Sve, lo sguardo di chi resta fa la differenza
La storia di uno Sve non si misura sempre e solo da punto di vista di chi parte, ma anche dal punto di vista di chi resta: perché amici, fidanzati e famiglia possono avere il peso di sassi o la leggerezza di un incoraggiamento. E di sicuro questo fa la differenza.
Lo sa bene chi si occupa da anni di seguire gli invii dei ragazzi, alle prese con genitori spesso ansiosi di mettersi al posto dei figli. E lo sa Nicoletta Cuccirelli che si è messa alle spalle otto mesi di assenza di sua figlia con quella sana presenza che sa essere anche assenza, quando serve a dare gambe ai ragazzi.
Clara, in Germania, sta portando avanti un progetto di Servizio Volontario Europeo dopo il diploma di maturità al Liceo Linguistico e in attesa di capire meglio cosa fare da grande. Quando la parola Sve ha cominciato ad entrare in casa era vicino il Natale dell’anno della maturità e dei 18 anni appena compiuti.
“Come genitori abbiamo condiviso da subito la scelta di Clara – racconta Nicoletta – che comunque già in quarta e quinta superiore era andata a fare volontariato all’estero. Il contesto per noi era ideale: le informazioni che ci riportava, il fatto di partire per un progetto di cui vi erano referenze, l’aderenza rispetto al suo grande interesse per le lingue…tutto ci ha convinti fin da subito della sua scelta. Non abbiamo avuto bisogno di prendere altre informazioni noi di persona”. Per la sua partenza sono stati gli stessi genitori a pensare a una festa con gli amici e le persone care. “Ci è sembrato bello salutarla così- racconta la mamma – con una serata che ha avuto come filo conduttore la Germania, il paese dove sarebbe andata a vivere di lì a poco”.
La nostalgia? “Certo – racconta la mamma – la nostalgia è arrivata da entrambe le parti. Ma non subito: la prima fase è stata all’insegna dell’entusiasmo, della novità, della scoperta di cose nuove. Il periodo tra Natale e Pasqua è stato quello più denso e ricco, mentre nei mesi seguenti è arrivata la fatica di pensare anche al rientro e al futuro”. Intanto, in otto mesi, di cambiamenti ce ne se sono stati tanti. “Ogni volta che vedo Clara la trovo cambiata – ammette Nicoletta – sicuramente più autonoma nel gestire i compiti che le vengono affidati, ma anche più capace di accettare i ruoli e di prendersi delle responsabilità quando serve, tirando fuori proposte sue”.
“La vedo e la sento serena e piena di energia: come genitori sappiamo che non è stato facile adattarsi e che le difficoltà ci sono state: ma quando sono andata a trovarla l’ultima volta ho visto che oramai la casa dove vive è diventata veramente la sua casa. E quando è tornata qui, sedendosi a tavola mi ha persino ringraziata di aver cucinato per lei”.