Sintesi del seminario: Tra volontariato e attivismo: volontariato e (de)politicizzazione
Il 5 aprile 2024 si è tenuto il secondo incontro del ciclo di seminari organizzati nell’ambito del progetto di ricerca PRIN “VOLacross – Volontari, crisi ed innovazione sociale: un’analisi comparata e longitudinale” a cura dell’Università di Milano e dell’Università di Parma. In questa occasione abbiamo discusso di continuità e tensioni tra volontariato e attivismo, a partire dall’intervento di due ricercatori, Lorenzo Zamponi della Scuola Normale Superiore di Firenze e Lorenzo Piccoli dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze.
Lorenzo Zamponi ha presentato un’articolata panoramica dell’eterogeneo universo delle pratiche di solidarietà e mutualismo dal basso emerse recentemente in Italia, interrogandosi, in particolare, sui percorsi di politicizzazione osservabili nell’ambito di queste stesse pratiche.
Lorenzo Piccoli ha invece illustrato i dilemmi etici che possono affrontare i volontari, a partire da un’analisi delle organizzazioni della società civile che offrono assistenza medica a migranti irregolari (qui il suo articolo in open access). Dalla sua ricerca emerge infatti che, da un lato, i volontari spesso sopperiscono alle carenze dei servizi socio-sanitari, e che, dall’altro, il loro intervento può contribuire alla de-responsabilizzazione degli attori pubblici rispetto al diritto alla salute (per approfondire, qui un video-intervista a Lorenzo Piccoli).
Hanno inoltre contribuito al dibattito volontari, volontarie, professionisti e professioniste, riconducendo queste riflessioni teorico-concettuali ai propri contesti di intervento e alla propria esperienza personale.
In particolare, Edda Pando (Associazione Arci Todo Cambia) ha evidenziato come le esperienze biografiche, ma anche le mutevoli congiunture storico-politiche entro cui queste si articolano, contribuiscono a modificare la percezione che i volontari hanno del proprio ruolo. Alcuni si percepiscono come “volontari”, altri come “militanti”, altri ancora invece come “attivisti”. Queste diverse (auto) definizioni e identità possono cambiare nel tempo, e a queste corrispondono i diversi significati che ognuno attribuisce alla propria attività solidale.
Ad esempio, come ha suggerito Niccolò Palla (Mutuo Soccorso Milano), sentirsi attivisti – più che volontari – in uno spazio come quello di Mutuo Soccorso Milano, riflette una specifica modalità di “azione orizzontale”, ovvero, la ricerca di relazioni più paritarie e non prettamente gerarchiche.
Fabrizio Signorelli (NAGA) ha sottolineato la forte consapevolezza tra i volontari del proprio contesto associativo rispetto al rischio di sostituirsi ai servizi socio-sanitari. Ha indicato, tra le possibili strategie preventive, l’adozione di un approccio dialogico con l’attore pubblico, dando un esempio concreto di possibili interventi inclusivi, ma anche raccogliendo e dando visibilità a possibili criticità in termini di accesso ai servizi pubblici.
Marco Latrecchina (Emergency) ha invece posto l’accento sul valore dell’eterogeneità e della pluralità (anche se apparentemente “inefficiente”) nelle modalità di intervento della società civile sul territorio, osservando che nemmeno l’azione “puramente” umanitaria può davvero considerarsi del tutto apolitica. Si tratta, infatti, sempre di attività che, nel loro svolgersi, direttamente o indirettamente mirano a promuovere un cambiamento – anche nelle (e delle) istituzioni.
Alcuni partecipanti, durante il dibattito, hanno posto l’accento sul ruolo del coordinamento e delle reti nel promuovere concreti cambiamenti sociali. Altri hanno invece condiviso riflessioni attorno al significato della dimensione politica in questo campo, suggerendo che questa non sia leggibile solo in termini di rivendicazioni conflittuali nei confronti dello Stato, ma anche nelle possibili forme di collaborazione con gli attori pubblici che garantiscano un equo accesso ai diritti. Rispetto a queste forme di collaborazione, sono stati richiamati alcuni rilevanti “dilemmi etici”, legati sia all’opportunità (o meno) di intervenire, sia alle specifiche modalità di intervento. Queste domande riecheggiano nella coscienza di volontari e professionisti del sociale, mettendo a dura prova il loro impegno. Tuttavia, è proprio cercando di rispondere a queste domande con le proprie “azioni dirette”, che è possibile produrre innovazione sociale dal basso, anche innescando nuove arene di contesa politica.
(articolo a cura del Progetto Volacross)