La lezione di Spinelli: «Noi abbiamo costruito l’edificio. Voi difendetelo e innovatelo»
DIMMI CHI ERA
La voce di un testimone: Pier Virgilio Dastoli racconta Altiero Spinelli. Classe 1949, originario di Anzio, oggi vive fra Roma e Bruxelles. Avvocato e giornalista, Dastoli ha svolto una lunga carriera internazionale e, soprattutto,
è uno dei massimi esperti dell’Ue. Del resto per nove anni (dal 1977 al 1986), Dastoli è stato il braccio destro di Altiero Spinelli, uno dei padri fondatori dell’Unione. E oggi ci tramanda il suo insegnamento.
di Pier Virgilio Dastoli
Altiero Spinelli è nato a Roma, in via Uffici del Vicario 17, dove oggi c’è il palazzo dei Gruppi politici alla Camera dei Deputati, il 31 agosto 1907. Nel 1924 si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell’Universita di Roma, avviandosi contemporaneamente all’impegno politico antifascista nell’Italia sottomessa al regime totalitario nato dopo la Marcia su Roma dell’ottobre 1922, lo scioglimento dei partiti e la dissoluzione del Parlamento. Iscritto alla Gioventù Comunista, nel 1927 viene arrestato a Milano e condannato a sedici anni e otto mesi dal Tribunale Speciale per cospirazione contro i poteri dello Stato. Trascorre dieci anni di detenzione presso i penitenziari di Lucca, Viterbo, Civitavecchia e Roma e, nel gennaio 1937, viene inviato al confino di Ponza (dal 1937 al 1939) e infine a Ventotene (dal 1939 al 1943). Si allontana progressivamente dall’ideologia del Partito Comunista fin dal 1931 e viene espulso dal Partito nel 1937 «per deviazione ideologica e presunzione piccolo-borghese».
Per un’Europa Libera e Unita
A Ventotene, nell’inverno del 1940-1941, scrive insieme ad Ernesto Rossi il “Manifesto per un’Europa libera e unita”, frutto di riflessioni all’interno di un gruppo di confinati a cui appartenevano Eugenio Colorni, sua moglie Ursula Hirschmann e Ada Montanari moglie di Ernesto. Il Manifesto viene portato clandestinamente in continente da Ursula e Ada, diffuso prima a Roma e Milano fra antifascisti socialisti e di Giustizia e Libertà. Dopo la liberazione dal confino alla caduta del fascismo, Altiero Spinelli fonda a Milano alla fine dì agosto 1943 il Movimento Federalista Europeo e promuove insieme ad Ursula – divenuta sua moglie dopo la morte di Colorni per mano fascista – iniziative federaliste in particolare in Francia e in Svizzera. Negli anni del dopoguerra e fino alla fine degli anni ‘60 si impegna per la promo-zione della causa del federalismo europeo. Dal luglio 1970 al giugno 1976 è commissario europeo per la politica industriale e la ricerca. È eletto deputato alla Camera nel giugno 1976 come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano e, a ottobre, entra a far parte della delegazione italiana al Parlamento europeo. Il 3 giugno 1979 viene rieletto alla Camera dei Deputati e, una settimana dopo, nel primo Parlamento europeo a suffragio universale e diretto. Dopo essersi impegnato nella commissione dei bilanci, Altiero Spinelli avvia e anima l’iniziativa per il ruolo costituente del Parlamento europeo (il cosiddetto Club del Coccodrillo dal nome del ristorante dove si svolge la prima riunione dei deputati promotori) che porta all’approvazione – il 14 febbraio 1984 – del Progetto di Trattato che istituisce l’Unione europea.
Il modello federale e l’approccio funzionalista
Solo post-mortem, Altiero Spinelli è stato accettato nel Pantheon virtuale dei padri dell’idea europea in una astratta coalizione che unisce l’universalismo cattolico di Schuman, De Gasperi e Adenauer, il co-smopolitismo laico di Monnet e l’internazionalismo di cultura socia-lista di Spaak e Spinelli. Nel Parlamento europeo, Spinelli ha dato la prova migliore del lungo percorso della sua vita di uomo dedicato ad una sola causa. Il progetto di trattato che istituisce l’Unione europea rappresenta ancora oggi il punto più avanzato di riflessione e di proposta di un nuovo ordine costituzionale europeo coniugando insieme aspetti essenziali di metodo e di contenuto. Spinelli aveva lucidamente previsto che, se il Parlamento europeo non fosse stato capace di difendere partigianamente il suo trattato, esso avrebbe fatto la fine del grande pesce catturato dal vecchio pescatore di Hemingway. Come lo spettro del comunismo di Karl Marx (soleva dire Spinelli), il modello federale tuttavia si è aggirato e si aggira per l’Europa quando appare necessario dotare la dimensione inter-statuale di un’autorità politica che sfugga alla (in-)capacità di decisione delle dimensioni statuali. All’approccio funzionalista Altiero Spinelli ha continuamente contestato la convinzione secondo cui si potessero unificare efficacemente e durevolmente, in modo graduale e separatamente gli uni dagli altri, i vari settori della vita degli Stati (l’economia, la moneta, la politica estera, la difesa…) rinviando solo alla fine la creazione di un potere democratico e federale. Coerentemente con quest’approccio, il progetto del Parlamento europeo antepone la realizzazione dell’unità politica dell’Europa all’unificazione economica e monetaria, al contrario del Trattato di Maastricht che – ben lungi dal costituire l’embrione di un potere federale europeo – antepose invece la realizzazione dell’unione monetaria al completamento dell’unione economica e lasciando sullo sfondo di un’agenda indeterminata nei contenuti e nei tempi la creazione dell’unità politica.
Serve un’“Operazione verità”
Aveva scritto Altiero Spinelli nel 1955: «Evidentemente, non basta che un ordinamento (federale) abbia meriti intrinseci. Perché venga realizzato, occorre vedere se intorno ad esso, a suo sostegno permanente, ci sia da attendersi che si schierino, nella civiltà moderna, imponenti forze vitali, non destinate a dissolversi rapidamente; tali che, per farsi valere, sentano di aver bisogno di quell’ordinamento e sia-no perciò disposte ad agire per mantenerlo in vigore. Sarebbe inutile costruire un edificio che nessuno fosse poi interessato a conservare, anche se, per qualche favorevole congiuntura, si trovassero forze sufficienti per costruirlo».
Ogni giorno di più la realtà mostra, drammaticamente, che non ci può essere alternativa all’unità politica dell’Europa. Per costruire quest’alternativa serve con urgenza una “operazione verità”, condotta da un vasto movimento di opinione ben al di là dell’associazionismo europeista, una alleanza di innovatori che nasca dal mondo dell’economia e del lavoro, della cultura e della ricerca, delle organizzazioni giovanili e del volontariato, coinvolgendo tutti coloro che vivono l’utilità dell’integrazione europea e pagano le conseguenze dei costi della non-Europa.