La valutazione sarà come la selezione naturale: premierà gli enti che cambiano
Per tutti il Covid-19 è stato un evento inaspettato e una variabile imprevista. Dall’oggi al domani ci siamo trovati in un nuovo ambiente all’interno del quale vigevano nuove regole e con cui tutti abbiamo dovuto fare i conti, compresi gli enti del Terzo settore. Nicola Cabria* di Human Foundation porta una riflessione di incoraggiamento, evidenziando quali sono le sfide che attendono il Terzo settore e quali strategie attivare da subito per divenire agenti di cambiamento e di innovazione sociale, partendo da un nodo cruciale: entrare nell’ottica dell’analisi degli effetti delle azioni nel territorio tramite la valutazione d’impatto sociale.
Nicola Cabria (Human Foundation): il volontariato acceleri l’applicazione del nuovo paradigma per veicolare al sociale i finanziamenti pubblici in arrivo dall’Unione europea
di Nicola Cabria
Il Covid-19 è arrivato in un momento in cui le riflessioni circa il ruolo del Terzo settore nella società italiana erano arrivate ad un punto di stallo, complice la presenza sullo sfondo della “grande incompiuta” riforma del Terzo settore. L’ambiente in cui tutti noi agiamo e ci impegniamo quotidianamente aveva bisogno di ripensarsi, di rigenerarsi. Quella che stiamo vivendo è un’occasione storica per realizzare ciò che ci siamo detti in anni di incontri, convegni, eventi. È il momento di lasciarsi alle spalle le logore abitudini del passato quali la cronica dipendenza dai fondi pubblici, la spartizione su base territoriale dei servizi, le storiche diatribe fra correnti all’interno delle organizzazioni di rappresentanza.
È giunto il momento di cambiare il modo in cui il Terzo settore agisce nella società, è giunto il momento di non essere più terzi a nessuno. Senza l’apporto delle forze, delle energie, della volontà, del tempo donato dalle organizzazioni di volontariato la crisi socio-sanitaria avrebbe presentato un conto molto più salato rispetto a quello che abbiamo dovuto pagare.
Anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha sottolineato la capacità del sistema paese di contenere il numero dei contagi, il “modello Italia” non sarebbe possibile senza lo sforzo quotidiano degli enti del Terzo settore e delle organizzazioni di volontariato nello specifico. Questi attori si sono schierati in prima fila, sin dal primo giorno, supportando gli ultimi, dando forza a coloro che erano malati, sostenendo il Sistema sanitario nazionale. Abbiamo dimostrato ancora una volta che senza l’apporto del Terzo settore l’elevato livello di benessere del nostro Paese è a rischio.
Credo sia giunto il momento di alzare la testa, di farci sentire, con la pacatezza che contraddistingue il modus operandi del nostro settore ma con una rinnovata determinazione, quella di chi sa davvero cosa vuole e il perché. È arrivato il momento di essere riconosciuti come pari rispetto agli altri due settori che contraddistinguono la nostra società civile. Siamo le organizzazioni che possono permettere il vero passaggio da un’economia basata sul prodotto, evidentemente arrivata al capolinea, verso un’economia basata sulla soddisfazione dei bisogni di tutte e tutti.
Una persona non è felice quando acquista l’ultimo modello di cellulare, è davvero felice quando vede i suoi bisogni e quelli della sua famiglia soddisfatti, quando si sente sicura, protetta, quando sa di avere un futuro e di poter costruire un percorso di crescita personale e familiare. In tal senso il cambiamento si deve attivare qui ed ora, non lasciamo che il tempo annebbi il nostro operato, che la routine riempia di nuovo le nostre vite, che la cittadinanza civile si scordi nuovamente del nostro quotidiano apporto.
Nel nuovo modello di economia le nostre organizzazioni hanno un ruolo centrale per contribuire ad attivare un processo educativo che faccia comprendere ai più che il benessere non è dato dalla quantità o qualità delle cose che possediamo quanto dalla capacità di vivere una vita felice garantendo elevati livelli di sicurezza sociale ai nostri portatori di interesse. Questa è la missione del Terzo settore, quella di supportare l’altro, chiunque esso sia, nei momenti difficili che si presentano nella sua vita.
Siamo un presidio territoriale di prossimità, le nostre realtà ci saranno sempre per supportare, sostenere e accompagnare tutti coloro che ne hanno bisogno verso la risoluzione dei propri problemi. Per garantire questa presenza è però necessario che il legislatore nazionale, regionale e locale riconosca il nostro ruolo e favorisca la crescita del settore adottando misure che lo supportino nel suo percorso di maturazione.
Non profit, laboratorio territoriale di innovazione sociale
Quella di cui parlo è una sfida strategica per il sistema paese, è necessario definire il ruolo del Terzo settore non più stampella del pubblico ma protagonista di una rivoluzione culturale, capace di cambiare sostanzialmente il modello di società individualista in cui viviamo proponendone uno in cui i diritti dell’altro sono importanti quanto la soddisfazione dei miei bisogni. Per fare questo c’è bisogno di una rinnovata visione, una visione di società basata sul benessere equo e sostenibile per tutte e tutti, un modello che si prenda cura tanto dell’ambiente in cui viviamo, attraverso l’utilizzo sostenibile delle sue risorse, quanto delle persone che lo abitano, attraverso la valorizzazione delle attitudini di ciascuno. Per rispondere a questa sfida storica il settore ha bisogno di riforme consistenti. In primis noi stessi, come enti protagonisti di questo cambiamento, dobbiamo riacquisire la consapevolezza della nostra centralità nella quotidiana richiesta di una società più giusta, più accogliente, in grado di includere tutte e tutti all’interno del proprio perimetro, perché nessuno si possa più sentire ultimo, altro o diverso. Per riuscire a fare questo è necessario agire sui livelli di consapevolezza e quindi sul riconoscimento del nostro ruolo all’interno del sistema Paese.
Da questo punto di vista il volontariato dovrebbe essere riconosciuto dallo stato come un’attività non solo encomiabile dal punto di vista civico. Al ruolo del volontario – non alle organizzazioni di volontariato – dovrebbero essere riconosciuti incentivi di tipo economico, a titolo di esempio semplici detrazioni fiscali. Perché è vero che i volontari eseguono il proprio lavoro traendo soddisfazione dalle attività che fanno, dalle comunità che frequentano, dagli sguardi delle persone che aiutano, ma è altrettanto vero che senza questa “armata di benefattori” il Paese avrebbe problemi incredibili nella capacità di gestire i bisogni di tutti i suoi cittadini. Un riconoscimento di tipo economico a queste persone attraverso la leva fiscale sarebbe solo un modo per dire ancora una volta grazie, facendolo non solo a parole, come troppo spesso accade, ma con atti concreti.
Per quanto riguarda i dirigenti delle organizzazioni del Terzo settore invece, è giunto il momento di accettare la sfida della maturità, sganciarsi da questo morboso abbraccio che ci lega alle pubbliche amministrazioni per tornare ad essere laboratori territoriali di innovazione sociale. Spazi fisici e non all’interno dei quali si sperimentino percorsi di identificazione, codifica e definizione dei problemi specifici dei singoli territori. Dobbiamo sistematizzare il nostro ruolo di osservatòri dei bisogni territoriali per dare vita a un sistema di raccolta, elaborazione e condivisione di dati con i policy maker, per metterli nelle condizioni di prendere decisioni consapevoli, decisioni in grado di rispondere ai reali bisogni dei singoli contesti sociali. Questo percorso può essere attivato solo dal basso, attraverso un flusso bottom-up che dalle comunità, attraverso una riattivazione del senso civico, porti ai decisori politici l’evidenza di nuove istanze e bisogni.
Nuovi servizi con un Terzo settore ibrido
A questo punto dovremo allontanarci dalla nostra zona di comfort smettendo di seguire giorno dopo giorno il singolo bando, progetto o gara d’appalto, concentrandoci invece sull’ibridazione dei nostri modelli di intervento riflettendo su nuovi modelli e modalità per rispondere ai bisogni dei nostri portatori di interesse dando così vita a nuovi servizi. È questo il tempo alzare la testa, di riflettere e pensare assieme al Terzo settore di domani. Un Terzo settore che dovrà riuscire a fare i conti con gli strumenti informatici (troppo spesso un tallone d’Achille per le nostre organizzazioni), con la capacità di comunicare in maniera strategica la narrazione di un mondo migliore, più giusto, in cui tutti possano avere la possibilità di inseguire le proprie aspirazioni personali. Per attivare questo cambiamento settoriale è necessario investire in formazione, nella crescita personale e professionale dei nostri team di lavoro per essere pronti a gestire le sfide che questo millennio ci sta presentando sfruttando gli strumenti che la modernità ci ha messo a disposizione.
Infine, vi è il tema dei livelli retributivi all’interno del Terzo settore, i salari di coloro che lavorano nelle nostre organizzazioni sono troppo bassi, questo dato si è storicizzato nel tempo e oggi i livelli salariali risultano un freno per lo sviluppo del settore. Siamo il settore all’interno del quale i livelli retributivi risultano tra i più bassi, questa caratteristica continua costantemente a minare alla base le possibilità di crescita delle nostre organizzazioni. Difficile attirare e in particolare modo trattenere giovani talenti quando le soglie di retribuzione dei nostri contratti risultano risibili se paragonate a quelle del secondo settore (aziende di mercato) e nella maggior parte dei casi anche del primo (istituzioni pubbliche). Il costante drenaggio delle migliori risorse umane delle nostre organizzazioni è un dato di fatto. Il Terzo settore non garantisce percorsi di carriera attraenti tanto sul piano della crescita professionale così come dal punto di vista economico. Molti giovani seriamente interessati alle tematiche trattate dalle nostre organizzazioni di fronte ai livelli retributivi che caratterizzano i nostri contratti nazionali del lavoro non provano nemmeno ad accedere al settore. È arrivato il momento di affrontare questo argomento con coraggio. Anche qui lo Stato dovrebbe agire con decisione, riconoscendo il ruolo sociale delle nostre organizzazioni e agendo sul cuneo contributivo dei contratti di lavoro dei lavoratori dipendenti di associazioni, fondazioni e cooperative. Tale scelta determinerebbe un ulteriore risultato positivo ovvero quello di una stabilizzazione generalizzata di molti di quei contratti che oggi risultano invece precari.
La soddisfazione dei bisogni non è più una prerogativa esclusiva del Terzo settore, vi sono tutta una serie di attori del privato profit che hanno capito che nel “mercato dei bisogni” vi sono grandi possibilità di produrre marginalità di tipo economico-finanziario. Facciamo sì che siano loro a doversi adattare alle nostre modalità di lavoro e non il contrario. Facciamo contare la nostra capacità di relazionarci alle persone, di ascoltarle, curarle e supportarle con il sorriso sulle labbra affinché in questa sfida che vedrà le nostre organizzazioni impegnate negli anni a venire conti il come si erogano i servizi e non solo il quanto, per non ridurre tutto ad un’analisi dei costi di erogazione dei servizi per singolo utente.
Valutazione d’impatto sociale: cambio di paradigma
Una particolare attenzione dovrà essere data agli strumenti, alle competenze e capacità di cui il Terzo settore deve sapersi dotare nel più breve tempo possibile. Eravamo già, prima della comparsa del Covid- 19, di fronte ad un cambio di paradigma che il virus non ha fatto altro che accelerare. È nostro compito farci trovare pronti a quella che alcuni definiscono la “rivoluzione impact”. Dobbiamo abituarci al fatto che il nostro operato non verrà più valutato, come è successo sino ad oggi, sul piano dei risultati tangibili ottenuti dalle nostre organizzazioni, non verremo più remunerati per il numero di persone che abbiamo assistito, formato, accompagnato (dimensione dell’output). Saranno invece gli effetti generati dalle nostre azioni la misura attraverso la quale saremo valutati.
Questo cambiamento risulta ineluttabile poiché soddisfa tanto i criteri di efficienza quanto quelli di efficacia. Questo cambio di prospettiva attiverà una selezione naturale tra gli enti che sono riusciti a cambiare il proprio modus operandi. Tutti quegli enti che non sono realmente in grado di dare soluzione ai problemi dei propri beneficiari e quindi di generare cambiamenti sociali positivi (outcome) saranno pian piano spinti al di fuori del “mercato dei bisogni”. In tal senso tanto il pubblico (partendo dall’Ue scendendo sino agli enti locali) quanto i privati (enti filantropici, fondazioni bancarie, fondazioni d’impresa, Investitori Istituzionali) nei prossimi anni si doteranno di sistemi di valutazione dell’impatto generato. È mandatorio per il Terzo settore farsi trovare pronto a questo cambio di paradigma. Ragionare in ottica di efficacia ed impatto delle nostre azioni e non solo di efficienza, questa la sfida che ci attende nei prossimi anni.
Saper comprendere, gestire e comunicare l’impatto sociale delle nostre attività è la precondizione per intercettare le risorse che si stanno riversando nell’economia reale veicolate dal Recovery fund, dalla nuova programmazione europea (2021-2027), dalla nascita e proliferazione di fondi di impact investing. Il cambiamento è in corso, utilizziamo la consapevolezza che abbiamo maturato negli ultimi mesi per far cambiare marcia e posizionamento a questo settore.
Facciamoci trovare pronti di fronte al cambiamento sistemico che stiamo vivendo. Non restiamo spettatori passivi, lavoriamo insieme, lasciamoci alle spalle divisioni, contrasti e diversità utilizziamo gli strumenti mutualistici, cooperativi e solidaristici che contraddistinguono il nostro operato per affrontare queste sfide. Creiamo un Terzo settore maturo, capace e consapevole, finalmente centrale nelle dinamiche di sviluppo del sistema Paese.
* Nicola Cabria è chief operating officer di Human Foundation, responsabile dei programmi e dei progetti della fondazione, è professore a contratto presso l’università Cattolica di Milano, socio fondatore della startup innovativa a vocazione sociale Poplab srl, membro del consiglio direttivo di Social Value Italia.
Vdossier
articolo tratto da
“Impatto sociale e futuro. Il nuovo modello di valutazione? Sarà come la selezione naturale: premierà gli enti che cambiano”
Vdossier numero 2 2020
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