Dai trattati di Roma al Nobel. La marcia dell’integrazione tra vittoria e sconfitte
Uno sguardo d’insieme sulle tappe della costruzione dell’Unione europea. Una comunità oggi minacciata dai nazionalismi. E gli Stati chiedono meno rigore e più crescita economica
di Paolo Marelli
Lungo e (a volte) accidentato: cosi e stato il percorso intrapreso dal progetto europeo dal 1950 in avanti. Ma grazie a una capacita di adattamento e di resistenza, la costruzione comunitaria e riuscita a superare ostacoli, a volte considerati insormontabili. Con buona volontà, costanza e impegno sono stati ottenuti risultati politici ed economici di rilievo. Il processo di integrazione che si e sviluppato è stato graduale e progressivo: dopo sessant’anni, oggi l’Unione europea e una comunità di 27 Stati membri.
Quello che segue e uno sguardo d’insieme sintetico che faciliterà l’ampiezza di quanto realizzato. Tuttavia una premessa e d’obbligo nei riguardi del lettore: senza nutrire in questa sede – sia per evidenti ragioni di spazio, sia per conoscenze e competenza culturali e politiche – la pretesa di ripercorrere l’intera storia della genesi e dell’integrazione europea, fatto che oggi, tali risultati sono «pesantemente minacciati dai venti dell’euroscetticismo che sputano nel nostro continente».
Crisi economica ed euroscetticismo
Bino Olivi, ex portavoce della Commissione europea, e Roberto Santaniello, funzionario della stessa Commissione, nel loro volume a quattro mani sulla “Storia dell’integrazione europea” (Il Mulino 2015), evidenziano che «la risorgenza dei nazionalismi, talvolta in forme pericolose e desuete, sembra giocare a favore delle resistenze all’integrazione stessa. Una generale e progressiva indifferenza sembra sostituire l’ardore delle prime manifestazioni europeiste, mentre un egoismo generalizzato appare prevalente sulle forme di solidarietà. Segno che la ricchezza prodotta dalle nuove tecnologie nel mondo industrializzato e le certezze, date per scontate, di pace duratura hanno prodotto un’insensibilità sociale tanto generalizzata da diventare motivo di preoccupazione». «Si potrà obiettare – continuano Bini e Santaniello – che le classi politiche europee di oggi sono certamente inferiori a quelle che le hanno precedute, più o meno in tutti i paesi dell’Unione. Un dato di fatto accertato, che però non ha influito in modo inequivocabile sulle alterne vicende dell’integrazione». Tuttavia «la crisi apertasi con fragorosa rapidità nell’ultimo decennio, che ha investito pesantemente le economie più deboli, ha offerto altresì ai Paesi più virtuosi, trinceratesi nelle politiche del rigore, la possibile di resistere nell’Europa integrata». Così come «nel complesso, le istituzioni di Bruxelles hanno più o meno retto alle ondate successive degli attacchi al benessere acquisito e alla solidità dell’impresa di unificazione». Inoltre sotto la pressione dei mercati, «la crisi finanziaria ed economica ha influenzato la vita politica nei paesi membri dell’Unione europea.
Parecchi governi (tredici in totale) si sono avvicendati direttamente o indirettamente a causa della crisi. Le elezioni politiche in Francia, Spagna e Italia hanno portato al governo nuovi leader». Non poteva sorprendere che, di fronte a crisi economica senza precedenti dal dopoguerra a oggi, «il sostegno dell’opinione pubblica alla costruzione comunitaria conoscesse una netta flessione». Non a caso l’asprezza della situazione sta lasciando ferite profonde e rischia di mettere in discussione i risultati raggiungi dall’integrazione. Con il atto che oggi, tali risultati sono «pesantemente minacciati dai venti dell’euroscetticismo che sputano nel nostro continente».
La strategia di Lisbona e il Nobel per la pace
Per Bini e Santaniello, con la scomposizione e la ricomposizione del panorama politico degli Stati membri, si assiste a un indebolirsi del tradizionale asse franco-tedesco. Con i cambiamenti di leadership, specialmente in Italia e in Francia, si è spostato «l’accento dagli impegno del rigore alle esigenze della crescita». Insieme alla competitività e all’occupazione, la crescita era stata al centro dell’agenda politica fin dagli anni Novanta, con risposte e risultati finora parziali. Come dire: un vecchio ma attualissimo problema dell’Ue.
Dopo il sostanziale fallimento della strategia di Lisbona, l’Ue rispondeva con il varo, nel 2010, di una nuova strategia denominata “Europa 2020” per la crescita “intelligente, durevole e inclusiva”. «Le diagnosi sui mali dell’economia reale europea erano aggiornate, ma restano incentrate sulla bassa produttività, frutto di debolezze dei sistemi educativi e formativi, dalla scarsa innovazione e dunque dalla mancanza di politiche di ricerca tecnologica all’altezza di una moderna economia», osservano ancora i due studiosi.
La strategia “Europa 2020”, concepita come partenariato tra Stati membri ed Unione europea, si articola su sette iniziative tematiche (dalla strategia numerica alla politica industriale, dalla lotta alla povertà all’innovazione) che avrebbe dovuto beneficiare delle risorse del bilancio comunitario. Ma «come per la strategia di Lisbona, la concreta applicazione della nuova strategia, ben consegnata come opera di moral suasion, si sarebbe presto scontrata con la logica del rigore finanziario».
A ciò si aggiunga il fatto che «l’insieme dei vecchi e nuovi problemi dell’Europa non si limitavano solo alle questioni economiche». L’Ue ha dovuto anche fare i conti con le sfide, spinte anche dal vento delle proteste popolari e dalla fiamma dei social network, che riguardavano le rivolte delle Primavere arabe (Tunisia, Marocco, Algeria, Giordania, Yemen, Barhein, Arabia Saudita, Egitto) il caos della Libia e la guerra in Siria, nonché la crisi Ucraina-Russia. Per Bini e Santaniello, sullo scacchiere internazionale l’Unione ha mostrato tutta la sua debolezza in politica estera. Al punto che, quasi a voler spronare l’Europa a fare di più, giungeva l’attribuzione (inaspettata) del premio Nobel per la pace nel 2012.
Nonostante questo scenario poco incoraggiante in cui naviga attualmente l’Ue, la convinzione di fondo, per Olivi e Santaniello, è che «solo un’Europa integrata possa tracciare la strada da percorrere non solo all’Unione ma anche a un Paese dai grandi problemi strutturali come l’Italia».
Approfondimento
La storia dell’Unione europea vai al link>>
1957-2017, il Sogno Europeo Raccolta di documenti filmati di Rai Teche vai al link>>
LE TAPPE Correva l’anno
Federale, unita, libera e pacifica. È la visione che Altiero Spinelli ha dell’Europa nel 1941 quando scrive, con Ernesto Rossi, “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un mani-festo”. L’intellettuale italiano nel pieno della Seconda Guerra mondiale, confinato dal regime fascista a Ventotene, piccola isola dell’arcipelago pontino, scrive quello che passerà alla storia come il Manifesto di Ventotene, testo riconosciuto alla base del processo di unificazione dell’Europa in senso federalista.
Il 5 maggio nasce il Consiglio d’Europa, organismo per la difesa dei diritti umani fondato da Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia, con sede a Strasburgo. Il primo tentativo dei Paesi europei di creare un organismo continentale nel dopo guerra per scongiurare un ulteriore conflitto.
Il 9 maggio l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman propone la creazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) che, nelle intenzioni del suo ideatore, renderebbe impensabile una guerra tra le nazioni europee. In omaggio alla dichiarazione Schuman il 9 maggio di ogni anno si celebra la Festa dell’Europa.
Il 18 aprile l’ambizione di Schuman diviene realtà: sei Paesi europei – Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo – sottoscrivono il Trattato istitutivo della Ceca con l’obiettivo di introdurre la libera circolazione di carbone e acciaio e garantire il libero accesso alle fonti di produzione. In Lussemburgo è istituita l’Alta Autorità sovranazionale che ha il compito di far rispettare regole co-muni fissate per la produzione e il commercio.
Il 25 marzo, sono firmati a Roma i trattati istitutivi della Comunità economica europea (Cee) e della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). I cosiddetti Trattati di Roma entrano in vigore il primo gennaio dell’anno successivo. Le Commissioni della Cee e dell’Euratom si insediano a Bruxelles.
Il 30 luglio la Cee introduce la PAC, politica agricola comune, che permette agli Stati membri un controllo comune della produzione alimentare.
Il 1° luglio nasce l’unione doganale, con l’abolizione totale dei dazi tra i sei Paesi membri e l’istituzione di una tariffa comune verso l’esterno.
Nasce il “serpente monetario” per rafforzare il coordinamento tra le politiche di gestione dei cambi nei Paesi europei e garantire stabilità fissando margini di fluttuazione. L’elevata inflazione e l’instabilità inducono a una maggiore fissità dei cambi e a una cooperazione economico-monetaria. Il serpente monetario, sette anni dopo attraverso un accordo di cambio, diventa il Sistema monetario europeo (Sme), il cui obiettivo sarà quello di creare in Europa una “zona di stabilità monetaria”.
Il 1° gennaio Danimarca, Irlanda e Regno Unito entrano a far parte della Cee che passa da sei a nove Paesi membri.
Il Consiglio europeo, svoltosi a dicembre a Roma e presieduto da Aldo Moro, dà il via al passaporto unico e al suffragio universale del Parlamento europeo. Le prime elezioni si terranno nel 1979.
Il 1° gennaio la Grecia entra a far parte della Cee.
Il 25 luglio il Consiglio Ue getta la basi per la nascita del primo programma quadro comunitario di Ricerca e Sviluppo (per il periodo 1984-87).
Il Parlamento europeo approva a larga maggioranza il progetto di Trattato che istituisce l’Unione europea, progetto sostenuto da Altiero Spinelli, allora deputato europeo.
Francia, Germania e i Paesi del Benelux firmano l’accordo di Schengen. Nel dicembre dello stesso anno, il Consiglio europeo decide di modificare i Trattati di Roma e di dare nuovo impulso al processo di integrazione europea elaborando l’Atto unico europeo, firmato a L’Aia nel febbraio 1986. L’Atto realizza importanti riforme istituzionali e permette il proseguimento del cammino verso il completamento del mercato unico.
Nasce il programma Erasmus, su iniziativa di un gruppo di funzionari della Commissione europea, guidati dal friulano Domenico Lenarduzzi. Grazie ad un tenace negoziato la Commissione Delors ne ottiene il varo e già nell’autunno di quell’anno sono tremila gli studenti che usufruiscono del progetto.
Il 7 febbraio a Maastricht viene firmato il nuovo Trattato. Quella che fino ad allora era stata comunemente indicata come Cee (Comunità economica europea) diventa Unione europea (Ue). I trattati firmati nella città dei Paesi Bassi definiscono anche precise norme relative alla moneta unica, alla Politica estera e di sicurezza e alla più stretta cooperazione in materia di Giustizia e Affari interni. L’Unione europea uscita dai Trattati di Maastricht non è dunque soltanto la somma delle tre Comunità storiche (Cee, Ceca e Euratom), ma anche un ampliamento delle competenze in diversi e importanti settori.
Il 1° gennaio entra in vigore il mercato unico. La libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali diventa realtà.
L’Europa cresce di nuovo. Il 1° gennaio entrano a far parte dell’Ue altri tre stati: l’Austria, la Finlandia e la Svezia, portando l’Ue a 15. Il 26 marzo dello stesso anno entra in vigore l’accordo di Schengen in sette Paesi: Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. Entro lo spazio definito dall’accordo si applicano regole e procedure comuni in materia di visti, soggiorni brevi, richieste d’asilo e controlli alle frontiere.
Con il Trattato di Amsterdam, firmato nell’ottobre del ‘97 ed entrato in vigore due anni dopo, si prosegue la costruzione comunitaria con passi in avanti sotto il profilo istituzionale, nelle relazioni tra Unione e cittadino, fino a toccare temi rilevanti per quanto riguarda la libertà, la sicurezza e la giustizia.
Il 26 febbraio viene firmato il Trattato di Nizza, concluso dai Capi di Stato e di governo al Consiglio europeo convocato nella cittadina della Costa Azzurra. È il risultato di undici mesi di negoziati condotti nel corso di una conferenza intergovernativa aperta nel febbraio 2000. Il nuovo trattato entra in vigore il 1° febbraio 2003, dopo la sua ratifica da parte dei quindici Stati membri dell’Unione europea e con la riforma delle regole di votazione nell’Ue, e apre la strada all’allargamento.
Il 1 gennaio arriva l’euro. Vengono coniate oltre 80 miliardi di monete distribuite in dodici Stati. Le banconote sono identiche in tutti i Paesi. Da un lato mostrano delle por-te, dall’altro vengono raffigurati dei ponti, scelti come simbolo di unione e apertura tra gli stati. Per le monete, invece, una delle due facce è comune a tutti i Paesi aderenti, mentre sull’altra faccia è impresso un emblema nazionale.
Il 1° maggio dieci paesi entrano a far parte dell’Ue. Sono Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Entrano in Europa anche Cipro e Malta. Si tratta del più importante allargamento dell’Ue, che coinvolge circa 100 milioni di persone.
Il 1° gennaio l’UE dà il benvenuto a due suoi nuovi membri, sono altri due Paesi dell’Europa dell’est, la Bulgaria e la Romania. Il numero dei Paesi aderenti all’Unione sale a 27. La Slovenia aderisce all’Euro e i Paesi membri che adottano la moneta unica diventano 13. A maggio l’Unione compie 50 anni. In un vertice viene adottata la Dichiarazione di Ber-lino per cercare di sbloccare l’impasse creatasi dalla mancata approvazione della Costituzione Europea in alcuni dei Paesi membri.
Adottano l’euro Cipro e Malta. I Paesi membri che usano la moneta unica diventano 15.
Il 1 dicembre entra in vigore il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007. Il Trattato introduce due nuove funzioni nell’architettura istituzionale dell’UE (il presidente del Consiglio europeo e l’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza), rafforza i poteri del Parla-mento europeo e attribuisce anche un ruolo più importante ai parlamenti nazionali in seno all’UE, crea il diritto d’iniziativa dei cittadini che permette ai cittadini di partecipare più attivamente alla costruzione dell’Europa. La Slovacchia adotta l’euro portando a 16 i Paesi con la moneta unica.
Il Consiglio europeo decide di rafforzare l’integrazione e le regole, soprattutto in ambito fiscale. Vengono ampliati poteri e fondi del Meccanismo europeo di stabilità e allo stesso tempo si impone una maggiore disciplina in ambito di bi-lancio pubblico. L’Estonia adotta l’euro. Gli Stati membri che usano l’euro diventano 17.
Il 10 dicembre l’Unione Europea riceve a Oslo il Premio Nobel per la Pace 2012. Il premio riconosce il ruolo svolto dall’UE da oltre sessant’anni per promuovere la pace e la riconciliazione, la democrazia e i diritti umani.
Il 1° gennaio entra in vigore il trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria, noto come “fiscal pact”, che intende rafforzare la disciplina di bilancio nell’area dell’euro mediante la regola del “pareggio di bilancio” e un meccanismo di correzione. Il 1° luglio la Croazia aderisce all’Ue diventando il ventottesimo Paese membro dell’Unione.
La Lettonia adotta l’euro. Gli Stati membri che usano la moneta unica diventano 18. Tra il 22 e il 25 maggio si svolgono in tutta Europa le elezioni europee e 751 membri del Parlamento vengono eletti. L’affluenza totale alle urne è del 43,09%.
La Lituania adotta l’euro. Gli Stati membri che usano la moneta unica diventano 19.
In un referendum popolare il Regno Unito vota a favore dell’uscita dall’Unione europea, portando alle dimissioni del primo ministro Cameron. La notifica per l’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona sarà notificata al parlamento britannico il 29 marzo 2017 dalla premier Theresa May.
A Roma i leader di 27 stati membri festeggiano i 60 anni dell’Unione e firmano la dichiarazione di Roma, con cui stabiliscono i quattro obiettivi principali per i prossimi dieci anni di vita dell’Ue.