Storie – l’orgoglio di essere un’associazione che “apre” le porte del carcere
La storia di un piccolo ente di terzo settore che contiene sogni e possibilità e lavora nella comunità per contribuire al suo benessere: ce la racconta Elisa Carnelli, artefice ed anima instancabile dell’associazione “Oblò Liberi dentro”, che a Busto Arsizio è sinonimo di un lungo lavoro di contaminazione tra fuori e dentro il carcere attraverso il teatro.
Elisa Carnelli, attrice e regista non nasconde il sogno rincorso per anni, quello di dare alla sua passione di sempre la forma di un lavoro in ambito sociale, capace di mettere la potenza del teatro al servizio dei fragili facendone un mezzo di riscatto e un’occasione per costruire relazioni. «La nostra associazione, Oblò Liberi dentro , è nata nel 2016 da una mia precedente esperienza in carcere – spiega Elisa –. Il nostro obiettivo è stato sempre quello di contaminare il dentro e il fuori perché se vogliamo che i detenuti portino a compimento un percorso di recupero che li reintegri nella società, dobbiamo smettere di pensare a questo luogo come a qualcosa di isolato». Se il teatro è stato la chiave che ha aperto e contaminato per anni il dentro e il fuori, la pandemia – per questa realtà – è stata una frattura che rischia di far tornare indietro il nastro, ma anche un momento di riflessione sul proprio ruolo: essere semplicemente e con orgoglio una associazione, uno di quei corpi intermedi che nascono per aggregare le passioni di alcuni a beneficio della comunità.
Dentro – fuori, sul palco le persone
Si è cominciato con le “Cene con delitto”, staccando 100 biglietti per una serata da passare a tavola fra cuochi, camerieri ed attori detenuti; poi si sono portati dentro al carcere laboratori teatrali per cittadini e detenuti, facendone l’occasione per nuovi spettacoli. «Stando in platea non era più possibile distinguere liberi cittadini da carcerati, perché il teatro significa mettere in primo piano la persona, ciascuna persona, andando oltre il reato». E poi ancora è arrivato il momento di portare fuori il carcere, di mettere in scena nel salotto buono della città di Busto, al teatro Sociale, uno spettacolo preparato all’interno dei laboratori. Al Sociale di Busto nella primavera del 2019 debutta “Ginestre”, ispirato dal libro “Essere Esseri Umani” di Marta Zighetti, accompagnato dal coro Macramè diretto dal maestro Marco Belcastro . Sul palco ancora una volta attori e detenuti e in sala il tutto esaurito.
Progetti, collaborazione costante con Enaip per le attività all’interno del carcere, partecipazione a Bandi, raccolte fondi, sono i tasselli su cui vive questa realtà, pensando a un salto per diventare qualcosa di più. «Tutto questo – continua Elisa – è stato vero fino all’arrivo del lockdown che, per noi, ha significato dover interrompere le attività dentro il carcere. Come tutti abbiamo cominciato a ripensare le attività, ad interrogarci sulle possibilità offerte della rete». Con il lockdown, ad esempio, si consolida e prende una nuova forma la collaborazione con un’altra realtà cittadina, il Circolo Gagarin con il progetto Contaminazioni Lab ponte artistico fra dentro e fuori il carcere che punta su scrittura e fotografie e utilizza esperienze teatrali per accorciare le distanze rese ancora più evidenti dalla pandemia. «Oggi – conclude Elisa – mi sento di dire che il tempo per la resilienza e per i continui cambi di passo è finito: abbiamo voglia di riprendere in mano il nostro progetto originale, di tornare appena possibile a lavorare con il carcere per ricostruire quegli spazi di libertà che tanto faticosamente avevamo guadagnato. Siamo e restiamo un piccolo Ente di terzo settore che contiene sogni e possibilità e lavora nella comunità per contribuire al suo benessere».