Partecipo quindi dono, la ricerca sull’impegno delle persone di origine immigrata
Presentata l’indagine realizzata dal Centro studi Medì, con il supporto di CSVnet e dei Csv, sulle diverse forme di impegno che hanno coinvolto i cittadini stranieri residenti in Italia durante la pandemia e l’accoglienza dei profughi in Ucraina. Ecco i dati, le motivazioni e le sfide di questi protagonisti “inediti” della solidarietà
di CSVnet
È stata pubblicata la ricerca “Partecipo quindi dono. L’impegno solidale delle persone di origine immigrata oltre la pandemia”, realizzata dal Centro studi Medì di Genova e promossa da CSVnet sulle varie forme di solidarietà messe in campo dai cittadini stranieri nel nostro Paese.
A tre anni dalla precedente indagine (, pubblicata nel 2020), il nuovo rapporto, curato da Maurizio Ambrosini (Università di Milano) e Deborah Erminio (Università di Genova, Centro studi Medì), arricchisce di ulteriori dettagli lo sguardo sulle forme di attivismo che coinvolgono persone o gruppi di origine immigrata, a partire da due vicende drammatiche – la pandemia prima e l’accoglienza dei profughi ucraini nel 2022 – da cui sono scaturite ulteriori prove di questa capacità di attivazione. Un impegno che spazia dalla dimensione locale a quella transnazionale e comprende pratiche spontanee e forme organizzate di volontariato, raggiunge parenti e compatrioti, ma anche istituzioni italiane e cittadini nativi.
I risultati evidenziano, come elemento di novità rispetto alla ricerca precedente, la capacità riscontrata in queste persone di aggregarsi in forme associative più o meno organizzate. L’impegno civico diventa inoltre un volano per l’integrazione sociale; come sottolineato da Maurizio Ambrosini «la ricerca ha delineato una circolazione della solidarietà, che rafforza il capitale sociale e l’integrazione nel territorio della classe media solidale di origine immigrata. Avendo ricevuto aiuto, i protagonisti avvertono l’imperativo morale di impegnarsi a loro volta nell’aiutare altre persone.
«Il mondo del volontariato è un laboratorio di esperienze per lo sviluppo delle comunità, per la crescita dei legami, per favorire la partecipazione attiva dei cittadini alla vita democratica; non può che favorire il contributo costruttivo, innovativo e multiculturale dei nuovi cittadini nelle trame della “società civile” – afferma Chiara Tommasini, presidente di CSVnet. “Per questo abbiamo messo a disposizione la presenza capillare dei Csv in tutte le regioni per realizzare questa indagine che siamo certi offrirà nuovi spunti di riflessione e piste di lavoro a tutte le realtà di terzo settore impegnate o meno sul tema» spiega la presidente Tommasini.
Come per la prima ricerca un contributo significativo è stato fornito dal sistema dei 49 Centri di servizio per il volontariato (Csv) italiani, coinvolti nella raccolta dei questionari oltre che nella realizzazione di alcune fra le 64 interviste narrative realizzate. A completare il rapporto anche l’analisi delle attività solidali di sette associazioni e comunità formate da persone immigrate, presenti in diverse regioni italiane.
La fotografia di chi aiuta
La ricerca ha analizzato un campione di 330 persone immigrate impegnate in varie forme di solidarietà e di dono in Italia. Si tratta di uomini e donne che vivono nel nostro Paese da oltre 20 anni e che sono in larga parte integrati – il 64% ha creato qui una famiglia. Inoltre, la fotografia scattata dai principali dati dell’indagine ci dice che tra le persone interpellate il 52% è cittadino italiano, il 59% è donna e il 52% è laureato. L’età media del campione è di 43 anni, mentre il 42% conferma di avere un lavoro stabile.
I dati che descrivono più da vicino l’impegno solidale di queste persone, ci rivelano che il 64,3% di loro svolge abitualmente attività di volontariato, mettendo a disposizione degli altri sia il proprio tempo che le risorse e le competenze di cui dispongono. Un impegno che è stato definito dai ricercatori “solidarietà multidirezionale”. Le loro donazioni, infatti, non sono rivolte solo ai propri connazionali ma anche agli italiani, né sono destinate esclusivamente ai rispettivi paesi di origine, ma tentano di rispondere ad esigenze e problematiche presenti nella comunità in cui si sono stabiliti.
Nello specifico, il 40% ha partecipato a collette a favore di persone bisognose in Italia; il 19,7% ha partecipato a raccolte fondi in Italia, mentre il 18,2% ha inviato denaro per aiutare le persone nel paese di origine. Il 15,4% ha invece partecipato a raccolte di materiale sanitario durante l’emergenza Covid-19.
Oltre a questa dimensione pratica di dono e aiuto la ricerca mette in evidenza anche modalità più strutturate e inedite per questa categoria di persone, come la traduzione e diffusione d’informazioni sui comportamenti da adottare durante l’emergenza sanitaria, la mediazione con i servizi sanitari, la collaborazione in rete con servizi e organizzazioni italiane per aiutarle a raggiungere i residenti stranieri fino ad arrivare alla gestione di problemi più complessi. I volontari di origine immigrata si sono rivelati un tramite prezioso per costruire un ponte tra le istituzioni italiane e i soggiornanti stranieri, non solo per aiutare loro, ma anche per tutelare la salute di tutti.
Le testimonianze dal territorio
La ricerca ha poi studiato più da vicino l’esperienza di sette delle realtà associative, attive in diverse regioni italiane. Due fra queste sono protagoniste del video-racconto realizzato dall’agenzia Genau grazie ai fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese e che sarà diffuso a breve insieme alla ricerca . Si tratta della Comunità salvadoregna Monsignor Romero (CMR) di Milano – molto attiva nella promozione di progetti di sviluppo in Salvador e nel sostegno di diversi nuclei familiari con raccolte di beni di prima necessità e di Venice Bangla School di Venezia impegnata, soprattutto durante la pandemia, nell’accompagnamento telefonico o di persona e nella mediazione interculturale.
Il video-racconto realizzato dall’agenzia Genau grazie ai fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese