Barbiana ’65. La lezione di don Milani
Martedì 9 gennaio 2018 alle ore 21.00 presso il Cinema Victoria in via G.B. Picchi a Chiavenna e mercoledì 10 alle ore 21.00 presso il Cinema Excelsior in via C. Battisti, 18 a Sondrio si terrà la proiezione del docufilm «Barbiana ’65. La lezione di don Milani». A seguire la testimonianza di Agostino Burberi, originario di Barbiana ed ex allievo di don Lorenzo. Ingresso 6 euro.
Promuovono: ACLI Sondrio e Como, Caritas, Pastorale sociale e del lavoro, Azione Cattolica e ufficio cinema.
Agostino Burberi
“Quel 7 dicembre 1954, il giorno che don Lorenzo Milani entrò a Barbiana, me lo ricordo ancora molto bene. Fui il primo parrocchiano ad incontrarlo, quando entrò in chiesa. Ero lì perché facevo il chierichetto. Non perse tempo. Di lì a poco propose ai genitori di avviare la scuola, quella che poi sarebbe diventata la scuola di Barbiana”.
La vita di Agostino Burberi è stata segnata dall’incontro con don Milani, dalla partecipazione alla sua scuola (fu uno dei primi sei ragazzi che la frequentarono), dal successivo impegno per conservarne la memoria e diffonderne il messaggio. Attualmente è vicepresidente della Fondazione Don Lorenzo Milani.
«Barbiana ’65. La lezione di don Milani»
Il recupero integrale del materiale filmato girato dal regista Angelo D’Alessandro nel dicembre del 1965 a Barbiana, protagonisti don Lorenzo Milani e i suoi allievi, mostra alcuni momenti e aspetti fondamentali della Scuola di Barbiana: la scrittura collettiva, la lettura dei giornali, i ragazzi più grandi che insegnano a quelli più piccoli. Ma c’è anche il lavoro manuale svolto dai ragazzi. Intorno a queste immagini del 1965 si sviluppa il racconto con le testimonianze di Adele Corradi, l’insegnante che ha vissuto l’esperienza di Barbiana con don Lorenzo, di Beniamino Deidda, ex Procuratore Generale di Firenze che dopo la morte di don Lorenzo ha continuato a insegnare ai ragazzi della scuola di Barbiana, e don Luigi Ciotti.
Non siamo solo di fronte ad immagini rare di un uomo che ha offerto, soffrendo l’emarginazione, una spinta fondamentale al rinnovamento della Chiesa e della cultura più in generale partendo da un paesino dove ancora oggi (nonostante i numerosi visitatori) non c’è un bar che speculi sulla sua figura. Una figura che, a causa della sua innata ritrosia, aveva impedito di riprendere nonostante numerose richieste. Perché si trattava di sguardi ‘esterni’ mentre D’Alessandro prima vive e osserva la vita della comunità e poi, ‘passato l’esame’, viene autorizzato a riprendere.
Vediamo così un uomo tanto preciso e puntuale nel denunciare le storture e le connivenze di Chiesa e società quanto impacciato nei confronti della macchina da presa quando deve leggere dei passi della sua lettera ai giudici, inviata e resa pubblica perché processato, con l’accusa di apologia di reato, in seguito alla sua “Risposta ai cappellani militari”. Ciò che emerge da questo importante documento è l’amore per gli ultimi senza i quali non si può costituire una comunità di fede. “La parola è la chiave fatata che apre ogni porta” per don Milani e il Potere (con la P) lo sa e cerca di escludere coloro che ritiene inferiori.