Con le elezioni di maggio chiediamo all’assemblea di Strasburgo di mantenere lo slancio sulla strada intrapresa per migliorare le condizioni di detenzione in alcuni Stati membri, il sovraffollamento e i maltrattamenti. Invitiamo a dare la priorità alle alternative alla detenzione per quanto possibile e chiediamo che si presti un’attenzione particolare ai detenuti vulnerabili e ai bisogni specifici delle donne, specialmente durante la gravidanza. L’Unione europea del dopo elezioni dovrà prendere posizione riguardo alle condizioni carcerarie che coinvolgono i cittadini europei e non solo verso un per- corso di inclusione nella società. Invitiamo pertanto la Commissione, il Consiglio e il Parlamento a garantire che la protezione dei diritti continui a essere una caratteristica fondamentale della nuova legislazione.
Claudio Paterniti Martello
TURISMO, ARTE E CULTURA
Touring Club Italiano
Mediterraneo, mare di tesori
da promuovere e custodire
Non dobbiamo considerare il Mar Mediterraneo solo come una rotta solcata dalle imbarcazioni dei migranti in fuga da un Sud del mondo martoriato da guerre e povertà. Non dobbiamo vederlo solo come una “via” verso la speranza di una vita migliore per migliaia di persone ogni anno. Così come il Mediterraneo non è giusto che finisca sui circuiti mediatici solamente come un teatro di tragedie umanitarie. Né tantomeno se ne parli solo come terreno di scontro politico tra i partiti, oppure fra il nostro governo e le istituzioni di Bruxelles. L’Unione europea deve guardare a quello che per gli antichi romani era il “Mare Nostrum” come la culla e il cuore della nostra civiltà. E per nostra, intendiamo dire europea. E, proprio in quanto tale, il Mar Mediterraneo è una miniera di tesori di arte, storia e cultura da tutelare e promuovere per un turismo consapevole e sostenibile a livello continentale.
Noi del Touring club siamo da anni impegnati in questa sfida, bella e difficile. E approfittando di queste elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, chiediamo proprio all’assemblea di Strasburgo di non essere lasciati sol in futuro nella salvaguardia di questo inestimabile patrimonio che testimonia le nostre radici con l’immensità dei suoi gioielli. Che è bene non dimenticarlo, in questi tempi, sono stati e sono tuttora un simbolo di intercultura, di integrazione e di dialogo fra i popoli nel corso dei secoli. Hanno ragione i due principali studiosi di questo mare, Fernand Braudel e Predrag Matvejevic, i quali sostengono che la bellezza e la seduzione del Mediterrano siano il frutto delle sue continue contaminazioni culturali.
Non a caso i numeri riguardanti i flussi turistici confermano che questo mare sia il bacino più attrattivo al mondo. E l’Italia, che ne è al centro, sia nell’asse Nord-Sud che in quello Est-Ovest, non può e non deve essere più lasciata sola dall’Europa.
Sulle orme della mission del Touring, delle nostre “Bandiere Arancioni” e delle nostre attività di volontariato di “Aperti per voi”, anche l’Ue deve darsi da fare per incentivare la scoperta delle bellezze artistico-paesaggistiche meno note e frequentate; per salvaguardare il patrimonio di storia, arte, cultura e natura dell’Italia e degli altri Paesi che vi si specchiano; per educare il turista alla insostituibilità delle risorse e all’importanza di tutelarle per le generazioni future; per una fruizione corretta e responsabile; per conoscere Paesi e culture, diffondendo uno spirito di reciproca comprensione e rispetto fra i popoli.
Ci piacerebbe inoltre che l’Ue capisse un punto che riteniamo cruciale: valorizzare il Mar Mediterraneo significa occuparsi della lotta all’inquinamento (soprattutto della plastica), della protezione delle spiagge, del risparmio di suolo del paesaggio.
Ambiente, dunque, con un occhio di riguardo ai cambiamenti climatici e alla salute ecologica di fauna e flora. Ma non solo: an che archeologia, cibo, agricoltura e architettura. E la lista potrebbe allungarsi a dismisura.
Come Touring club abbiamo scelto di essere un attore del sistema Italia che, attraverso il turismo, vuol far sì che questo Paese sia più attrattivo, più competitivo e più accogliente. Quindi, noi siamo tra quelli che si prendono cura dell’Italia e del Mar Mediterraneo per il bene comune. E auspichiamo che questo “bene comune” sia conosciuto e valorizzato in tutta Europa anche grazie all’impegno dell’Unione europea.
Franco Iseppi, presidente
DISABILITÀ
FISH Lombardia
Treni, bus e aerei senza barriere
Cellulari ad hoc per i non vedenti
Prima di rivolgere un appello al futuro Parlamento Europeo su che cosa fare, forse è bene volgere lo sguardo al passato. Perché soltanto ripercorrendo quanto è stato fatto si coglie pienamente quanta ancora rimanere da compiere se tagliare il traguardo di una vera parità dei diritti per le persone con disabilità. Torniamo allora al 1993. L’allora Consiglio europeo dei ministri dell’Industria stabilì il “programma d’azione comunitario Helios II in favore dei minorati” demandando la sua applicazione alla Commissione delle Comunità europee e volto alla “promozione della parità di opportunità e dell’integrazione dei minorati nell’ambito della Comunità europea”. In questo programma tre organi consultivi collaborarono con la Commissione europea ed uno di questi era il Forum europeo dei minorati (nella versione inglese “per i disabili”).
Al di là del linguaggio tipico del momento storico, quello fu l’inizio della storia del movimento delle persone con disabilità europeo che tanto ha influito sulle istituzioni europee affinché ponessero come obiettivo politico il miglioramento della vita quotidiana dei cittadini europei con disabilità. Dobbiamo arriva- re al 1997 quando questo primo nucleo di persone si organizzò e costituirono ufficialmente il Forum Europeo della Disabilità (EDF). Oggi l’EDF è una piattaforma unica e indipendente in Europa con un ruolo attivo verso le istituzioni europee e verso i suoi responsabili politici nella protezione e difesa dei diritti del le persone con disabilità. Il suo obiettivo è quello di influenzare la legislazione dell’Unione europea, in quanto ogni decisione e iniziativa di quest’ultima ha un impatto diretto su tutti gli ambiti della vita quotidiana dei cittadini europei con disabilità.
Da allora e a seguito di un continuo ed intenso lavoro a livello nazionale ed europeo, l’EDF ha seguito le innumerevoli iniziative e decisioni legislative delle istituzioni europee, le quali hanno cambiato e continueranno a cambiare la vita delle persone con disabilità in Europa.
Tuttavia il cammino è ancora lungo, se si vuole che le città europee offrano trasporti pubblici accessibili alle persone con mobilità ridotta, migliorando la loro capacità di spostarsi in autonomia. Così come è necessario ottenere che datori di lavoro applichino le procedure di assunzione del personale su basi paritarie e adatti- no il luogo di lavoro alle necessità delle persone con disabilità assunte. Senza dimenticare che una persona con disabilità può avviare un’azione legale contro il datore di lavoro che l’abbia discriminata durante le procedure di assunzione o durante il periodo di formazione. Inoltre è indispensabile che prodotti e i servizi di tecnologia per l’informazione e la comunicazione (cellulari, personal computer e software) siano accessibili alle persone cieche o ipovedenti; altrettanto le persone con disabilità hanno il diritto di beneficiare di servizi di assistenza di qualità quando viaggiano in aereo, in treno e sui bus. E ancora: nelle gare di assegnazione degli appalti pubblici per la fornitura di prodotti o servizi, le autorità devono verificare che tali forniture rispettino i requisiti di accessibilità per le persone con disabilità; e i fondi europei destinati alle aree regionali e locali devono finanziare progetti che rispettino i principi di non discriminazione e di piena accessibilità per le persone con disabilità.
Quelle sintetizzate qui sopra, sono solamente alcune delle sfide che ancora attendono l’assemblea di Strasburgo, se vogliamo che le pari opportunità non rimangano una chimera, ma si facciamo passi in avanti concreti in questa direzione. E se vogliamo davvero abbattere le barriere in un’Europa veramente integrata e inclusiva per tutti i suoi cittadini.
Luisa Bosisio Fazzi, Consigliere
GIOVANI ED EUROPA
Forum Nazionale dei Giovani
Investire in scelte coraggiose
per valorizzare gli under 30
Sognare il futuro non è mai stato così difficile per tanti giovani europei. Probabilmente, l’incertezza ha divorato intere generazioni e le domande che ancora oggi continuiamo a porci sono sempre state quelle a cui è tanto difficile e complicato rispondere. Eppure, a quelle risposte, spesso, è dato tutto ciò in cui crediamo, e in esse convivono i desideri e le speranze di quello che vorremmo diventare e realizzare e che stride, invece, profondamente con le condizioni che quotidianamente viviamo.
Oggi è difficile definire una vera e propria identità europea, perché l’acquisizione di un diritto non basta a definire un’identità. Sappiamo quanto i background, storici e culturali, di ogni singolo Paese influenzino fortemente la singola percezione dell’Europa e la personale relazione con essa. Il punto però non è livellare i background, al contrario, è necessario cercare di capire come possano coesistere il senso d’appartenenza primario dello Stato in cui nasciamo e cresciamo, e quello secondario, che è figlio di una più razionale percezione civica del nostro essere Europa.
Per noi che abbiamo imparato molto presto i benefici di un’Europa unita, che non riusciamo a immaginare quanto possa realmente essere complesso vivere in un agglomerato di Stati, tutte le conquiste che abbiamo già raggiunto oggi sono solo un punto di partenza. Eppure, negli ultimi anni abbiamo assistito al dominio di un individualismo sfrenato che ha rotto i legami, soprattutto sociali, tra i singoli Paesi.
Non amo particolarmente le statistiche. Siamo bombardati quotidianamente da dati e percentuali, e cresce la possibilità di un’assuefazione ai numeri che rischia di celare una realtà fatta invece di persone. Concordo, quindi, che la possibilità di la- sciare sullo sfondo il problema di un’intera generazione sia molto accreditata nel nostro Paese. Pretendere di spostare la discussione nel futuro è un esercizio di rimando che però è destinato prima o poi a scontrarsi con la realtà. O decidiamo di affrontare con urgenza l’emergenza europea, o i costi in termini sociali, economici, democratici, saranno talmente alti che difficilmente poi potremo fare qualcosa.
Invertire questa tendenza è però uno sforzo che non può escludere nessuno: le istituzioni europee, le agenzie formative, il mondo del Terzo settore e della politica, le famiglie; siamo tutti chiamati a prendere in carico il futuro delle giovani generazioni. Non si tratta di fare scelte giovanilistiche o di assolvere a un obbligo morale nei confronti di una generazione. La scommessa che insieme siamo chiamati a vincere è quella di costruire le basi per lo sviluppo di questa Europa, che non può non passare dalla crescita di chi dovrà governarla e abitarla.
E, a differenza del passato, le generazioni dei ventenni e dei trentenni oggi non sono vittime, come spesso si pensa, dell’assenza di diritti, ma dell’evidente deficit di opportunità. Spesso chiediamo maggiori diritti rifacendoci all’ideologia dei nostri padri, in realtà dovremmo invocare maggiori opportunità guardando al futuro. È, per questo, terribilmente necessario creare un piano europeo straordinario a favore dei giovani per offrire opportunità di lavoro e di crescita professionale, che diano ai talenti la possibilità di rischiare e di innovare in uno spazio ampio e plurale.
Da questo punto di vista, un ruolo positivo è stato svolto dai new media che veicolano conoscenze e idee che si sviluppano e si rinforzano a livello globale, che diventano spesso laboratorio culturale e che stanno dando spazio al disagio di quei soggetti sociali la cui voce è stata soffocata per troppo tempo: i giovani appunto. D’altronde le giovani generazioni sono minoranza in Europa non solo in termini numerici; la nostra è una condizione che però può farsi profetica, generativa. A tal proposito, tante sono state le sollecitazioni che, in questa direzione, abbiamo rivolto anche in ambito europeo. In occasione del Consiglio europeo del 2012, con il Forum Europeo dei Giovani, abbiamo scritto una lettera al premier Monti e a tutti i capi di Stato dell’Unione europea, per chiedere a gran voce, a nome di 96 milioni di giovani europei, scelte coraggiose e investimenti per il futuro delle nuove generazioni. Anche in vista del vertice di Bratislava dell’autunno scorso, insieme agli altri Consigli nazionali dei giovani d’Europa, abbiamo inviato ai governi un documento con un accorato appello per una maggiore attenzione alla partecipazione dei giovani alle decisioni politico-economiche. D’altro canto, come potrebbe questa Europa affrontare le sfide future senza includere e rendere partecipi alla vita democratica intere generazioni? Quella che nel 2000 il Trattato di Lisbona ha definito “la società della conoscenza” è divenuta velocemente “economia della conoscenza”. L’innovazione digitale e tecnologica, unita alla forte connessione transnazionale delle economie, ha comportato una rivoluzione organizzativa di ogni processo.
Oggi viviamo un tempo difficile in cui, appunto, disillusione e individualismo sembrano dominare. Ma è anche un’epoca in cui si cercano forme nuove di aggrega- zione, socialità e partecipazione. Curiosità verso il mondo e scetticismo verso le forme organizzate di cui l’Europa si è dotata, si confrontano e si scontrano.
È questa, infatti, la nostra mission: porre al centro del dibattito europeo il valore dell’Europa per i giovani. La crescita personale e l’integrazione europea delle nuove generazioni rappresentano, nei fatti, le sfide decisive per garantire la qualità sociale e la democrazia dell’intera Europa. È una prospettiva che richiama la cura, la responsabilità verso le future generazioni per favorire anche la produzione di capitale sociale. Un processo circolare che coinvolge i giovani non solo come oggetto di attenzioni delle generazioni adulte, ma che li obbliga a guardare, oltre le preoccupazioni del proprio presente, anche a quelle delle generazioni successive.
Maria Cristina Pisani, portavoce