Monsignor Nervo ai politici: «Ascoltate i poveri prima di ogni scelta»
Prete e partigiano, educatore e vescovo, monsignor Giovanni Nervo ha fondato nel 1971 la Caritas ed è considerato il “padre” nobile del volontariato italiano
Padova, maggio 2010 – «Sono stato come un capocordata in una scalata alpina, che inevitabilmente ha più visibilità sui mass media, ma la scalata è egualmente di tutti», ha detto di sé in un’intervista per i suoi 90 anni. Sacerdote e partigiano, educatore e vescovo. Fondatore della Caritas italiana: «Non ho fatto altro che prendere un pullman che qualcuno mi ha messo in mano e guidarlo» e testimone instancabile del Vangelo. Monsignor Giovanni Nervo è il “padre” nobile del volontariato italiano. La sua è stata una vita spesa tra iniziative assistenziali, umanitarie e studi. Nel 1964 istituì a Padova la Fondazione Zancan – Centro di ricerca sulle politiche sociali e sui servizi alla persona – di cui è presidente onorario. La sua lunghissima biografia ha accompagnato, passo dopo passo, la nascita e la crescita del Terzo settore lungo tutta la Penisola. Nel 1971 ha fondato la Caritas italiana, seguendo l’insegnamento di Papa Paolo VI: «Creare un organismo che non avesse solo un compito assistenziale ma anche pastorale e pedagogico». Sotto la guida di monsignor Nervo, la Caritas visse un passaggio epocale, culminato in due convegni: il primo nel 1975, “Volontariato e promozione umana”; il secondo un anno dopo, “Evangelizzazione e promozione umana”. Una duplice tappa che spalancò le porte della società italiana ai primi vagiti del non profit.
La sua capacità di stare in frontiera, soprattutto nell’ascolto e nell’osservazione dei bisogni dei più poveri, facendo risuonare ovunque la voce dei dimenticati, ha portato monsignor Nervo, ancora oggi, superata la soglia dei novant’anni, a suggerire scelte politiche che mettano al centro i diritti, la dignità e la promozione della persona. Dalle pagine dei suoi libri (segnaliamo in particolare Ha un futuro il volontariato?, edizioni Dehoniane) traspare il racconto di un prete in prima linea alla ricerca di risposte concrete ai bisogni dell’uomo contemporaneo. Di recente, monsignor Nervo ha ricevuto due lauree ad honorem (in economia e in scienza dell’educazione) a sigillo della riconoscenza dovuta a un maestro di vita, di fede, di carità. Di seguito la sua testimonianza sul momento di crisi economica e sociale.
«È opportuno richiamare ancora una volta il significato «autentico » di volontariato, cioè servizio spontaneo, gratuito, perché negli ultimi decenni si è dato un significato molto ampio e indeterminato al termine volontariato, comprendendo qualsiasi espressione spontanea di solidarietà della società civile. Questa precisazione è necessaria perché ad esempio la crisi economica non ha inciso sui «servizi leggeri » basati sul rapporto, anzi può averli sollecitati e valorizzati; mentre certamente avrà influito sulla cooperazione sociale, che molte volte è stata confusa con il volontariato. Le cooperative sociali, infatti, sono imprese sociali e si basano normalmente su convenzioni con gli enti locali.
La crisi economica ha diminuito le risorse e molto spesso i tagli vengono fatti sul sociale, che è il settore più debole e ha meno capacità di fare resistenza. Comunque la crisi economica ha indotto molto spesso il volontariato ad assumere un ruolo di supplenza dell’ente pubblico e quindi ad offrire ai cittadini un segno di benevolenza e solidarietà sociale con servizi dovuti per giustizia. In situazioni di emergenza è proprio del volontariato assumere anche il ruolo di supplenza, per non lasciar mancare servizi essenziali ai cittadini. Però bisogna distinguere con chiarezza le situazioni di emergenza e le situazioni di normalità. La durata della emergenza deve essere limitata nel tempo all’indispensabile. C’è chi sta preparando un film sul terremoto dell’Abruzzo. Nella notte del terremoto e nei giorni successivi ci fu a L’Aquila un consistente afflusso di volontari per aiutare ad estrarre le persone sepolte dalle macerie e per dare assistenza ai sopravvissuti.
Riscopriamo il ruolo politico del non profit
Il volontariato completò con grande abnegazione ed efficacia l’opera della protezione civile. Il suo intervento non era di supplenza, ma di integrazione. Dieci mesi dopo il terremoto però le macerie nel centro dell’Aquila erano ancora intatte. La protezione civile e gli enti locali avevano impegnato tempo e risorse per costruire gli alloggi temporanei e togliere le persone e le famiglie dalle tende e dagli alberghi. La popolazione però, per avere stimolo e coraggio per partire per la ricostruzione, aveva bisogno di vedere rimosse le macerie dal centro della città. E qui nacque il «popolo delle carriole», una singolare forma di volontariato, che coinvolse tutti i cittadini, compreso il vescovo, in una azione che è insieme supplenza, integrazione delle istituzioni, stimolo politico. In una situazione di crisi economica, poi, assume una particolare importanza il ruolo politico del volontariato. Crisi economica significa scarsità di risorse. Ma proprio quando sono scarse le risorse occorre curare bene le priorità, cioè l’attenzione ai bisogni più urgenti e alle persone più deboli, gli ultimi della fila. Il volontariato, che è a contatto con i bisogni della gente, è chiamato per sua vocazione naturale a farsi voce dei più deboli e a richiamare le giuste priorità a loro tutela nella destinazione delle risorse. Non è compito del volontariato fare le scelte politiche del Paese, ma influenzarle secondo giuste priorità.
Crisi economica e crisi etico sociale
Ad esempio, che senso ha investire ingenti risorse nel ponte di Messina, mentre i paesi della Sicilia vengono travolti dalle frane e dalle macerie per la mancanza di cura del territorio? Le università continuano a laureare geologi, che vanno ad accrescere il numero dei disoccupati, mentre un numero elevato di comuni sono esposti al disastro idrogeologico per mancanza di competente manutenzione. La crisi economica del nostro paese, poi, si accompagna ad una profonda crisi etico sociale, che può mettere a rischio la stessa democrazia. Indro Montanelli parecchi anni fa, in una intervista a Rai2, fu interrogato dall’intervistatore: «Lei è stato fascista?» «Sì, rispose, sono stato fascista. Ero giovane giornalista a Firenze. Mi chiamano al telefono da Roma. All’apparecchio lo stesso Mussolini mi invita a Roma».
Racconta poi la sua vicenda con lui e conclude: «Fu detto che Mussolini è stato il boia della democrazia in Italia; io sono convinto che sia stato il becchino della democrazia in Italia, perchè nel 1922 la democrazia in Italia era già morta». E aggiunse: «Per tanti aspetti la situazione di oggi non è molto diversa da quella del 1922». E portò questa ragione: «Quando le istituzioni vanno al di sotto di un certo funzionamento, la gente perde la fiducia nelle istituzioni, si arrabbia e se viene avanti un uomo forte che promette di mettere a posto le cose, trova molti che gli vanno dietro». In questa situazione di crisi etica e politica il volontariato ha il compito e la responsabilità di collaborare al buon funzionamento delle istituzioni,
portando nella vita di tutti i giorni il valore del servizio, della solidarietà, della giustizia sociale, dell’amore del prossimo propri di un volontariato autentico».