Online, influencer e sinergie: la ricetta per non scomparire
Donazioni da record per la lotta al Covid19. Ma gli altri settori del non profit piangono. E il futuro è un’incognita. Le piccole Odv rischiano di sparire. I consigli degli esperti
di Elisabetta Bianchetti
Sua maestà la Regina Elisabetta lo ha nominato cavaliere a 100 anni, con tanto di diritto al titolo di “sir”. Ma non solo: alcuni giorni dopo è arrivata l’onorificenza forse più attesa per il capitano Tom Moore, inossidabile reduce di guerra britannico, che è stato promosso colonnello ad honorem. I suoi meriti? Titolo e grado conquistati sul campo dopo essere stato in prima linea nell’emergenza coronavirus.
Il veterano è stato capace d’ispirare il suo Paese e il mondo con una raccolta fondi da record (33 milioni di sterline, pari a 36,5 milioni di euro) per la sanità pubblica del Regno Unito (Nhs) in trincea contro la pandemia. Decorazione proposta per meriti speciali e con procedura “eccezionale” dal premier Boris Johnson e subito approvata dalla Regina Elisabetta, a cui spetta concederla. Un vero onore per “Capitan Tom” – come è ormai universalmente noto col grado con cui concluse la sua carriera militare nell’esercito di sua maestà – che il 30 aprile ha girato la boa del secolo di vita nella sua rinnovata aura di eroe nazionale, dopo che nei mesi scorsi era caduto fratturandosi l’anca e il servizio sanitario nazionale britannico (Nhs) lo aveva curato. Guarito, l’anziano capitano Moore era così grato ai medici che lo hanno rimesso in piedi che ha deciso di dare il suo piccolo contributo per fronteggiare la pandemia. E così, con l’aiuto dei suoi familiari, ha lanciato una colletta online per sdebitarsi, promettendo in cambio di fare, grazie a un piccolo deambulatore che lo sorregge, cento volte il giro del suo giardino di casa (per una lunghezza di 25 metri) nel paesino di Marston Moreteyne (60 chilometri a nord di Londra, nel Bedfordshire) entro il 30 aprile, il giorno del suo centesimo compleanno.Risultato? Puntava soltanto a racimolare un migliaio di sterline, ha sbalordito il mondo raccogliendo una cifra da capogiro ed è balzato in vetta alla classifica della piattaforma Justgiving. E non è finita qui. Sempre a scopo benefico ha cantato la cover dell’inno della squadra di calcio del Liverpool “You’ll never walk alone”, insieme a Michael Ball e al coro NHS Voices of Care conquistando il primo posto della hit parade britannica dei singoli.
Di fronte alla straordinaria impresa, gli esperti di fundraising concordano: due sono gli insegnamenti che si possono trarre dalla storia del capitano Moore e dalla sua iniziativa. Il primo: le campagne di raccolta fondi sono un successo quando trama e personaggi dello storytelling sono vita vissuta e persone in carne e ossa; basta saper “guardare” il romanzo della quotidianità. Il secondo: l’emergenza sanitaria e assistenziale dominerà il campo del fundraising nel futuro a detrimento di altri settori della solidarietà. Infatti la pandemia sta mettendo in crisi soprattutto quelle campagne di fundraising che promuovono eventi di raccolta fondi peer-to-peer.
Un tracollo per le operazioni di solidarietà che prevedono di coinvolgere i propri sostenitori in attività come passeggiate, maratone, biciclettate. A causa dell’esplosione del coronavirus, le associazioni si sono dovute reinventare nuovi eventi. Spesso hanno trasformato le tradizionali iniziative “di persona” in programmi virtuali, affrontando però alcune difficoltà soprattutto quando hanno poca esperienza e insufficienti investimenti nel campo delle nuove tecnologie.
Un esempio innovativo è la piattaforma britannica di quiz virtuali per le raccolte fondi www.virtualquizevents.com. Virtual Quiz Events ospita i quiz online promossi dalle associazioni. I sostenitori sono invitati a giocare comodamente da casa propria o in qualunque parte del mondo si trovino. Ma come funziona? È semplice: l’organizzazione stabilisce l’importo per la registrazione che i giocatori devono pagare per partecipare al quiz. Il totale delle iscrizioni produce il montepremi finale. I giocatori che si registrano accedono e giocano al quiz contemporaneamente offrendo interazione e divertimento. Chi arriva al primo posto vince il 10% della somma messa a disposizione, il secondo il 6% e il terzo il 4%, mentre l’associazione riceve il 60% del montepremi.
Battuta d’arresto delle donazioni
L’incubo di una seconda ondata del Covid-19 e la vita sociale in bilico sul filo di eventuali nuove restrizioni, rendono il futuro un’incognita che alimenta timori e paure per le organizzazioni di volontariato con il rischio di un tracollo delle entrate. Le associazioni che non sono direttamente impegnate nella lotta alla pandemia vivono un’incertezza sull’andamento delle raccolte fondi che si svolgeranno nei prossimi mesi. I numeri purtroppo non fanno sconti, le tendenze non sono rosee e, di conseguenza, le proiezioni non sono incoraggianti.
Sulla base dei dati dell’ultimo rapporto annuale dell’Istituto Italiano della donazione (IID) “Noi doniamo – Edizione 2020”, l’Italia ha visto una battuta d’arresto su tutti i fronti del dono e la situazione è peggiorata nel 2020, nonostante l’emergenza sanitaria abbia mobilitato tanti cittadini a donare. L’indagine, presentata il 2 ottobre, registra un aumento – dal 51% del 2018 al 55% nel 2019 – di italiani che non fanno alcun tipo di donazione economica, nemmeno informale.
Anche Istat, nell’indagine multiscopo “Aspetti della vita quotidiana”, segnala un calo nel 2019 di italiani – pari a 585mila persone – che donano alle associazioni, scendendo dal 14,5% del 2018 al 13,4% dello scorso anno. Stesso trend rilevato dalla società di ricerche di mercato Bva Doxa, che quantifica nel 45% il numero di cittadini che hanno donato ad associazioni a fronte del 49% dell’anno precedente. L’unico dato positivo riguarda l’ammontare della donazione media che, secondo il laboratorio per la ricerca sociale WaldenLab di Milano, passa dai 70 euro del 2018 ai 77 dell’ultimo anno. Al primo posto nella classifica delle cause per cui si dona c’è la ricerca medico-scientifica, seguita dal contrasto alle povertà e al sostegno a malati e disabili. «L’emergenza sanitaria e sociale ha generato una mobilitazione forte, anche in termini di donazioni», spiega Cinzia di Stasio, segretario generale IID, sottolineando tuttavia come questa reazione sia legata esclusivamente alla pandemia ed evidenziando numerose incognite nel futuro delle organizzazioni non profit. Questi dati sono confermati anche dal rapporto IID che monitora da diciotto anni l’andamento delle raccolte fondi degli enti non profit nel nostro Paese. Nel 2019 il 42% del campione affermava di aver aumentato le raccolte fondi, a fronte di un 38% che invece registrava un calo e un 20% sostanzialmente stabile. Il monitoraggio avviato a marzo e ad agosto di quest’anno, rileva che il 62% delle organizzazioni dichiara una diminuzione delle entrate di cui il 20% registra un calo del 50% dei fondi raccolti, fino ad arrivare al 7,5% di enti che denunciano una clamorosa riduzione del 100 per cento. Per Walden- Lab il 28% degli italiani ha sostenuto nei primi sei mesi del 2020 la protezione civile e le strutture sanitarie. Secondo IID, oggi più della metà delle organizzazioni non profit (52%) prevede un calo delle entrate per il 2020, solo un terzo (il 33%) un aumento e il 15% un andamento stabile, soprattutto a causa dell’impossibilità di organizzare eventi e iniziative di raccolta fondi.
Dall’Italia al resto del mondo: l’orizzonte è cupo
Allargando il cerchio dalla situazione italiana al resto del mondo, sul versante della raccolta fondi e delle donazioni, lo scenario è cupo ovunque, come confermano le cifre. Il sondaggio Covid 19 condotto da CAF America (Charities Aid Foundation of America) ha raccolto la voce di 414 organizzazioni in tutto il mondo (Italia compresa) che stanno combattendo contro la crisi della pandemia e dove il fattore tempo è cruciale: due terzi di queste avvertono che la loro autonomia finanziaria si sta esaurendo. Una su tre prevede addirittura di chiudere i battenti entro i prossimi dodici mesi se la situazione non migliora. Secondo la ricerca di CAF America, il 63,4% delle realtà che hanno risposto all’indagine ha ammesso che «attraversa un momento terribile », mentre il 32 % non è in grado di stabilire per quanto tempo potrà sopravvivere nelle condizioni attuali. Solamente il 36,5 è fiducioso di poter resistere alla tempesta. Purtroppo il 7,5% degli enti che hanno preso parte alla ricerca è già stato costretto a chiudere.
Sono due i motivi principali che spingerebbero le associazioni a sospendere le proprie attività in questa fase: il 65% non è in grado di agire per il coronavirus, mentre il 30% deve rinunciare ai volontari per restrizioni e norme sulla sicurezza da rispettare. Il dossier della fondazione statunitense sottolinea che, se nel mese di maggio c’è stato un aumento delle donazioni ricevute (dal 46% dal 44%) a confronto di aprile, il 16,2% delle organizzazioni intervistate non ha ricevuto alcun finanziamento negli ultimi trenta giorni e riscontra difficoltà nel coprire le spese correnti: due su dieci infatti non riusciranno a pagare né l’affitto per la sede, né le bollette di acqua e luce. Un’organizzazione su quattro, invece, starebbe pensando di riaprire i propri spazi, ma non ha sufficienti risorse economiche per adeguarsi alle misure di sicurezza anti-Covid. Infine il 32% avrebbe bisogno di finanziamenti aggiuntivi da investire in tecnologia sia hardware che software.
Nell’analisi di CAF America emergono tre tendenze in corso: c’è una significativa riduzione delle sovvenzioni elargite dai donatori a lungo termine; la fonte principale delle entrate rimangono i singoli benefattori; i donatori sono a conoscenza delle difficoltà in cui versano gli enti non profit in questo periodo.
In conclusione, lo studio spiega che «esibendo grande intraprendenza e capacità di innovare, quasi i due terzi delle organizzazioni intervistate hanno trovato nuovi modi di interagire con i donatori. Infatti numerose associazioni hanno avviato raccolte fondi online, mentre altre hanno sviluppato campagne interattive: un’organizzazione ha persino creato un gioco a quiz per interagire con i propri finanziatori e incoraggiare le donazioni a sostegno dei propri progetti». Tuttavia, il 72% degli enti non è stato in grado di raggiungere il proprio obiettivo di raccolta fondi e oltre il 12% non ha ricavato denaro dalle proprie campagne virtuali.
Una fase tremenda per il volontariato confermata anche da un altro sondaggio condotto dal Fundraising Institute Australia (FIA), che registra come gli enti di Terzo settore prevedono un calo delle entrate da raccolta fondi di oltre il 20% nei prossimi mesi a causa del Covid. Spiega Katherine Raskob, amministratore delegato della FIA: «C’è molto pessimismo nel non profit. Senza la possibilità di assembramenti fra le persone, tanti eventi dovranno essere cancellati. Eppure queste manifestazioni sono le maggiori fonti di entrate per le associazioni che rischiano di non avere più le risorse per continuare le proprie attività». La metà degli intervistati infatti ha già annunciato che rinuncerà a organizzare per Natale iniziative di gala, cene di beneficienza, incontri sociali, networking, gazebo e bancarelle in piazza e strade e vendite porta a porta.
Non solo preoccupa il futuro, ma anche il presente. La ricerca della FIA conferma che le organizzazioni benefiche hanno registrato un calo del 14% delle entrate da raccolta fondi nel marzo 2020 rispetto allo stesso mese del 2019. Gli enti non profit più piccoli sono quelli maggiormente minacciati dalla crisi provocata dal coronavirs. In Australia due associazioni di volontariato su dieci rischiano di sparire per mancanza di finanziamenti.
Come re-immaginare il non profit per vincere la crisi
Se in questi mesi le organizzazioni non profit sono strangolate da una grave crisi economica, con le donazioni in caduta libera, questo periodo “nero” potrebbe anche rivelarsi una chance da non perdere. «Potrebbe essere il momento per reinventarsi o per migliorarsi. Per re-immaginare la propria attività nel tentativo di sopravvivere alla crisi», sostiene Steve Zimmerman1 sulle pagine della Harvard Business Review di giugno, ha spiegato che «sebbene nei periodi di crisi i leader delle associazioni siano sempre più sopraffatti dalle difficoltà quotidiane, dalle richieste urgenti a breve termine e da un forte senso di incertezza, spesso non si sentono in grado di affrontare un’altra sfida. Ma il re-immaginare la propria organizzazione è sempre possibile e spesso necessario». Avendo lavorato per anni con numerose realtà non profit, Zimmerman racconta che «per reinventarsi un’organizzazione deve concentrarsi su quattro aspetti cruciali e interconnessi: impatto, persone, finanze e comunità».
Impatto, persone, finanze e comunità per reinventarsi
Dopo aver svolto una valutazione dell’impatto che la propria attività ha sul territorio d’azione, secondo l’esperto americano, per immaginarsi il proprio futuro è necessario misurare e ipotizzare quale di esse, o un loro eventuale mix, possa avere effetto anche nel futuro. «Come abbiamo visto durante la pandemia – nota Zimmerman -, le crisi costringono le organizzazioni a essere creative per reclutare e motivare i volontari e rispondere a nuovi o mutati bisogni. La domanda è: qualcuno di queste temporanee attività e progetti è promettente per il futuro? Quale di esse potrebbero contribuire ad aumentare l’impatto dell’associazioni sulla comunità di riferimento?». Reinventare la propria organizzazione offre anche l’opportunità di migliorare il proprio staff, diversificando la leadership, rendendolo più inclusivo, accrescendo comunicazione interna, collaborazione e condivisione di saperi. «Spesso nelle associazioni ci si concentra su attività, eventi e sede, relegando in secondo piano le persone – osserva Zimmerman -. Questo è un grave errore. Il volontariato è relazione e, in quanto tale, le persone sono la risorsa più importante, a cominciare dai volontari stessi. Proprio per questa ragione, in una fase di ripensamento, occorre soppesare abilità, capacità, esperienze, competenze dei propri volontari o dipendenti, cercando di individuare le lacune e provando a colmarle».
Sul fronte delle finanze, la riflessione del consulente americano si focalizza su un’analisi delle spese sostenute, su una proiezione dei costi per un ripensamento della propria attività, sulle reali fondi di entrata presenti e future. Con un errore da evitare: «In troppe organizzazioni, solo un piccolo sottoinsieme della dirigenza si concentra sulle finanze». Occorre invece assicurarsi che «quante più persone possibile abbiano una solida conoscenza delle finanze così, solo allora, si potranno coinvolgere in modo significativo i volontari nel processo di re-immaginazione. Un passaggio quanto mai strategico per identificare i modi per fornire una nuova programmazione che sia adeguatamente allineata con le realtà finanziarie. Ciò aiuterà non solo il processo decisionale strategico, ma anche gli sforzi di raccolta fondi, perché il personale sarà in grado di spiegare ai donatori come viene utilizzato il loro sostegno». Infine, per ri-creare efficacemente la propria organizzazione, è necessario anche concentrarsi sulla propria comunità. In particolare, continua Zimmerman, «sui principali beneficiari dell’attività, chiedendosi come potrebbero cambiare in un’operazione di re-immaginazione? E quali sono i loro bisogni e interessi? Il successo di un tale ripensamento dipende dalla conoscenza delle risposte a queste domande e dall’agire di conseguenza. Così come dalla conoscenza di eventuali altri beneficiari, da una mappatura dei donatori e delle altre associazioni attive sul proprio territorio».
Le mosse giuste per sopravvivere alla pandemia
Per le associazioni di volontariato l’emergenza Coronavirus è una duplice sfida senza precedenti, sia nel tentativo di raccogliere fondi, sia nello sforzo di mantenere un legame a distanza con la propria “rete” di donatori. Per provare a vincere questa doppia battaglia, Andrea Romboli e Fabio Salvatore, esperti di fundraising e docenti del webinar Il fundraising nell’emergenza – Come cambia la raccolta fondi in caso di crisi organizzato dalla piattaforma di crowdfunding Produzioni dal Basso nell’ambito del progetto Attiviamo energie positive hanno dispensato consigli utili da mettere in campo per evitare che l’emergenza si traduca nella scomparsa di centinaia di organizzazioni non profit. Per il presente e per il futuro, durante un periodo di emergenza, guai a commettere l’errore di rimanere in silenzio e immobili. «Non bisogna smettere di raccontarsi e di chiedere sostegno. Farlo si tradurrebbe in una perdita inevitabile di relazione e di fiducia con i donatori». Di conseguenza, occorre avviare campagne di raccolta fondi ad hoc declinate sulla fase che stiamo vivendo e non campagne generiche. In secondo luogo, considerate le limitazioni e il distanziamento sociale in atto, per Romboli e Salvatore risulta chiaro che le organizzazioni che hanno puntato e investito sul digitale hanno un innegabile vantaggio rispetto a quelle che non lo hanno fatto. «Occorre quindi rafforzare l’uso dei social media con fotografie e video e del proprio sito web programmando delle pubblicazioni quotidiane. Questo secondo punto è strettamente connesso con il terzo: le realtà non profit devono dotarsi quanto prima di personale o volontari che sappiano sfruttare appieno il potenziale offerto dal digitale e oppure provvedere a alla loro formazione. E poi sarebbe necessario ripensare anche l’organizzazione interna. «Uno degli errori classici è tenere separato il ramo della comunicazione da quello del fundraising. Sono aspetti invece strettamente interconnessi, di conseguenza in questa fase è vitale che lavorino insieme». Quarto consiglio: scommettere su crowdfunding e influencer. Per i due esperti, si tratta sia nuove modalità di raccolta fondi che innovative modalità di interazione con la propria comunità. Da ultimo, la parole d’ordine per il futuro deve essere una sola: sinergia. Poiché con l’unione di forze, competenze, risorse tra pubblico, privato e Terzo settore si può meglio rispondere ai bisogni della società e delle fasce più deboli.
Vdossier
articolo tratto da
“Fundraising. Donatori, capitale da difendere. Online, influencer e sinergie: la ricetta per non scomparire”
Vdossier numero 2 2020
Analisi e riflessione. Discussione e dibattito su idee, proposte, giudizi, opinioni e commenti. Questa è la missione di Vdossier.