Sintesi del seminario: Sfide e potenzialità dell’accoglienza in famiglia: esperienze a confronto
Il 26 settembre 2024 si è tenuto a Parma, il quarto incontro del ciclo di seminari organizzati nell’ambito del progetto di ricerca PRIN “VOLacross – Volontari, crisi ed innovazione sociale: un’analisi comparata e longitudinale”, a cura dell’Università di Milano e dell’Università di Parma, con la collaborazione di CSV Milano.
Il seminario si è svolto presso la casa di accoglienza Wonderful World gestita da Ciac Onlus. La struttura, nata nel 2019 per accogliere chi, in seguito ai Decreti Sicurezza, era stato escluso dall’accoglienza istituzionale ha di recente aperto anche all’accoglienza turistica. Il seminario si è posto come occasione di confronto tra esperienze di accoglienza in famiglia su diversi territori in Italia. Moltissimi i temi emersi: l’importanza dell’accoglienza in famiglia come pratica relazionale, la possibilità che offre di creare reti che durano nel tempo, ma anche le contraddizioni che la attraversano, l’importanza di lavorare sulle aspettative delle famiglie e la necessità di “decolonizzare” il proprio sguardo.
Mackda Ghebremariam Tesfau’, ricercatrice dell’Università di Parma, ha aperto il seminario a partire dalla sua ricerca di dottorato. Comparando Ciac Onlus e Refugees Welcome Italia (RWI) ha individuato nelle due organizzazioni due diverse modalità di fare accoglienza in famiglia: la prima più istituzionale (accoglienza professionale), la seconda di stampo più volontaristico (autonomia del sociale). Mackda, inoltre, ha definito l’accoglienza in famiglia come un gesto attraverso cui costruire un “noi”, un gesto che si configura come pratica anti-razzista che favorisce l’autonomia delle persone migranti, un percorso di decolonizzazione e risposta di solidarietà politica al razzismo.
Chiara Marchetti, di Ciac Onlus, ha messo in luce come l’accoglienza in famiglia presenti anche spazi di contraddizione e ambivalenza. Nata dall’ambizione di contribuire a un cambiamento sociale, l’accoglienza in famiglia, è un tentativo di creare legami che rimangono nel tempo. A Parma, l’accoglienza in famiglia ha anche contribuito alla nascita di nuovi progetti: il progetto Tutor, oggi community-matching, così come le esperienze di co-housing tra studenti universitari e giovani rifugiati.
Matteo Bassoli, professore di Scienze Politiche dell’Università di Padova e attuale presidente di RWI, ha spiegato che la condivisione degli spazi dell’abitare in RWI nasce non come pratica di aiuto e cura ma come pratica che aspira a generare un cambiamento nella società italiana. L’accoglienza in famiglia è pensata quindi come un esercizio di solidarietà “prefigurativa”: chi la agisce mette in campo la società che vorrebbe mettendo in discussione i sistemi di accoglienza in essere.
A chiudere il giro di interventi è stata Miriam Carretta referente del progetto “Rifugio Diffuso – Accogliere un rifugiato in famiglia“, di Torino che ha messo in luce i punti di forza e le criticità dell’accoglienza in famiglia. Tra i punti di forza, senza dubbio, la possibilità di offrire a chi viene accolto una rete, dei legami che spesso permangono per anni, anche dopo la fine del progetto, e che aprono alla costruzione di nuove “comunità territoriali”. Accogliere in famiglia è anche un’occasione di arricchimento per le famiglie, nonché un atto politico che scardina la tradizionale narrazione emergenziale e securitaria sulla migrazione. La condivisione della propria abitazione produce nuovi sguardi sulle persone accolte e nuove esperienze con esse: non più meri beneficiari di cura ma persone con una propria storia e delle proprie competenze che in un dato momento necessitano di supporto. Tra gli aspetti critici di questa forma di progettualità, Miriam Carretta ha citato la rigidità delle aspettative delle famiglie e la necessità di lavorare su tali aspettative soprattutto riguardo al tipo di relazione che esse ambiscono ad instaurare con la persona accolta. Fondamentale, dunque, la continua formazione dei/delle volontari/ie nonché l’incontro e lo scambio di esperienze, a supporto di un approccio che favorisca una reale apertura e che prepari e incoraggi le famiglie a mettersi in gioco, accettando anche possibili momenti di crisi.
All’intervento dei relatori è seguito un dibattito molto animato arricchito soprattutto dalla partecipazione e dalla condivisione delle esperienze di accoglienza da parte di diverse famiglie volontarie di Parma. Oltre al tema delle aspettative, sono emersi altri temi, tra cui il difficile momento del distacco. Si tratta di un momento particolare in cui “prendersi cura” significa rispettare la libertà reciproca e i percorsi di vita di ciascuno.