Solidarietà con lo smartphone: si recluta grazie alle app
Con la tecnologia si possono arruolare volontari e motivarli ai tempi del Covid. Viaggio nell’Europa dei casi di successo: quattro storie che insegnano a fare le mosse giuste
di Paolo Marelli
Per chi non ha paura di osare, i tempi sono propizi. I mesi della pandemia possono anche diventare i mesi di sperimentazioni e scommesse, di innovazioni e sfide. Soprattutto per il non profit che, con l’esplosione dell’emergenza sanitaria, sociale ed economica, è alle prese con un’impennata di richieste di aiuto dei più fragili e di nuovi bisogni che si affacciano all’orizzonte.
Ma tante organizzazioni e gruppi di cittadinanza attiva pagano a caro prezzo il distanziamento fisico che, azzoppando incontri ed iniziative, uccide la socialità che è l’anima dell’associazionismo. Con una grave ricaduta sul Terzo settore: senza presenza, senza stare insieme, senza operare gomito a gomito anche reclutare e motivare volontari è diventata una montagna da scalare. Vale per piccole associazioni e gruppi informali di cittadini in Italia, come nel resto mondo. Eppure, come sottolinea Kirsten Holmes, docente alla Curtin University, a Perth in Australia, considerata una voce di spicco internazionale sui temi del volontariato, la pandemia può essere anche l’occasione ideale per il non profit di reimmaginare sé stesso. «Le persone vogliono continuare a tendere la mano al prossimo, vogliono darsi da fare, ed è per questo che stiamo assistendo all’emergere di nuovi bisogni all’interno del volontariato e all’ideazione di nuovi strumenti per rispondere a queste esigenze», afferma Holmes, autrice di una ricerca sul non profit al tempo del Covid-19. È proprio questa indagine a mettere in luce come, nelle dure settimane in cui la pandemia sferzava il mondo, c’è stata un’impennata di una cultura del dono “nata dal basso”, creata spontaneamente all’interno di comunità radicate sul territorio, separate dal virus ma unite dalla forza aggregatrice di web e social network, in prima fila Facebook. La galleria di esempi è vasta in tutto il mondo, Italia compresa: Solidarietà Attiva Palermo – emergenza Covid 19 è un gruppo nato da un’idea di giovani palermitani per creare una rete di supporto dal basso alle persone in difficoltà durante il lockdown. Secondo la docente della Curtin University, le esperienze civiche in Rete sono così attraenti grazie alla loro capacità di coinvolgere le persone in modo diretto e immediato, complice una tecnologia sempre più avanzata e processi di adesione veloci quanto un click. Non lo stesso scenario per le Odv, in cui il neo volontario potrebbe trovarsi di fronte a ostacoli come «vivere l’attesa dell’essere contatto dall’organizzazione o una lunga fase di registrazione all’attività scelta», conclude Holmes.
Così, se per molte realtà, la conversione al digitale delle attività di reclutamento è una maratona ancora da percorrere, per altre il traguardo si staglia all’orizzonte. Come Oltralpe, dove ci sono enti non profit che hanno trasformato difficoltà e necessità in una molla per fare un balzo avanti affidandosi a web, smartphone e app per abbattere le distanze e avvicinare nuove leve di volontari attraendoli con la calamita del digitale. Quelle che seguono sono quattro storie di successo, quattro esperienze di enti non profit che hanno voluto osare, che hanno investito tempo e risorse puntando sull’high tech, sfruttandone forza e potenzialità. Quattro esempi che possono insegnare anche alle associazioni di casa nostra come fare le mosse giuste per trasformarsi e proiettarsi nel futuro.
Germania, una “bussola” digitale per salvare gli alberi
In una mano stringono la canna dell’acqua o l’annaffiatoio. Nell’altra tengono ben in vista il loro smartphone, sul cui schermo è dispiegata una mappa digitale e interattiva degli alberi che crescono in ogni quartiere della città. Eccola, la sempre più numerosa carica di volontari con “pollice verde” che, dal maggio scorso, sta invadendo le vie di una Berlino ancora stretta nella morsa della pandemia per salvaguardare il patrimonio verde della capitale tedesca, sempre più messo in ginocchio da eventi climatici estremi, come siccità e incendi. Questa carenza d’acqua cronica, in particolare in primavera ed estate, è tra le prime cause della scomparsa di 7mila alberi in tre anni (da fine 2016 a dicembre 2019) nella sola area urbana di Berlino.
Proprio per arginare la preoccupante emorragia di vegetazione ad alto fusto, la piattaforma online Gieß den Kiez (che tradotto significa “Annaffia il tuo quartiere”) ha fatto il suo debutto nell’ecosistema digitale del reclutamento di volontari ecologici. Si tratta di un sito web che invita i suoi utenti ad “adottare” gli alberi, di cui molti tigli, che si trovano nelle rispettive aree di residenza e, quando ve ne sia la necessità, a garantirne il fabbisogno idrico. La piattaforma consiste in una mappa digitale in cui sono localizzati 625mila alberi (sia quelli che costeggiano le strade, sia quelli che svettano in parchi e giardini pubblici), ciascuno dei quali è censito, corredato da informazioni aggiornate in tempo reale sulla specie di appartenenza, l’età, i bisogni di acqua stimati e l’effettivo apporto idrico ricevuto negli ultimi trenta giorni (pioggia compresa). I cittadini, previa registrazione sul sito, possono individuare gli alberi che si trovano nelle loro immediate vicinanze e decidere se irrigarli una tantum oppure se prendersene cura con cadenza regolare. In entrambi i casi, le sentinelle del verde urbano sono chiamate a segnalare la data di irrigazione della pianta oggetto delle loro attenzioni, così che la carta d’identità della pianta stessa sia sempre aggiornata e l’attenzione degli utenti sia costantemente rivolta alla vegetazione più arida. Gli utenti, inoltre, hanno l’opportunità di scambiarsi informazioni e interagire tra loro, così come organizzarsi per irrigare il verde urbano dell’area in cui risiedono.
Il sito è stato sviluppato da CityLAB Berlin, un laboratorio di innovazione la cui mission è coltivare idee e progetti sostenibili per la città del futuro. Online dal maggio scorso, quando la pandemia da coronavirus sferzava già gran parte dell’Europa, la piattaforma ha subito registrato un boom di accessi: nelle prime sei settimane, si sono contate 7mila irrigazioni individuali di alberi. Gli accessi al sito sono tuttora in crescita e sempre più gruppi di vicinato si stanno affidando alla piattaforma per coordinare le proprie attività di irrigazione nei loro quartieri di residenza, in sinergia con le autorità locali, come spiega Julia Zimmerman, del team di CityLAB Berlin, in un articolo pubblicato online dal sito “Next City”. «Con questo progetto abbiamo voluto dimostrare la varietà di soluzioni digitali disponibili per risolvere problemi della quotidianità», aggiunge Zimmerman. Un’esperienza che combina tecnologia e solidarietà, che fa camminare a braccetto innovazione e appartenenza a una comunità. Un binomio perfetto, che ha condotto a un flusso costante di registrazioni online da parte di cittadini che hanno riscoperto il piacere di un volontariato a chilometro zero. «Per molte persone, la mappa offre una prospettiva completamente nuova della vita nel loro quartiere», afferma la volontaria. Un’esperienza che lei stessa ha vissuto: «La prima cosa che ho fatto quando il sito è andato online è stato controllare quali fossero gli alberi che si trovano fuori dalla porta di casa mia».
Con “Be my eyes” presti i tuoi occhi ai non vedenti
Individuare la marca di biscotti preferita sugli scaffali del supermercato. Verificare la data di scadenza di un prodotto nel frigorifero di casa propria. Leggere le etichette degli alimenti. Controllare che il forno stia cuocendo il cibo alla perfetta temperatura. E ancora: indossare vestiti con colori abbinati, risolvere problemi al computer, orientarsi in un ambiente nuovo o persino fare un tuffo nel passato sfogliando l’album delle fotografie di famiglia. Per chi è normovedente, questi sono semplici e veloci gesti della quotidianità. Eppure, per chi è cieco o ipovedente, la loro esecuzione non è così scontata.
È proprio per portare la vista ai disabili visivi, garantendo loro una maggior indipendenza, che è stata sviluppata l’app solidale Be my eyes (che in italiano si traduce “Sìì miei occhi”): sfruttando la tecnologia delle videochiamate, l’applicazione garantisce ai non vedenti un supporto visivo 24 ore su 24 da parte di un drappello di volontari schierato in ogni angolo del globo e pronto a tendere la mano a chi è in difficoltà, pur non interrompendo la propria routine quotidiana tra casa, lavoro e svago. Occhi di volontari che oggi rappresentano una rete solidale estesa in più di 150 Paesi del mondo, con esattamente 4.222.456 volontari (45mila in Italia) che si sono registrati alla piattaforma e che sono pronti a “prestare” la propria vista a quanti dovessero farne richiesta (oggi si contano 249.448 persone cieche o con gravi problemi di vista iscritte, 2.500 in Italia). Proprio l’estensione a macchia d’olio di questo network internazionale di “angeli digitali” assicura un tempo di risposta medio ai bisogni delle persone che chiedono aiuto calcolato in 30 secondi.
L’app, gratuita e disponibile per sistemi operativi IoS e Android, funziona in modo semplice: basta scaricarla e registrarsi. Due le opzioni: registrazione come “non vedente” o come “volontario attivo”. Il primo avrà la possibilità di premere un tasto ed effettuare le videochiamate ogniqualvolta ne abbia la necessità (nessun tetto al numero di richieste d’aiuto). L’applicazione provvederà in automatico a inviare la notifica al primo utente volontario disponibile sulla base della lingua parlata. Nel momento in cui riceverà l’avviso, il volontario potrà scegliere se connettersi o meno, a seconda della sua disponibilità in quel preciso istante. Qualora rifiutasse la videochiamata (perché magari impegnato in una riunione di lavoro o alla guida dell’auto), l’app procederà a dirottare la richiesta d’aiuto all’utente successivo, garantendo così un’assistenza immediata, coperta anche nelle ore notturne grazie a un sistema che combina fusi orari e lingue parlate (al momento sono 180).
Il gadget è un prodotto hi-tech nato e cresciuto prima della pandemia, ma che l’isolamento dei mesi scorsi ha reso sempre più essenziale per chi ha difficoltà visiva. «L’auto-isolamento è un ottimo strumento per salvare vite umane e prevenire drammatiche perdite – spiegava Christian Erfurt, amministratore delegato di “Be my eyes» , in un testo pubblicato sul sito dell’applicazione nel marzo scorso – Eppure, per gli anziani e per le persone ipovedenti o non vedenti, l’isolamento sociale può essere davvero un’impresa ardua. È difficile per tutti noi attraversare la fase di profondi cambiamenti in cui ci troviamo, ma lo è ancora di più per loro, dal momento che adattarsi a una routine priva di amici, parenti e persone care significa confrontarsi con barriere ovunque». Ecco perché l’esercito di volontari che ha scaricato l’app ha via via ingrossato le sue fila quando la pandemia ha fatto sentire tutta la forza della sua viralità: «Siamo pronti più che mai a caricarci sulle spalle la responsabilità dell’aiuto», aveva dato la sua parola il vertice dell’organizzazione solidale. «Grazie alla nostra comunità, possiamo gestire un volume di chiamate ancora maggiore». Potere della tecnologia quando si allea alla forza della relazione umana.
Europa solidale: dove reclutare fa rima con navigare
Dalla Gran Bretagna a Madrid, dall’Estonia al Portogallo, l’emergenza provocata dalla diffusione del Covid-19 ha fatto registrare in tutto il vecchio continente un’impennata di adesioni alle piattaforme online che creano un filo diretto (digitale) tra le associazioni non profit a caccia di nuovi volontari e la schiera di persone pronte a mettersi al servizio del bene. Sebbene fossero già operative prima della pandemia, queste vetrine online di opportunità solidali si sono trasformate, durante i mesi di lockdown, da semplici bacheche di domanda-offerta in vere e proprie cabine di regia virtuali per garantire il coordinamento di attività e servizi destinati alle persone più fragili all’interno delle rispettive comunità. Tra gli innumerevoli esempi degni di nota, si possono annoverare l’esperienza di Can Do Bristol in Gran Bretagna e Voluncloud in Spagna.
La prima è una piattaforma di volontariato e azione sociale nata nel 2017 su impulso del sindaco di Bristol, Marvin Rees. L’idea che fa da architrave al sito è quella di mettere in contatto le organizzazioni del Terzo settore che cercano aiuto e i cittadini che cercano attività solidali a cui dedicare il proprio tempo. Una sorta di elenco digitale delle opportunità disponibili nei vari quartieri della città, con la possibilità di filtrare le richieste/offerte di aiuto per area geografica di residenza o tipo di attività da eseguire per un abbinamento su misura tra domanda e offerta. Con il lockdown e l’urgenza di aiutare il tessuto più fragile della comunità, la piattaforma ha allargato le maglie del suo intervento solidale diventando, attraverso il sostegno di istituzioni locali e gruppi di vicinato, una vera e propria cabina di regia per il coordinamento di tutti gli interventi di aiuto sul territorio. In poche settimane l’appello del sindaco di Bristol, Marvin Rees è stato raccolto da più di 3.600 persone che hanno dato la propria disponibilità ad aiutare gli altri, in uno sforzo collettivo di energie e buona volontà che sta facendo scuola.
In Spagna a fare da catalizzatore di bisogni c’è “Voluncloud”, una piattaforma digitale – sia web sia app – che mette in contatto organizzazioni del Terzo settore e volontari al servizio del bene. Nata nell’ambito di un progetto della piattaforma di volontariato spagnola, l’app è compatibile con dispositivi iOS e Android e permette di consultare in modo chiaro e veloce le opportunità di volontariato (anche qui suddivise per area geografica, oltre alla data di pubblicazione online). Così come il sito web nel Regno Unito, anche l’app spagnola ha subito una trasformazione con l’emergenza Covid-19, diventando un vero e proprio hub di raccolta di domande e offerte. Un ruolo che ha portato la piattaforma ad assumere il coordinamento degli aiuto a livello nazionale, oltre a registrare un boom di iscrizioni durante il lockdown.
Primo
Non aver paura di chiedere aiuto quando la tecnologia mette a disagio: tante OdV non possono contare su risorse interne competenti a cui affidare la creazione o l’implementazione delle proprie piattaforme online. Questo rappresenta un ostacolo per molte associazioni, che rischiano così di rinunciare a massimizzare l’impatto della tecnologia sulla propria attività e a privarsi di processi di reclutamento online. Per evitare che ciò accada, è necessario che le organizzazioni non profit chiedano aiuto, cercando partner strategici o forgiando collaborazioni che possano aiutarle o in una prima fase di implementazione delle loro piattaforme o in un orizzonte temporale di medio e lungo termine.
Secondo
Esplorare metodi di reclutamento creativi: nell’era della bulimia dei contenuti online, lanciare campagne efficaci di chiamata a raccolta di volontari non è semplice. Eppure, per mettere a punto strategie capaci di fare la differenza, gli esperti di reclutamento che operano al di qua e al di là dell’Atlantico consigliano di puntare sulla creatività, sull’utilizzo di un variegato ventaglio di contenuti visuali, così come brevi narrazioni video che veicolino esperienze ad alto impatto emotivo in grado di catturare l’immaginazione del pubblico.
Terzo
Istruire i volontari a diventare “ambasciatori online”: le persone che sono già in prima fila nel compiere il bene sono una risorsa preziosissima (ma spesso non valorizzata a sufficienza) per il non profit. Le loro esperienze di vita, le storie di impegno che hanno alle spalle e l’impatto che i loro gesti hanno sulle comunità sono fonte d’ispirazione per quanti non si sono ancora avvicinati al volontariato. Di qui l’invito alle associazioni di avviare programmi mirati a trasformare questi “angeli (ignoti) del bene” in ambasciatori del proprio brand. Come? I canali social sono, da questo punto di vista, una miniera di potenzialità, spesso ancora tutta da esplorare. Secondo gli esperti, le OdV dovrebbero sviluppare programmi per istruire volontari (precedentemente selezionati) a diventare ambasciatori online, spiegando loro come postare sui social le rispettive esperienze di impegno. Questa nuova modalità di narrazione sarà poi condivisa dai canali ufficiali social dell’associazione stessa, generando un interesse esteso non solo intorno alla storia del singolo, ma anche ai valori dell’associazione di cui si fa portatore. Una narrazione del singolo che diventa collettiva e comunitaria.
Quarto
Avviare una campagna di “ascolto” tra i membri dell’associazione: come possono le OdV rimodulare i propri programmi solidali online se non hanno la certezza di cosa pensino i loro volontari dei programmi stessi? Ecco perché condurre sondaggi sul web tra coloro che sono in prima fila a fare il bene e vagliarne attentamente le risposte è un passo fondamentale per il non profit. Dalle risposte di chi opera già tra le fila dell’associazione possono nascere spunti, idee, suggerimenti e nuovi approcci per reclutare i sostenitori di domani. Anche in assenza di software per sondaggi e strumenti digitali per questionari (che spesso le realtà del non profit non possono permettersi), esistono molteplici soluzioni (gratis) da prendere in considerazione: generare form utilizzando un semplice documento di Word, oppure affidarsi a Google form o ai sondaggi che possono essere creati su Facebook o LinkedIn.
Quinto
Sopperire alla distanza fisica con la vicinanza virtuale: grazie alle potenzialità di web e social media, le realtà del non profit possono dare vita a spazi di incontro da remoto in cui tessere relazioni, far crescere la consapevolezza di una mission comune e dare valore all’attività dei propri volontari, ispirando nuove reclute all’adesione a queste comunità online. Sezioni dedicate all’interno del sito istituzionale dell’associazione, un portale parallelo al sito ufficiale con contenuti pensati esclusivamente per la rete di volontari, oppure blog informali ma realizzati sotto l’ombrello dell’organizzazione sono solo alcuni esempi delle (quasi) illimitate opzioni al servizio del non profit.
Sesto
Garantire uno scambio di comunicazione semplice: in un ecosistema di media digitali così variegato, avere un filo diretto (in tempo reale) con i volontari non è mai stato così a portata di click. Per questo, le organizzazioni hanno l’opportunità di adottare canali di dialogo su misura per il proprio network di “angeli” della solidarietà. Che sia inviare una newsletter dedicata a cadenza regolare, o avviare una chat di gruppo, oppure inviare e-mail o fare telefonate, l’importante è che il flusso di comunicazioni sia semplice, chiaro, aggiornato e veicolato attraverso il canale digitale più adatto alla propria rete di volontari. Con un’aggiunta: il filo diretto deve contemplare anche risposte a dubbi, domande, osservazioni, oggi più che mai vista l’incertezza della fase storica in cui stiamo vivendo.
Settimo
Incoraggiare la formazione e lo sviluppo di nuove competenze: avvicinarsi al volontariato è spesso sinonimo di una sana curiosità. Molti volontari, infatti, sentono il desiderio di dedicarsi a cause solidali per aiutare sì gli altri, ma accrescendo il proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze nelle aree di maggior interesse. Di qui la necessità, per le realtà del non profit, di sperimentare innovativi spazi di apprendimento in Rete: non solo lezioni frontali trasmesse via web e destinate ai volontari, ma anche interazione virtuale tra i volontari stessi, in una contaminazione di competenze sempre più nota come “apprendimento online collaborativo”. Perché, dicono gli esperti, non approfittare delle competenze e/o passioni di ciascun volontario per organizzare lezioni virtuali di yoga, cucina, pittura o musica tenute dai volontari per i volontari? Queste classi, gratuite, potrebbero rivelarsi un collante essenziale per cementare il senso di comunità tra le fila dell’associazione.
Ottavo
Costruire legami a lungo termine con la propria schiera di volontari: le organizzazioni del Terzo settore dovrebbero sfruttare le potenzialità di web, social network e chat online per rinsaldare i rapporti con i propri volontari, soprattutto quelli che prediligono un approccio alla solidarietà “mordi-e-fuggi”, cioè un impegno saltuario all’interno delle organizzazioni. Se finora l’attività di queste persone è stata messa in secondo piano da quella di colleghi più assidui, oggi la tecnologia offre il grande vantaggio di mantenere un filo diretto anche con quella platea di volontari che non si impegna in modo continuativo e che predilige un micro-volontariato virtuale rispetto alla solidarietà “in presenza”. L’obiettivo, con social e web, è quello di coinvolgerli in maniera sempre più assidua al bene.
Nono
Accendere i riflettori sul ruolo irrinunciabile dei promotori del bene: la gratitudine è un sentimento molto forte. Mostrare gratitudine ai propri volontari, anche quando il distanziamento sociale è un obbligo, è un gesto semplice che li farà sentire benvoluti e apprezzati. E darà modo alle organizzazioni di ripagarli per la loro dedizione agli altri. Provare per credere, con i video messaggi (collaborativi) di ringraziamento.
Nono
Online o offline, la qualità non cambia. Che il reclutamento di volontari avvenga attraverso i tradizionali canali, oppure attraverso web e piattaforme social, la qualità del processo di adesione deve sempre rimanere elevata.
Vdossier
articolo tratto da
“Attrazione digitale. Solidarietà con lo smartphone. Berlino, Bristol e Madrid dove si recluta grazie alle app”
Vdossier numero 2 2020
Analisi e riflessione. Discussione e dibattito su idee, proposte, giudizi, opinioni e commenti. Questa è la missione di Vdossier.