Con la stampa 3d una spinta ad autonomia e relazioni
Per Luca la seconda elementare è cominciata con un nuovo strumento da mettere nell’ astuccio, un supporto per impugnare meglio penna e pennarelli, mentre per Maria Grazia c’è una tavoletta sulla quale disporre creme, spazzolino e dentifricio e dedicarsi in modo autonomo alla cura di sé. Luca e Maria Grazia hanno in comune una disabilità che – in maniera differente – impedisce loro di essere autonomi. A mettere un tassello in più alla loro autonomia ci hanno pensato un mix fatto di innovazione, tecnologia e relazioni.
Quelli realizzati per Luca e Maria Grazia sono due pezzi unici, studiati e realizzati ad hoc: alle loro spalle c’è un percorso cominciato qualche mese fa grazie a un tavolo che ha messo insieme uno stampatore 3d, un terapista occupazionale e alcune associazioni che si occupano di disabilità. A facilitare l’incontro è stato il Centro di Servizio di Varese che ha creato la connessione all’interno di VitaminaC, il suo spazio di innovazione sociale. Obiettivo? Fare crescere il non profit anche attraverso nuove relazioni, costruite con il mondo profit. «Per il nostro Centro – dice il direttore, Maurizio Ampollini – si tratta di una sperimentazione che chiama in causa l’innovazione sociale e l’animazione territoriale. E il risultato ci dice che l’impatto e il cambiamento prodotto vanno nella giusta direzione».
«La cosa bella per Luca – spiega la mamma, Emanuela Solimeno che è attiva all’interno dell’associazione Life Ability di Malnate – è che con questo strumento riesce a fare qualcosa in più rispetto a prima: adesso possiamo chiedergli di colorare dentro gli spazi, cosa che prima non riusciva a fare. Per lui significa avere una nuova sfida rispetto alle sue capacità».
A credere nel progetto c’è stata anche la Cooperativa Progetto 98 di Busto Arsizio con i volontari dell’associazione Koru che danno supporto alle attività con persone con esiti da trauma cranico e cerebrolesioni. «Il supporto di Maria Grazia – racconta Valentina Zanetello – le permette di essere più autonoma nella cura di sé: prima aveva un supporto fatto artigianalmente con legno e chiodi, ma quello realizzato ora è anche bello, maneggevole e facilmente trasportabile».
Il focus di questo percorso si è mosso sui temi della disabilità e dell’autonomia e sulla creazione di una relazione tra figure differenti che hanno portato un valore aggiunto per chi agisce nel non profit. Ma mettere insieme bisogno e tecnologia ha rappresentato solo un pezzo del lavoro: il resto si è creato con la relazione.
«Per me si è trattato di lavorare in un contesto nuovo, con i volontari e con un tecnico, fuori dall’ambito strettamente sanitario»: così racconta Marco Lodi Pasini, terapista occupazionale che ha lavorato al progetto dal suo punto di vista che è quello dell’emersione delle risorse personali del disabile. «In passato avevo cominciato a lavorare sugli ausili di tipo sanitario – racconta Lorenzo Migliarini artigiano stampatore 3d – e con questa nuova opportunità ho avuto la conferma delle enormi potenzialità chela tecnologia può offrire in termini di prototipazione nell’ambito della disabilità».