Relazione di missione: cerniera tra investimento e risultato
di Marta Moroni, responsabile comunicazione CSV Milano
La trasparenza come chiave interpretativa per la Relazione di missione
Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha pubblicato (Decreto 5 marzo 2020[i]) la modulistica relativa ai bilanci che gli enti di Terzo settore dovranno utilizzare per rendicontare il prossimo anno sociale. Un altro passo verso l’attuazione del Codice del Terzo settore (Cts) che, alla voce “Scritture contabili e bilancio”[ii], prevede che il bilancio degli Ets sia “redatto in conformità alla modulistica definita”.
Per quanto concerne gli schemi di bilancio, i cui dettagli su modalità, tempi di attuazione e contenuti abbiamo già descritto in un articolo (I nuovi schemi di bilancio per gli enti del Terzo settore), ricordiamo che sono suddivisi in 4 modelli:
- Modello A: Stato patrimoniale
- Modello B: Rendiconto gestionale
- Modello C: Relazione di missione
- Modello D: Rendiconto per cassa
Modello C: Relazione di missione
Questo contributo è dedicato ad approfondire la Relazione di missione che è compresa tra i documenti del Bilancio di esercizio[iii] e rappresenta lo strumento per evidenziare e illustrare il legame inscindibile che deve sussistere, in un Ente, tra l’investimento economico e strumentale e i risultati delle azioni messe in campo per raggiungere le finalità di interesse generale verso le quali l’ente si è preso un impegno sociale.
La restituzione di questo legame risponde al grande principio di trasparenza che è alla base delle rendicontazioni sociali e ribadito più volte nelle Linee guida ministeriali per il bilancio sociale.[iv]
Trasparenza
Trasparenza è un termine che deriva dal latino: tran «trans-» e parere «apparire»: che fa passare la luce e lascia quindi vedere gli oggetti che sono al di là.
In senso figurato il significato acquisisce alcune sfumature importanti da evidenziare (fonte “Treccani” www.treccani.it):
- Chiarezza, facilità di comprensione o di intuizione del senso o del significato, anche se non è espresso in modo esplicito
- Con riferimento ad atti, comportamenti, situazioni, modi di procedere, soprattutto nella vita pubblica e nei rapporti con la collettività, significa chiarezza, pubblicità, assenza di ogni volontà di occultamento e di segretezza.
Si evince quanto la trasparenza sia quindi legata all’accompagnamento e alla facilitazione della lettura che un osservatore, interno o estero, intende fare dell’oggetto in questione, in questo caso dell’ente.
Il principio di trasparenza sancito dalla legge, quindi, è un dettame normativo che si traduce non solo nella regola da rispettare, ma, anche e soprattutto, nel dimostrare in modo chiaro e comprensibile a tutti che la si sta applicando. Introducendo, però, come visto prima, anche il punto di vista dell’osservatore verso il quale si attua la trasparenza. La legge pone l’obbligo di tenere presente anche il valore sociale di questo principio, cioè la sua ricaduta in termini relazionali e di costruzione di fiducia con il mondo interno ed esterno all’ente.
Proncipio normativo
Partiamo dal principio normativo, apparentemente più semplice poiché declinato da una norma, e vediamo dove e come ritroviamo i richiami con il supporto di Nataniele Gennari, avvocato.
Già nel 2016, la Legge delega 106 di Riforma del terzo settore chiarisce i contorni del principio. Infatti tra gli obiettivi di riordino e di revisione organica della disciplina vigente in materia di enti del Terzo settore (al co. 1 dell’art. 4 alla lettera d)) è posta la necessità di “definire forme e modalità di organizzazione, amministrazione e controllo degli enti ispirate …. ai principi di efficacia, di efficienza, di trasparenza, di correttezza… con facoltà di adottare una disciplina differenziata che tenga conto delle peculiarità della compagine e della struttura associativa”.
La legge, quindi, formalizza la necessità che un ente si ispiri, tra gli altri principi, anche a quello della trasparenza, ma proporzionandolo alle proprie dimensioni e caratteristiche.
Alla lettera g), a completamento, è precisata la necessità di “disciplinare gli obblighi di controllo interno, di rendicontazione, di trasparenza e d’informazione nei confronti degli associati, dei lavoratori e dei terzi, differenziati anche in ragione della dimensione economica dell’attività svolta e dell’impiego di risorse pubbliche…”, riferendo, quindi, la trasparenza all’esercizio di una responsabilità nei confronti dei soggetti coinvolti dall’attività dell’Ente.
Il legislatore, con il Codice del terzo settore (D.L. 117/2017), ha dato attuazione ai precedenti principi, declinandoli in diverse parti della norma e confermandone la logica di fondo che può essere riassunta, come dice Gennari, nel seguente concetto: “Sono date delle regole di carattere generale (trasparenza) che devono essere rispettate, e che sono però permeate da un principio di gradualità (o proporzionalità) che le rende attuabili a seconda delle dimensioni e della tipologia dell’ente”. Infatti la declinazione proporzionale del principio di trasparenza è stata sviluppata in modo trasversale negli articoli dal 4 al 16 del Codice del Terzo settore (Cts), ma anche nel 17 dedicato ai volontari, nel 28 sulla responsabilità degli amministratori, nel 30 sull’Organo di controllo, nell’87 sulle scritture contabili, nel 93 sul sistema di controllo.
Il Codice del Terzo settore definisce standard obbligatori dettagliati e rigorosi per gli enti che hanno dimensioni considerevoli, ma indirizza gli amministratori tutti, anche quelli dei piccoli enti a perseguire, sulla base del criterio di proporzionalità, la trasparenza come strumento per l’esercizio della propria responsabilità nei confronti degli stakeholder (interni ed esterni, primari e secondari) posto a garanzia dell’impegno preso verso la collettività (perseguimento delle attività di interesse generale).
Il Consiglio Direttivo dell’ente, che ne esercita l’amministrazione, dispone del prezioso strumento delle delibere per declinare questa responsabilità. Anche le delibere, come ci ricorda l’avvocato. Gennari, devono essere ancora una volta trasparenti e proporzionate, cioè: “Strumento di un funzionamento fluido dell’organo gestionale, semplici ma chiare, non troppe ma sufficienti a restituire la cadenza delle sessioni e decisioni. Insomma: testimoniare la capacità di prendere le decisioni per tempo, con consapevolezza, lungimiranza e la dovuta flessibilità”.
Principio sociale
Dal punto di vista sociale, inoltre, la trasparenza si può considerare il punto di partenza per la costruzione della reputazione di un ente di Terzo settore: è infatti il principio più importante attraverso il quale fotografare, analizzare e legittimare il proprio operato agli occhi del mondo nel quale è inserito.
Come ci ha detto Cristiana Rogate, presidente e fondatrice di Refe – Strategie di sviluppo sostenibile -, occorre ricordare bene che il principio sociale della trasparenza è, però, l’effetto di un modo di essere, non il risultato di un’azione specifica. Si tratta, infatti, di un principio relazionale, di dialogo e connessione, che pone le basi per la partecipazione all’ente da parte di soggetti interni ed esterni, offrendone gli strumenti perché questa adesione sia consapevole e informata.
Sulla trasparenza, aggiunge ancora Rogate, si fonda, infatti, la possibilità di costruire un dialogo tra soggetti differenti orientato all’apprendimento reciproco. È tenendo fede a questo principio che l’ente può leggersi, esaminarsi, e poi presentarsi e raccontarsi, mettendo a disposizione all’interno e all’esterno delle vere e proprie chiavi di lettura e di senso per interpretare al meglio identità, finalità, aspetti distintivi, modalità di azione e cambiamenti ottenuti. In tal modo, si fonda la relazione con il mondo esterno e con la comunità interna su chiarezza e comprensibilità, offrendo una base su cui ciascuno è libero di valutare la propria vicinanza e adesione all’ente, e parteciparvi con contributi coerenti, appropriati, costruttivi.
Il principio sociale della trasparenza, quindi, è un principio guida anche nella stesura della relazione di missione e riguarda in particolare:
- identità: perché esisto, quale missione mi pongo, quali finalità statutarie, quale cambiamento voglio portare nel contesto di riferimento
- funzionamento e uso delle risorse: come organizzo la mia identità, come strutturo il governo e l’esercizio della responsabilità di tutti i soggetti coinvolti nell’Ente
- attività e valore creato: da dove sono mosse le mie azioni, cosa ho fatto, cosa ho prodotto, cosa ho modificato rispetto ai diritti-bisogni-condizioni dei miei stakeholder
evidenziando soprattutto la relazione che lega i vari aspetti e che guida la ragion d’essere e la vita dell’ente.
L’osservazione di un ente si può concentrare, quindi, su singoli aspetti quali il suo governo, il rispetto delle regole di pertinenza, sui processi di lavoro, sulla dimensione economica, sulle attività e i loro risultati, effetti o impatti. Ma la piena trasparenza si raggiunge tramite la connessione che lega ognuno di questi singoli aspetti: come scelte e obiettivi strategici contribuiscono al raggiungimento del mandato istituzionale, quale gestione economica è stata preferita per finanziare le attività, come i processi di lavoro così organizzati orientano attività ed efficacia dell’ente e così via.
Prossimi appuntamenti
Non finisce qui! Infatti nelle prossime settimane offriremo altri contributi che riteniamo importanti per rendere la stesura della Relazione di missione un’occasione per fare un passo avanti, per evolvere ed essere meglio all’altezza della nuova identità che la Riforma del Terzo settore sta tracciando per il non profit.
Parleremo, infatti, ancora dell’importanza del processo di costruzione della Relazione di missione, concentrandoci sul coinvolgimento degli stakeholder, arrivando poi a fornire elementi utili ad avviare il processo, e qualche strumento di supporto operativo.
[i] pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 aprile 2020 al n.102
[ii] D.Lgs 117/2017 art. 13 co. 3
[iii] D.Lgs. 117/2017 art. 13 co.1
[iv] “Linee Guida per la redazione del Bilancio Sociale degli Enti del Terzo settore, ai sensi dell’articolo 14 comma 1 Decreto Legge 117/2017 e, con riferimento alle Imprese Sociali, dell’articolo 9 comma 2 decreto legge 112/2017” pubblicate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ad agosto 2019