Innesti Inattesi/2. Pavia, “Dove c’è bisogno, che io porti un aiuto”: i giovani patrimonio per la comunità
A Pavia una catena di solidarietà (partita dalle torte fatte in casa durante il lockdown) oggi mette in relazione studenti universitari, organizzazioni che si occupano di fragilità e cittadini. Il progetto verso nuovi sviluppi.
Dove c’è bisogno, che io porti un aiuto. È questo l’impegno che l’Università di Pavia ha fatto proprio nel mese di marzo 2020 non appena l’Italia è entrata in lockdown, coinvolgendo gli studenti in un’esperienza di servizio a favore delle fasce della popolazione più vulnerabili e fragili. CSV Lombardia Sud, per la rubrica “Innesti Inattesi”, ha intervistato il professor Giuseppe Faita, coordinatore del progetto. Faita ci ha raccontato quali sono stati gli elementi che hanno dato forma a una serie di iniziative nate sotto questo comune denominatore – “Dove c’è bisogno, che io porti un aiuto” –, motto che è diventato poi anche il nome della pagina Facebook che il professore ha usato fin dall’inizio per raccontare i passi in avanti e le tante relazioni strette e consolidate di questi mesi.
Nel mese di marzo l’Università aveva un grande desiderio: non far sentire soli i propri studenti, soprattutto quelli rimasti bloccati in città e lontani dai loro famigliari, coinvolgerli in qualcosa che li rendesse utili, proporre loro un’esperienza che fosse di comunità, vicinanza e partecipazione nonostante il distanziamento fisico e il divieto alla mobilità imposti dalla pandemia. L’Università quindi – su spinta del magnifico rettore, di concerto con il Consiglio degli studenti e in partnership con i collegi universitari – ha proposto una prima azione che mettesse in relazione i giovani con tutte quelle realtà che in città si occupavano di fragilità e di tutte quelle categorie di persone già in difficoltà prima della pandemia e che in quel frangente vivevano ancora di più in uno stato di paura e solitudine. La primissima azione è stata costruita in collaborazione con la Caritas Diocesana: “Parole in dolcezza”, gli studenti – autotassandosi per acquistare gli ingredienti – hanno iniziato a cucinare dolci e torte, ma anche lasagne, pizze, focacce che Caritas poi distribuiva in varie realtà: alle persone senza fissa dimora, nelle mense e in varie comunità di accoglienza.
Man mano l’iniziativa, partita con gli studenti che alloggiavano nei collegi, ha coinvolto sempre più persone: altri studenti, studenti erasmus, ex studenti, studenti di altre università ma residenti a Pavia, nonne, parenti. Si è creata una catena della solidarietà che ha messo al centro il cibo come bisogno primario, senza tralasciare la cura della relazione: ogni piatto, pietanza, dolce, veniva accompagnato sempre da un biglietto con un pensiero di vicinanza e di fratellanza, una poesia o un augurio. Chi riceveva il cibo trovava quindi qualcosa di più: trovava il pensiero di affetto che qualcuno aveva voluto scrivere proprio a lui o a lei.
L’Università attraverso questo progetto ha voluto dare piena espressione a quella che è la sua mission: un’agenzia formativa ed educativa attenta ad accompagnare i giovani non solo a diventare professionisti competenti, ma anche cittadini migliori, attenti ai bisogni che il territorio esprime, curando la relazione con le tante associazioni di volontariato che animano il territorio pavese. Il mondo accademico che abbraccia il sociale, per accrescere negli studenti la cultura della solidarietà e della cittadinanza attiva, quali elementi preziosi per costruire una comunità sempre più solidale e coesa. I giovani come patrimonio per la comunità. Il progetto, che non si fermerà, si è sviluppato con molteplici altre azioni e relazioni.
Per entrare in contatto con il progetto: scrivere al professor Faita giuseppe.faita@unipv.it, oppure visitare la pagina Facebook: Dove c’è bisogno, che io porti un aiuto
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