I padri fondatori. I politici che gettarono il seme dell’unificazione europea
Ritratto dei sette statisti, fra cui Spinelli e De Gasperi, che nel dopoguerra in nome della pace, libertà e prosperità, lavorarono per l’unità del Vecchio continente
di Paolo Marelli
Sette leader visionari. Sette uomini di frontiera. Sette politici che credevano in un sogno comune. Due italiani (Altiero Spinelli e Alcide De Gasperi), due francesi (Jean Monnet e Robert Schuman), un tedesco (Konrad Adenauer), un lussemburghese (Joseph Beck) e un belga (Paul Henri Spaak) sono passati alla storia come i padri fondatori dell’Europa unita. Un gruppo di personalità a cui la storiografia ha riconosciuto un ruolo prominente nella genesi del progetto dell’unificazione europea che ha portato all’attuale Unione. A dire il vero pero, il sito ufficiale dell’Ue cita un più vasto «gruppo eterogeneo di persone mosse dagli stessi ideali: la pace, l’unita e la prosperità in Europa», includendo, oltre ai “magnifici” sette già menzionati, anche Winston Churchill (Regno Unito), Walter Hallstein (Germania), Sicco Leendert Mansholt (Paesi Bassi) e Jan Willem Beyen (Paesi Bassi). Sono stati loro i pionieri che hanno fatto compiere all’Europa i primi passi verso l’unità. Statisti che, pur essendo di lingue, culture e tradizioni diverse fra loro, erano tutti dotati di una sorta di connaturata propensione al dialogo e all’incontro. Uomini che vivevano con sobrietà e rigore. Sapevano ascoltare. Un’eredità pesante per le successive generazioni. Un patrimonio di idee, valori e orizzonti che però è andato via via dissipandosi. Infatti dall’età d’oro dei padri fondatori, numerosi leader politici si sono succeduti nelle stanze dell’Unione e nei governi nazionali dei singoli Stati membri. E il risultato, purtroppo, non è incoraggiante: oggi la casa europea si sta incrinando. Tanto è stato detto e scritto in questi anni sui vari inquilini che si sono alternati a Strasburgo e a Bruxelles. Tuttavia, facendo un confronto con il passato, torna d’attualità la domanda sollevata in un libro del 2012 dal sociologo tedesco Ulrick Bech: perché in questa compagnia non ci sono figure politiche europee carismatiche come De Gasperi, Adenauer, Churchill, Spinelli. «Il problema oggi sono le élite, le classi dirigenti. Latitano statisti» sostiene Romano Prodi, che è stato presidente della Commissione europea dal 1999 al 2004. E rammenta: «Ricordo Helmut Kohl che diceva: “Molti dei miei cittadini sono contro l’ euro, però io voglio l’ euro perché, caduto il muro di Berlino, dev’essere chiaro che non vogliamo un’ Europa germanica ma una Germania europea”. Questa è leadership». Parole che non aveva dimenticato il sociologo Beck, lui che era membro del “Gruppo Spinelli”, il movimento politico per il rilancio dell’integrazione dei Ventisette: «Ciò che, forse, oggi danneggia l’Europa è la mancanza di coraggio che porta a barattare un progetto di più ampio respiro con immediati tornaconti elettorali. Si preferisce la via del populismo e del localismo». Una strada stretta che lo scorso novembre a Stoccolma (Svezia), durante una visita di Stato, ha fatto dire al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Libertà, democrazia, solidarietà e pace sono valori che trovano espressione compiuta, autorevole, e quanto mai attuale nella nostra comune ap-partenenza all’Unione europea. Compito di ognuno di noi, cittadini europei, è mantenere viva la visione dei padri fondatori, passandola intatta e sempre più solida, in una simbolica staffetta, alle generazioni future». Ma ecco chi erano i “magnifici” sette.
ALTIERO SPINELLI (1907-1986) Dal 1927 al 1943 fu imprigionato dal regime fascista a Ventotene. Qui lesse numerosi teorici del federalismo e preparò, insieme ad altri prigionieri politici, il “Manifesto di Ventotene” del 1943, che costituisce uno dei primi documenti in cui si sostiene una Costituzione europea. Intitolato “Per un’Europa libera e unita”, proponeva la formazione di una federazione europea di Stati, il cui obbiettivo consisteva nel creare un legame tra gli Stati europei che impedisse una nuova guerra. Lavorò per l’unificazione europea come consigliere di personalità quali De Gasperi, Spaak e Monnet. In qualità di membro della Commissione europea, ne guidò la politica interna dal 1970 al 1976. Fu una delle figure chiave dietro la proposta del Parlamento europeo per un Trattato su un’Unione europea federale, il cosiddetto “Piano Spinelli”, che fu di grande ispirazione per il consolidamento dei Trattati dell’Unione europea negli anni ‘80 e ’90 (l’Atto Unico del 1986 e il Trattato di Maastricht del 1992). «Dovremo in primo luogo impegnare sempre più e sempre più forte-mente il Parlamento tutto intero. È per questo che chiediamo la co-stituzione di una nuova commissione parlamentare che, comunque essa si chiami, si occupi solo di questo tema e che man mano presenti rapporti interinali al Parlamento per chiamarlo a decidere fra le varie opzioni che si presenteranno ed a formare attraverso larghi dibattiti di consensi più ampi possibili, fino a giungere al voto finale del pro-getto di riforma, nella piena consapevolezza da parte di tutti di ciò che significa e implica». Discorso di presentazione del “Piano Spinelli” Strasburgo, 8 luglio 1981 ROBERT SCHUMAN (1910-1956) Statista e avvocato, nacque in Lussemburgo, in una regione di confine tra Francia e Germania. Deportato nel 1940 in Germania, si unì alla Resistenza dopo essere evaso due anni dopo. Finita la guerra, fu ministro degli Esteri francese tra il 1948 e il 1952. Insieme a Jean Monnet elaborò il Piano Schuman, reso pubblico nel famoso discorso del 9 maggio 1950, data di nascita dell’Unione europea. Propose il controllo congiunto della produzione del carbone e dell’acciaio, i principali materiali per l’industria bellica. L’idea era che, non avendo il controllo sulla produzione di carbone e ferro, nessun paese sarebbe stato in grado di combattere una guerra. Schuman informò del pia-no il cancelliere tedesco Adenauer, che riconobbe l’opportunità di un’Europa in pace. Poco dopo, risposero anche i governi di Italia, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi. Le sei nazioni firmarono l’accordo per la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) a Parigi nell’aprile del 1951. Dal 1958 al 1960 ricoprì il ruolo di Presidente del Parlamento europeo. «Facendosi da più di venti anni campione di una Europa unita, la Francia ha sempre avuto per obiettivo essenziale di servire la pace. L’Europa non è stata fatta, noi abbiamo avuto la guerra. L’Europa non si farà di colpo, né con una costruzione d’insieme: essa si farà attraverso delle relazioni concrete creando prima di tutto una solidarietà di fatto. Il governo francese propone di piazzare l’insieme della produzione franco-tedesca del carbone e dell’acciaio sotto un’Alta Autorità comune». Dichiarazione di Robert Schuman Parigi, 9 maggio 1950 KONRAD ADENAUER (1876-1967) Fu il primo Cancelliere della Repubblica federale di Germania, rima-nendo alla guida del neonato Stato dal 1949 al 1963. L’esperienza durante la seconda guerra mondiale lo rese un realista politico. Lavorò instancabilmente per riconciliare la Germania con i suoi nemici storici, soprattutto la Francia. Fu un grande fautore della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, nonché del successivo trattato che istituì la Comunità economica europea nel 1957. Per lui l’unità euro-pea non era solo un mezzo per portare la pace, ma anche un modo di reintegrare la Germania post-nazista nella scena internazionale. L’Eu-ropa quale noi la conosciamo oggi non sarebbe stata possibile senza la fiducia che ispirò alle altre nazioni europee con una politica estera coerente. I suoi meriti sono tuttora apprezzati dai suoi connazionali che, nel 2003, lo elessero “più grande tedesco di tutti i tempi”. «Se riuscissimo a creare un’organizzazione che permetta ai francesi di essere al corrente di tutto ciò che accade nel settore della produ-zione dell’acciaio e dell’estrazione del carbone in Germania e che viceversa consenta ai tedeschi di verificare cosa accade in Francia, questo controllo reciproco sarà lo strumento migliore per condurre una politica basata sulla fiducia». Discorso di Konrad Adenauer Metz, 2 luglio 1966 ALCIDE DE GASPERI (1881-1954) Dal 1945 al 1953, fu presidente del Consiglio e ministro degli Affari esteri italiano. Le sue esperienze del fascismo e della guerra (fu im-prigionato dal 1927 al 1929 prima di trovare asilo in Vaticano) lo convinsero della necessità di un’unione dell’Europa: «Il futuro non verrà costruito con la forza, ma attraverso la paziente applicazione del me-todo democratico, lo spirito di consenso costruttivo e il rispetto della libertà». Lavorò alla realizzazione del Piano Marshall, creò stretti legami economici con gli altri Stati europei, in particolare la Francia, si impegnò nella costituzione del Consiglio d’Europa e appoggiò il Piano Schuman. Sebbene il progetto fallì, fu un fautore della politi-ca europea comune di difesa. Nel 1954, divenne il primo Presidente dell’Assemblea parlamentare della CECA. Durante la cosiddetta “era De Gasperi” l’Italia venne ricostruita adottando una Costituzione re-pubblicana, consolidando la democrazia interna e compiendo i primi passi verso il risanamento economico. «Se noi costruiremo soltanto amministrazioni comuni, senza una vo-lontà politica superiore vivificata da un organismo centrale, nel quale le volontà nazionali si incontrino, si precisino e si animino in una sintesi superiore, rischieremo che questa attività europea appaia, al confronto della vitalità nazionale particolare, senza calore, senza vita ideale. Potrebbe anche apparire ad un certo momento una sovrastrut-tura superflua e forse anche oppressiva quale appare in certi periodi del suo declino il Sacro Romano Impero». Discorso di Alcide De Gasperi Strasburgo, 12 gennaio 1951 JEAN MONNET (1888-1979) Nel 1919 fu nominato segretario generale aggiunto della Società del-le Nazioni. Nel 1923 tornò ad occuparsi dell’azienda di famiglia che produce cognac. Negli anni successivi si occupa di finanza internazionale. Nel 1943 divenne membro del Comitato francese di liberazione nazionale. Dopo la liberazione fu incaricato dal generale De Gaulle di elaborare e realizzare un piano di modernizzazione e rilancio per l’economia francese. Nel 1950 al risorgere di nuove tensioni internazionali, Monnet decise fosse venuto il momento di tentare un pas-so irreversibile verso l’unione dei Paesi europei. Preparò, con alcuni collaboratori, il testo di quella che sarà la Dichiarazione Schuman. Nel 1952 Monnet diventò il primo presidente dell’Alta Autorità della CECA. La sua intuizione più grande fu senz’altro l’utilizzo delle risorse carbosiderurgiche, fino a quel momento oggetto di aspre contese tra Francia e Germania, per la prima volta come strumento di cooperazione. Il Consiglio delle Comunità europee gli assegnò nel 1976 il titolo “Cittadino d’onore dell’Europa”. «Non ci sarà mai pace in Europa se gli Stati si ricostituiranno su una base di sovranità nazionale… [ciò] presuppone che gli Stati d’Europa formino una federazione o una entità europea che ne faccia una comune unità economica». Dichiarazione di Jean Monnet Algeri, 5 agosto 1943 JOSEPH BECK (1887-1975) Politico lussemburghese, fu Primo ministro dal 16 luglio 1926 al 5 novembre 1937 e dal 29 dicembre 1953 al 29 marzo 1958. Il suo partito d’appartenenza fu il Partito Popolare Cristiano Sociale. Bech contribuì alla costituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio nei primi anni ’50 e fu uno dei principali architetti dell’integrazione europea negli ultimi anni ’50. Fu un memorandum congiunto degli Stati del Benelux a portare alla convocazione della Conferenza di Messina del giugno 1955 che aprì poi la strada alla costituzione della Comunità economica europea. L’esperienza vissuta da Bech in Lussemburgo tra le due Guerre gli permise di capire quanto potesse essere impotente uno Stato tanto piccolo quale il suo, isolato com’era tra due vicini potenti. Ciò gli fece comprendere l’importanza dell’internazionalismo e della cooperazione tra Stati per portare stabilità e prosperità all’Europa. «Sono felice di poter firmare degli accordi che considero come il principio di un’era nuova. Un’era che rappresenti la fiduciosa collabora-zione, l’unità e la solidarietà dell’Europa occidentale». Dichiarazione di Joseph Beck Parigi, 23 ottobre 1954 PAUL HENRI SPAAK (1899-1972) Ricoprì importanti incarichi a livello nazionale ed internazionale: fu più volte ministro nei governi del Belgio dal 1936 al 1964: da capo del dicastero degli Esteri alla carica di Primo ministro. Spaak diventò un convinto sostenitore della cooperazione regionale e della sicurezza collettiva dopo il 1944. Nel 1955, la Conferenza di Messina dei leader europei lo nominò come presidente di un comitato preparatorio (Comitato Spaak) incaricato della preparazione di una relazione sulla creazione di un mercato comune europeo. Il cosiddetto “Rapporto Spaak” costituì la pietra angolare della Conferenza intergovernativa per il mercato comune e l’Euratom a Val Duchesse nel ‘56 e portò alla firma, il 25 marzo 1957, dei Trattati di Roma che istituirono una Comunità economia europea e la Comunità europea dell’energia atomica(Euratom). Spaak firmò il trattato per il Belgio. Fu uno strenuo difensore dell’indipendenza della Commissione europea. «L’Europa di domani deve essere un’Europa sovranazionale», dichiarò. «Questa volta gli uomini dell’Occidente non hanno mancato di audacia e non hanno agito troppo tardi. Dal ricordo delle loro sventure e dei loro errori hanno tratto il coraggio necessario per dimenticare le vecchie questioni e le tradizioni superate e di agire in un nuovo modo per la più grande trasformazione volontaria della storia europea». Discorso di Paul Henri Spaak Roma, 25 marzo 1957
(da Vdossier numero 3 anno 2018)