Terzo settore ed enti locali, la riforma indica la via del coinvolgimento attivo
La riforma del terzo settore vista attraverso le domande di funzionari e amministratori degli enti locali che, nella gestione dei bisogni del territorio, da sempre, si interfacciano con i soggetti del volontariato, dell’associazionismo e della cooperazione. E che con la riforma del terzo settore si interrogano proprio sul futuro di questi rapporti: un seminario tecnico, organizzato dal Centro di Servizio per il volontariato di Varese, ha messo sul tavolo le domande relative a convenzioni, affidamenti e utilizzo dei volontari, solo per citare alcuni degli interrogativi più pressanti.
Anche se al momento è troppo presto perché su questi fronti si registrino delle criticità, tuttavia l’attenzione da parte di tutti è molto alta. Il titolo settimo dal Codice del terzo settore (art 55 – 57) ha messo le basi per fissare i paletti che saranno poi costruiti attraverso ulteriori decreti attuativi.
Il modello proposto? È quello in cui enti pubblici e terzo settore lavorano insieme all’individuazione dei problemi da soddisfare e degli interventi necessari a tal fine, ma anche delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili.
Si parla in altre parole di co-programmazione che viene poi declinata in co-progettazione delle risposte e dei servizi sul territorio. Se si guarda invece alla modalità con cui i soggetti si relazionano la legge fa riferimento alla stipula di apposite convenzioni, per associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato con la previsione del solo rimborso delle spese. Nello specifico l’amministrazione procede a individuare il soggetto con il quale realizzare – secondo principi collaborativi – la co programmazione e la co progettazione e lo deve fare nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento.
Attenzione alta anche sulla questione dell’apporto dato dai volontari ai Comuni: su questo punto nulla cambia rispetto al passato: ciò che viene ribadito è che il loro utilizzo può avvenire solo per tramite di enti del terzo settore. Resta però tutta da approfondire la possibilità di adottare regolamenti sui beni comuni in cui coinvolgere, oltre alle associazioni strutturate anche i singoli cittadini che vogliano partecipare e collaborare.
L’idea sottesa alla norma sembra essere che siano rilanciate e potenziate le prassi di collaborazione che si sono sviluppate negli anni sui territori.