Hi-tech, incentivi e non profit la triplice alleanza dal basso per sconfiggere i gas serra
Stefano Caserini del Politecnico di Milano sprona il volontariato affinchè promuova più cultura e advocacy sull’ambiente. E preme sulla classe politica per nuove leggi salva-clima
di Silvia Cannonieri
Il movimento Fridays For Future da mesi grida a gran voce che “non c’è un Pianeta B” e richiama l’attenzione del mondo sull’urgenza di una svolta green degli stili di vita e nei processi produttivi. La scienza, da tempo impegnata a lanciare l’allarme sugli effetti dei cambiamenti climatici, ci ricorda che abbiamo ancora un Piano B: grazie ai progressi tecnologici possiamo intravedere un altro futuro possibile. Ma la tecnologia da sola non basta, perché il tempo a disposizione è ridotto al minimo e la sfida va colta sul serio. E anche il volontariato deve fare la sua parte. Secondo Stefano Caserini, ingegnere ambientale e docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, «prendere sul serio i cambiamenti climatici vuol dire agire in parallelo su due linee di azione: la mitigazione e l’adattamento. La prima significa dare il proprio contributo per ridurre le emissioni dei gas serra, principalmente la CO2 legata ai consumi energetici (elettricità, riscaldamento, trasporti), quindi agire per l’efficienza energetica e per le rinnovabili; sia nelle azioni quotidiane, con il risparmio energetico, sia come produttori di energia, anche in forma cooperativa con altri soggetti. La seconda, ossia l’adattamento, consiste nel saper gestire collettivamente i danni dei cambiamenti climatici che saranno inevitabili dal momento che il riscaldamento globale è già in corso e aumenterà nei prossimi anni, per via dell’inerzia del sistema climatico». Su entrambe le linee di azione il volontariato può dare un apporto significativo, all’interno di un sistema di azioni coordinate che coinvolgano gli enti pubblici a tutti i livelli, dal locale al nazionale. Il professore mette a fuoco alcune ipotesi operative: «Adattamento vuol dire partire dal basso e cercare di tenere attive le reti di resilienza che servono per aiutare le persone più fragili, pensiamo agli anziani che vivono soli e sono tra le principali vittime delle ondate di calore. Per adattarsi al cambiamento climatico è importante che il volontariato sia motore di una maggiore collaborazione tra le diverse componenti della società».
Anche sul versante della mitigazione, prosegue Caserini, «se è vero che servono provvedimenti legislativi dalla Commissione europea e dai governi nazionali, è anche vero che le azioni devono partire dal basso ed entrare nelle case, nelle aziende. Un esempio potrebbe essere il ruolo del volontariato nelle cooperative per la produzione delle energie da fonte rinnovabile, un settore in cui si potrebbe fare molto di più. O nella gestione della mobilità, per renderla più condivisa e quindi più efficiente di quella odierna che si basa sull’uso dei veicoli privati».
Il non profit deve promuovere cultura sull’ambiente
Per contribuire alla svolta, il volontariato deve essere pronto a una rivoluzione culturale oltre che tecnologica perché, analizza Caserini, «la sfida è prima di tutto un’azione di presa di coscienza del legame tra il cambiamento climatico e la necessità di darsi un limite, come società, nell’utilizzo delle risorse del pianeta. È una cosa che fatichiamo a fare perché non percepiamo vicini questi limiti che sono globali e quindi siamo portati a proseguire con dei comportamenti che, se sommati assieme, hanno un impatto importante sul pianeta. La promozione di una riflessione più profonda sui problemi ambientali è forse un altro dei ruoli che può avere il mondo associativo, coinvolgendo la sociologia, la psicologia e tutte le azioni che devono essere portate avanti in parallelo a quelle più tipiche del nostro sistema economico, ovvero quelle di far crescere le tecnologie migliori dando degli incentivi e viceversa disincentivando le più inquinanti». Con queste premesse culturali, continua Caserini, «è cruciale il ruolo del volontariato nel far crescere consapevolezza ai vari livelli della società e facilitare la credibilità delle reti attive su questi temi, come il movimento Fridays For Future, anche promuovendo delle azioni di rivendicazione di nuove legislazioni, con il giusto mix di incentivi e di divieti che serve per proporre un nuovo sistema energetico e farlo crescere più velocemente. Oggi è chiaro che c’è un problema di cambiamento climatico, ma viene visto ancora come uno dei tanti problemi ambientali che si somma ad altre questioni urgenti. Bisogna invece farne capire la specificità, evidenziando che non si tratta dei soliti discorsi sullo sviluppo sostenibile che facciamo da almeno tre decenni. E servirebbe far capire la necessità, soprattutto, di dare una sferzata al nostro sistema politico con un’azione più decisa. Riscoprire l’azione individuale (come spegnere la luce inutile o acquistare elettrodomestici più efficienti) non basta: bisogna esigere dalla politica un cambiamento che ancora fatica a mettere in campo con i tempi necessari. È chiaro – precisa Caserini – che il surriscaldamento globale non è una moda che durerà qualche anno, ma un percorso che ci terrà impegnati per molti decenni perché per stare ben sotto i due gradi in più rispetto ai livelli pre-industriali bisogna arrivare a zero emissioni di gas serra verso metà secolo, e i prossimi tre/quattro decenni saranno quindi cruciali».
I giusti investimenti per una transizione energetica
Esempi alla mano, Caserini mostra come la transizione verso un nuovo modello energetico sia oggi possibile, e le associazioni potrebbero esserne pioniere con azioni sul campo, in ambiti quali la mobilità o l’efficientamento degli edifici. «Vedere la realtà concreta del cambiamento che si può fare è molto istruttivo – afferma Caserini – quindi le associazioni potrebbero cominciare a mostrare con esempi e progetti pilota come queste cose di cui si parla sono possibili. Ad esempio, che è possibile avere una sede associativa che sia giustamente attenta al consumo dei combustibili fossili, finché ci sono i combustibili fossili, o una che non li consuma perché riesce a riscaldarsi con pochissimi combustibili fossili o magari produrre l’energia che serve. È chiaro che servono investimenti, ma dobbiamo essere capaci di recuperare i soldi attraverso progetti collettivi, crowdfunding, fondi comunali, regionali o europei. Serve far capire come questa transizione sia un problema più finanziario che economico. Se facciamo bene i conti, nel sistema economico ci sono i fondi per sostenere i costi della transizione energetica necessaria per fare a meno dei combustibili fossili. Ma oltre agli investimenti servono disinvestimenti dal mondo del fossile. Come? Ad esempio, iniziando a disinvestire dalle società che utilizzano i combustibili fossili, oppure lavorando sui fondi pensione affinché tolgano i loro investimenti dalle società petrolifere e del carbone. Questa campagna di disinvestimento è già partita a livello internazionale e vede impegnate anche molte realtà del mondo religioso. Se tutti i fondi pensione legati ai lavoratori del Terzo settore dessero un segnale chiaro di disinvestimento da tutto il settore fossile, sarebbe un bell’esempio per gli altri comparti».
Le buone notizie si traducano in buone azioni
La spinta al cambiamento deve potersi fondare sulla visione di un’alternativa possibile, anche evidenziandone i vantaggi, e non solo sul riconoscimento di una minaccia e sulla percezione dei rischi nel breve, nel medio, nel lungo periodo per gli esseri umani, per gli ecosistemi o per i ghiacci del pianeta. La sola paura, infatti, rischia di esaurire in breve tempo la costanza che serve per combattere una battaglia continuativa come quella del cambiamento climatico e dei suoi effetti progressivi. «Soprattutto per i giovani – sostiene Caserini – gli elementi positivi sono una leva per spingere all’azione in modo permanente, e non solo sull’onda emotiva di eventi cataclismatici». Per questo, lo studioso ha scelto di comunicare l’urgenza della transizione energetica con un approccio in contro tendenza: quello delle buone notizie. Se prima erano dieci, ora sono nove perché il tempo si è ristretto ulteriormente, ma sono comunque delle buone notizie. «Spesso siamo portati a dare molta enfasi alle cattive notizie, che indubbiamente ci sono perché la CO2 sta aumentando in atmosfera e le emissioni sono ancora cresciute nell’ultimo anno – aggiunge Caserini – Ma ci sono anche delle tendenze interessanti, come lo sviluppo rapido delle energie rinnovabili e la drastica diminuzione del loro costo negli ultimi 10 anni. Ad esempio, una buona notizia è il fatto che oggi, in molte parti del mondo, le energie rinnovabili, il sole e il vento, sono più competitive delle energie fossili. Oggi anche in Texas è più conveniente installare un parco eolico, dove c’è il vento, rispetto a costruire una centrale a carbone. Questa consapevolezza del possibile, che poggia su elementi tecnologici, deve essere una leva di mobilitazione, evidenziando che ci sono delle cose che si possono fare e sono anche convenienti. Quindi disinvestire dai combustibili fossili non è solo qualcosa che si deve fare spinti da una motivazione etica, ambientalista ma anche dalla convenienza degli investimenti nelle società dell’efficienza energetica, delle energie rinnovabili che, da tre anni a questa parte, sono più redditizi di quelli nei combustibili fossili. E disinvestendo dai combustibili fossili ci si mette al riparo anche dal punto di vista finanziario dallo scoppio della bolla del carbonio, ossia dal rischio che, quando i segnali di una vera fuoriuscita dal mondo fossile saranno più chiari, le compagnie dell’oil and gas perderanno valore». Che tutto il mondo del volontariato, non solo quello ambientalista, si attivi con determinazione e costanza su questi temi, forse potrebbe essere la decima buona notizia.
GRANDANGOLO
Stefano Caserini
Il clima è (già) cambiato. 9 buone notizie sul cambiamento climatico
Edizioniambiente, 2019
Stefano Caserini
Guida alle leggende sul clima che cambia. Come la scienza diventa opinione
Edizioni Ambiente, 2009
Stefano Caserini
Aria Pulita
Mondadori Bruno, 2013
Link
www.climalteranti.it
www.caserinik.it
(articolo tratto da Vdossier numero 1 2019)